mercoledì 24 febbraio 2010

Bisogna sempre aspettare la crisi?

LA MIDDLE CLASS IN DECLINO SCOPRE LA SOLIDARIETÀ

La bontà militante nell'America della crisi

Una sociologa raccoglie i racconti della "resistenza morale".
Sistemi inusuali per aiutare i poveri: non tutti sono d'accordo


Docenti che portano a scuola cibo in più da dare ad alunni di famiglie povere, direttori di negozi che mettono soldi in eccesso nelle buste paghe dei commessi senza dirlo ai titolari delle aziende, capi ufficio che consentono ai dipendenti di uscire prima dell’orario previsto per stare più tempo con i figli soli a casa, impiegati del ministero della Sanità che compilano i moduli dell’assicurazione per far avere più soldi agli assistiti indigenti e una miriade di colleghi di lavoro che si prodigano in aiuti, anche economici, per consentire a chi ha bisogno di avere qualche dollaro in più in tasca: è questo l’universo della «Moral Underground», la resistenza morale, che accomuna migliaia di americani capaci di una miriade di atti di silenzioso altruismo che consentono a molti cittadini di ricevere l’aiuto monetario e il sostegno umano che lo Stato federale non riesce a garantire contro l’impatto della recessione economica.A raccontare quest’America sommersa che incarna la versione più aggiornata del comunitarismo descritto negli studi di Amitai Etzioni della George Washington University, è la sociologa del Boston College Lisa Dodson che nel libro «How ordinary Americans subvert an unfair economy» (Come gli americani comuni sovvertono un’ingiusta economia) raccoglie una collezione di storie e aneddoti su come i singoli hanno deciso di rimediare all’assenza dello Stato nel soccorrere il prossimo, declinando nella vita di tutti i giorni la lezione americana del «fare a modo proprio».Ci si trova così di fronte alla scelta compiuta da Andrew, il direttore di un piccolo fast food del Midwest che si accorge di essere circondato da dipendenti con paghe settimanali che non consentono loro di arrivare alla domenica, fino al punto da non avere soldi a sufficienza per sfamare i figli. Sceglie così di mettere mano alla cassa dell’azienda, aumentandogli i compensi di cifre minime - 10, 20 o 30 dollari - che non causano sconquassi per la contabilità del proprietario ma migliorano di molto le loro vite. Andrew racconta a Dodson che in questo ruolo a metà fra il samaritano e Robin Hood «trova una missione» che è quella di «non punire i genitori perché decidono di lavorare» arrivando fino al limite di adoperare i soldi che lui guadagna per sé, facendo gli straordinari, per averne ancor di più da distribuire. Facendo sempre attenzione a far apparire gli errori di conto del tutto casuali ai dipendenti, al fine di non umiliarli.Poi c’è la storia di Bea, una donna manager di un’impresa molto nota, che fra i dipedenti ha Nancy, mamma della piccola Edy in fibrillazione per il tanto atteso ballo annuale della scuola. Ma Nancy non ha soldi a sufficienza per comprarle il vestito da sera a causa dello stipendio che proprio Bea ha stabilito. Da qui la scelta di ricorrere alle proprie doti di manager, riuscendo a trovare l’azienda che affitta e riprende gli abiti da sera per ragazze, facendone recapitare a sorpresa uno alla piccola Edy, come se fosse una sorta di premio ricevuto del tutto casualmente. «Ci sono delle persone che escono dal seminato pur di aiutare il prossimo - ha detto Dobson in un’intervista radiofonica - perché sentono la responsabilità di riconoscere l’umanità di chi gli è accanto». Al tempo stesso l’autrice si è trovata ad incontrare titolari d’azienda e direttori commerciali che invece «non condividono tali comportamenti e li respingono come non etici» dando scarsa importanza al quadro di difficoltà sociali innescate nelle famiglie dalla perdurante crisi economica che colpisce soprattutto il ceto medio. Nelle fila dei contrari a tali atti di altruismo ci sono anche quegli ascoltatori dell’intervista radiofonica che sono corsi a telefonare al programma definendo «veri e propri furti di danaro» gli esempi citati nel libro. Dodson invece li ritiene un’espressione dell’«America migliore», quella che vede «ogni persona responsabile per il prossimo» e che lei ha osservato nell’esperienza fatta prima come sindacalista e poi come ostetrica opedaliera in universi «molto distanti fra loro ma dove ci sono molte persone che si adoperano per chi si trova in situazioni di bisogno».Nelle ultime pagine del libro Dodson si sofferma su un altro aspetto della crisi sociale in atto: ha che vedere con quanto avviene dentro le singole famiglie «dove molte donne che lavorano ed hanno figli piccoli non possono pagarsi la baby sitter e chiedono ai figli più grandi di stare con fratelli e sorelle» dando vita a situazioni nelle quali «i piccoli passano molto tempo a casa fra loro, in solitudine, con il risultato di maturare la convizione di avere dei pessimi genitori» gettando le basi per future crisi famigliari dalle conseguenze imprevedibili.

Maurizio Molinari - Corrispondente da New York per la Stampa
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=43&ID_articolo=1574&ID_sezione=&sezione=

martedì 23 febbraio 2010

Bellissimo blog!!


CLOCHARD


A cosa servono le stelle di mezzanotte, quando dentro noi è ormai irrimediabilmente buio, come un cielo color catrame?

E un parco, degli alberi, una panchina, un lampione per compagnia, a cosa servono se non riescono più a regalare ad un barbone i sogni e aiutarlo ad aspettare l’alba?

A cosa serve la mezzaluna che illumina i nostri passi, ma non il nostro cuore?
Un barbone, eppure uomo, incendiato mentre dormiva. Il volto sfigurato.
Dei ragazzi annoiati.Un uomo come oggetto per divertirsi o scaricare l'odio dentro.
A cosa servono la luna e le stelle se siamo sprofondati nell’inferno?

fonte: http://ilsoleelacometa.myblog.it/archive/2008/11/13/clochard.html

mercoledì 17 febbraio 2010

Ieri era a Lavagna!!

Articolo del 2008
IL PASSAGGIO DEL CITTADINO DEL MONDO JOEL BUTON

CRUCOLI – Per alcuni giorni ha richiamato l’attenzione degli abitanti del posto, incuriositi dal suo girovagare spingendo un carretto pieno di cianfrusaglie e vettovagliamenti più disparati, ma con un grande sorriso stampato su quel volto segnato da anni vissuti senza fissa dimora, senza mai riposare su un letto che possa definirsi tale.
Joel Buton, 50 anni ancora da compiere, francese di nascita ma ormai cittadino del mondo (come lui stesso si definisce), partito dalla sua Nantes il 29 maggio del 1999, tra lunedì e mercoledì ha fatto tappa nel nostro territorio, nell’ambito del suo giro d’Europa a piedi intrapreso per protestare contro le mine anti uomo e contro tutto ciò che significa guerra.Capace di parlare tantissime lingue, tra l’altro molto bene l’italiano, il bizzarro Joel, barba lunga e vestiti sgualciti che testimoniano uno status tutt’altro che facile da sostenere, non ci mette molto a far capire quanto entusiasmo e forza di volontà ha messo dentro in questa sua iniziativa che conta di concludere nel giro di un decennio o poco più.“Il mio giro d’Europa senza mezzo di trasporto – ci spiega – è dedicato alla memoria di Lady Diana (scomparsa tragicamente proprio in Francia, n.d.r.) e vuole essere una iniziativa pacifica contro le mine anti uomo che distruggono vite, soprattutto innocenti, e rappresentano la negazione stessa della vita.”E così a ogni tappa raccoglie le firme di adesione per cercare di far cessare, come dice egli stesso, «l’inutile barbarie che ha già mietuto troppo vittime in tutto il mondo». Le firme raccolte fino ad oggi sono circa 45 mila, tra cui quelle dei sindaci della costa adriatica, e dovrebbero poi essere consegnate al presidente degli Stati Uniti. Lunghissimo, ovviamente, l’elenco di nazioni fin qui attraversate, di popoli e singole comunità incontrate, di sindaci e politici ai quali nelle migliaia di soste ha raccontato la sua strana quanto unica avventura, chiedendo magari autorizzazione (come ha fatto anche a Crucoli, davanti al primo cittadino Antonio Sicilia) a potersi esibire in un angolo di strada con il suo piccolo spettacolo di fachiro, evidentemente unico mezzo di sostentamento per mettere qualcosa nello stomaco.Dalla Francia, Joel, è passato direttamente in Inghilterra, Irlanda e Scozia, per tornare indietro nel “continente” attraverso Belgio, Olanda, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia, fino alla freddissima Finlandia; da qui ancora indietro ed entrare in Polonia, Lettonia, Lituania ed Estonia, poi la Russia (“San Pietroburgo”, precisa), l’Ucraina, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Ungheria, la Croazia, la Slovenia, e quindi l’Italia, entrando da Trieste.“Sono sceso lungo la costa adriatica – aggiunge – e raggiunto Brindisi con un ferryboat (dice proprio così, n.d.r.) sono andato in Albania e Grecia, per poi rientrare in Puglia e scendere fino a qui, in Calabria, una terra bellissima che tenevo a visitare, così come voglio fare con la Sicilia nei prossimi giorni.”Ma non termina da sud il suo passaggio in Italia, perché prima di lasciare la nostra penisola Joel ha una meta ben precisa, “andare a Roma ed incontrare il Papa, Benedetto XVI°, e Silvio Berlusconi”, come a voler dire “le personalità più alte in terra italiana”.Ottenute (lui ne è certo) le due prestigiose “udienze”, riprenderà il cammino, rigorosamente spingendo il suo carrettino, verso Spagna e Portogallo, per poi tagliare uno storico, quanto ineguagliabile, traguardo, in Francia, sotto le luci degli Champs Elysèes, “al massimo entro il 2010”, aggiunge.“La comunità di Crucoli è lieta di accogliere e supportare l’iniziativa pacifica di Joel Buton contro le mine anti uomo. – si legge nell’attestato rilasciatogli dal primo cittadino Sicilia – La facilità con cui la guerra distrugge ciò che è stato creato, evidenzia l’inutilità della stessa. E’ più facile eliminare i contrasti con la logica del più forte, che condividere pacificamente i limiti di ognuno. Auguriamo a Joel di continuare la sua testimonianza e di riempire la sua “carretta” di sempre maggiori esperienze, consapevoli della forza dell’esempio. Il Sindaco della comunità di Crucoli (KR), prof. Antonio Sicilia.”Assieme a questo documento, il piccolo (nel senso di statura) francese mostra orgoglioso centinaia di articoli di giornali che raccontano del suo passaggio, custoditi meticolosamente in un raccoglitore come se fossero dei veri e propri trofei di viaggio. Poi ci da’ appuntamento allo spettacolo che darà di fronte alla Villa Comunale nella serata di martedì, ma il violento temporale che si abbatterà di lì a poco su Torretta gli impedisce quell’unico “reddito” che l’impresa gli concede.Ed al mattino dopo, dopo aver riposato in un appartamento messogli a disposizione da una famiglia del posto, Joel ha ripreso il suo lunghissimo cammino, in silenzio così com’era arrivato, verso altri lidi, altra gente, altri popoli ancora da incontrare. In fondo nel suo cuore c’è un solo grande sogno: l’ingresso trionfale a Parigi, magari davanti a centinaia di migliaia di persone, accorse a salutare il ritorno di un uomo semplice ma dal cuore generoso e pieno di amore per la vita, contro la guerra che invece è morte.
Nunzio Esposito Sito Ufficiale - http://www.nunzioesposito.com/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=361

lunedì 15 febbraio 2010

E poi diciamo che al sud c'è ignoranza!!

Carnevale in città:
domenica animazione per strada e clochard per un giorno

Sabato 13 Febbraio 2010 - http://www.torresette.it/legginews.asp?idnotizia=8279

Domenica mattina, dalle ore 10,30 alle ore 13,30, stop al traffico veicolare su corso Umberto I, tratto compreso tra via Gino Alfani e via dei Mille.
Una manifestazione carnevalesca, organizzata dall´Assessorato allo spettacolo del comune di Torre Annunziata, animerà la strada nelle tre ore di chiusura con balli, giochi e tanta allegria. Un´occasione per tantissimi bambini di sfilare con i loro vestitini carnevaleschi e di divertirsi con i più famosi personaggi della Walt Disney. Saranno in scena anche gli allievi di alcune scuole di ballo che si esibiranno in balli ispirati al mai dimenticato cantante Michael Jackson. In contemporanea, dalle ore 10,30 alle 12,30, ci sarà la manifestazione "Clochard per un giorno" davanti al Santuario dello Spirito Santo (Chiesa del Carmine), dove all´interno è in svolgimento la mostra video-fotografica "Se la mia strada fosse stata un´altra?", del fotografo torrese Salvatore Sparavigna. Davanti al sagrato del Santuario, i bambini saranno i protagonisti del "Carnevale solidale", travestendosi per un giorno con abiti sdruciti dei clochard. Un modo semplice e creativo per ricordare a tutti che anche in un clima di gioia e divertimento non bisogna chiudere gli occhi sul dramma dei senza fissa dimora.
La manifestazione è stata organizzata dall´Assessorato alle politiche sociali.

domenica 14 febbraio 2010

E d'estate????

Neve a Roma, accolti 1000 clochard

In funzione il "piano freddo"

Oltre un migliaio di persone in difficoltà sono state accolte con coperte, cibo e bevande calde a Roma in tilt per una forte nevicata. I clochard vengono aiutati nelle 11 strutture comunali allestite per il "piano freddo", nelle 8 stazioni metropolitane e nei centri aperti tutto l`anno, dedicati all`aiuto delle persone con disagio, come il centro Madre Teresa di Calcutta. Lo afferma l'assessore alle Politiche sociali del Comune, Sveva Belviso.

tgcom 12.02.2010

venerdì 12 febbraio 2010

Vediamo cosa ci esce fuori!

Tavolo delle povertà a Sestri debutta un gruppo di lavoro

Sara Olivieri - Secolo xix.it 12 - 02 - 2010

Come il turismo, anche l’emergenza povertà ha un suo “tavolo” nel Comune di Sestri Levante. Un gruppo di lavoro, cioè, che riunisce periodicamente l’assessorato ai servizi sociali, gli enti laici e cattolici per condividere conoscenze, esperienze e individuare possibili soluzioni all’indigenza che avanza. Lo scopo: coordinare e tamponare i disagi di sempre e quelli emergenti, dall’urgenza in crescita di assicurare una casa, ai banchi alimentari, fino all’attenzione ai senzatetto.
Proprio i clochard e le lamentale che si trascinavano appresso - mosse nei mesi scorsi da una parte dei cittadini sestresi, infastiditi dal loro bivaccare nei giardini del centro - avevano spinto l’amministrazione comunale a intervenire. Che fare davanti alla città che pretende una Sestri da cartolina da presentare ai turisti paganti? Il tavolo delle povertà è una risposta, che mette in primo piano le vittime del disagio.
Nell’incontro di ieri mattina - che ha riunito i centri Caritas, don Rinaldo del Villaggio del ragazzo, il Forum del terzo settore, i centri di ascolto e quello di aiuto alla vita delle Madonnine del Grappa, le parrocchie e padre Marco dei frati cappuccini – l’amministrazione ha esposto i primi risultati ottenuti dagli educatori di strada, che con cautela stanno cercando di avvicinare e conoscere i clochard, per disegnare il quadro della situazione. «Stiamo stilando una mappatura delle povertà estreme – spiega l’assessore alle Politiche sociali, Valentina Ghio – per capire il fenomeno. Una volta inquadrate le vicende personali dei senzatetto, si cercherà di capire come poterli aiutare. I servizi sociali, con le altre associazioni, laddove è possibile proporranno loro microprogetti di vita, come ad esempio il ricongiungimento famigliare o un lavoro».
Ma il compito è arduo, precisa Ghio, perché spesso i clochard un aiuto non lo vogliono. Al contrario, un segnale di allarme arriva da chi, sempre più spesso, rischia di perdere la casa. Sfratti, mensilità troppo care costituiscono infatti la preoccupazione principale delle famiglie con difficoltà economiche. Diverse le soluzioni proposte ieri. Innanzitutto, le attività di prevenzione allo sfratto come l’istituzione di un fondo comunale da cui attingere per aiutare le famiglie in crisi a pagare gli affitti; oltre all’accesso al fondo regionale di garanzia con il Comune che si fa garante per gli inquilini fino a 12 mensilità. Inoltre, gli aiuti per orientarsi nel mercato immobiliare e del lavoro, nuovi alloggi di inclusione sociale (che oggi a Sestri sono 5) per le permanenze temporanee e, infine, quelli per le convivenze protette. «In questo caso – spiega Ghio – si tratta di appartamenti piuttosto ampi da destinare a ragazze madri, uno, e l’altro a persone che da sole non riescono a mantenere una casa. Affiancati da una figura di riferimento, potrebbero temporaneamente condividere lo spazio di un alloggio». Infine il banco alimentare: un unico locale, fornito dal Comune, dove i volontari possano distribuire cibo e vestiario così da rendere più efficiente un servizio ora frammentato.
Le proposte e la volontà di collaborare non mancano.
Restano da racimolare risorse economiche per mettere in campo le soluzioni previste: entro il 18 marzo, quando il tavolo delle povertà si riunirà di nuovo.

mercoledì 10 febbraio 2010

L'altra faccia delle olimpiadi!

La protesta degli homeless sui Giochi

Un momento della manifestazione di domenica a Vancouver


Il leader: «hanno sprecato tanti soldi,il nostro quartiere vive nella miseria»

VANCOUVER Al centro delle Olimpiadi c’è il mercato dello spaccio, meglio noto come «The poorest postal code in Canada», il luogo più povero di tutto lo Stato. Il quartiere si chiama Downtown Eastside e sta lì, in evidenza tra Canada Place, luogo simbolo dei Giochi in città, il Bc Place Stadium, sede delle cerimonie, e il Pacific Coliseum, impianto per pattinaggio e short track. Non si può evitare, nell’Eastside ci inciampi, ti ci porta dentro la corsia olimpica che non vuole trovare percorsi alternativi.I cinesi hanno imbiancato tutta Pechino e fatto sloggiare chi stonava, i canadesi lasciano i loro problemi in bella mostra perché questo controverso quartiere è insieme ferita e slancio, guaio e sfida. Compare a un anonimo incrocio dove la West Hastings, arteria del quartiere fantasma, diventa East Westings e tutto si allunga: barbe lunghe, capelli lunghi, passi strascicati dietro ai carrelli dei supermercati pieni di coperte e sacchetti di plastica. Una volta era il cuore della città, oggi è la patria degli homeless che si aggirano tra le carcasse dei vecchi hotel abbandonati. Il Balmoral cade a pezzi e l’orologio dell’insegna è fermo sulle 12,35 chissà da quando. Non che il tempo passi tra queste strade e per fartelo capire hanno creato il cimitero delle speranze: «The Heart of dies». Cinque cuori al posto dei cinque cerchi e sotto montagnette di terra con piccole lapidi in cartone: «Sogni infranti», «Umanità», «Umiltà», «Pace», tutte le aspettative che i residenti hanno sotterrato. Si vedono solo market fatiscenti difesi da spranghe di ferro e disperati che parlano da soli. La povertà attira senza tetto, malati mentali, tossici e sopra tutti gira la grande e luccicante «W» annunciatrice di futuro.La lettera tridimensionale è piazzata in cima al vecchio Woodwart, un ex centro commerciale in restauro. Si trova giusto di fronte alla Downtown Eastside Association, un punto d’appoggio per chi sta peggio. Il Woodwart è pronto a diventare il primo palazzo sociale: monolocali a prezzo fisso per chi può affrontare solo un affitto minimo. Mary McNeal, portavoce del progetto per la provincia, spiega: «Se volessimo riqualificare una zona così centrale sarebbe facile, ma qui nessuno intende spazzare via chi ci vive ora. Bisogna introdurre alloggi accettabili a prezzo basso, essere graduali e accompagnare la trasformazione». È il modo in cui il Comune cerca di rianimare le strade reiette. Ed è su queste cifre che si gioca la contro Olimpiade.Gli attivisti che non volevano i Giochi a Vancouver invece di arrendersi all’inevitabile hanno organizzato un movimento che è cresciuto negli anni e si è legato alla protesta sociale di quelli di Seattle. I primi no global, i ragazzi che si sono ritrovati dentro una delle manifestazioni più violente al Social Forum del 1999 (13 arresti e città devastata) insieme con i resistenti olimpici per costruire una protesta civile. Almeno è l’idea di fondo. Chris Shaw era a Seattle nel 1999 ed è a Vancouver oggi, è uno stimato medico, un ricercatore dell’Università British Columbia ed è anche una delle teste della manifestazione organizzata per il giorno dell’apertura, dopodomani. Alle 18 (le 3 di sabato mattina in Italia) parte la cerimonia, alle 15 la sfilata di protesta e la polizia, fino a qualche giorno fa molto rispettosa, inizia a innervosirsi. Chris Shaw è stato pedinato dopo essere andato all’aeroporto a prendere Martin Macias, noto attivista di Chicago, talmente conosciuto da essere rispedito indietro. Shaw racconta: «L’ho aspettato due ore poi ho capito che qualcosa non andava e ieri ho ricevuto la visita di un agente. Mi ha fatto mille domande. Non stiamo facendo nulla di illegale». È il portavoce di una frangia che sta crescendo: «Non abbiamo nulla contro lo sport né i Giochi in sé, ma qui ormai si parla solo di pubblicità, di marchi consentiti o vietati e non possiamo restare a guardare i nostri amministratori spendere sei miliardi per l’Olimpiade del capitalismo quando abbiamo a casa un quartiere che ha bisogno di fondi più dell’aria. Dove sono i soldi e le energie da dedicare a chi sta male?».Non è preoccupato per infiltrati o black bloc: «Siamo cresciuti da Seattle 1999, non escludo che potrebbero presentarsi, però sappiamo gestire meglio le emergenze e poi la sfilata è solo uno degli appuntamenti: abbiamo voluto evitare una sola ora X in cui concentrare tutte le tensioni». L’opposizione domenica scorsa ha messo in piedi i Giochi della Povertà, controprogrammazione con un ratto come mascotte, una gara di curling con una stone a forma di lingotto (fatto con una bottiglia di plastica verniciata d’oro) e lo slalom delle promesse non mantenute. Hanno partecipato 700 persone e Jean Swanson, altro attivista di punta dell’Olympic Resistance Network, è convinto sia stato un successo: «Magari anche un po’ carnevalata, ma a Downtown Eastside c’è lo stesso livello di allerta per il contagio hiv che ha il Botswana e qui si pensa a mettere in mostra il logo della Coca-Cola».

GIULIA ZONCA - La Stampa.it - 10.02.2010

martedì 9 febbraio 2010

Nessuno è immune....

SENZA TETTO SI RIFUGIANO DAL GELO IN OSPEDALE

E' allarme povertà a Treviso, aumentano segnalazioni alla Polizia


Il gelo di questi giorni sta costringendo numerosi senzatetto a trovare rifugi di fortuna: presso l'ospedale Cà Foncello sono stati ben tre i clochard, segnalati e obbligati a lasciare i locali del nosocomio. Un 25enne, originario del Bangladesh ed un 40enne tunisino, entrambi regolari sono stati trovati dal personale nella sala d'aspetto del reparto di oncologia, il primo addirittura coricato su una lettiga. Un 43enne trevigiano invece aveva trovato riparo all'interno dei bagni del day hospital, riuscendo ad entrare presso il reparto passando per il pronto soccorso. Negli ultimi giorni, casi e segnalazioni di questi fatti si sono moltiplicati: l'impossibilità di poter utilizzare la stazione ferroviaria come dormitorio, come avviene in altri capoluogi del Veneto, e la quasi totale assenza di strutture di soccorso per i barboni, soprattutto in questo periodo dell'anno, allarma sempre di più. A decine gli interventi della squadra volante della Questura per i senzatetto che trovano rifugio un po' ovunque, panchine, marciapiedi ma molti sono anche i casi di piccoli furti nei supermarket. Segnali questi di un'indigenza nascosta, poco appariscente ma in costante ascesa anche nell'opulenta Treviso che si trova a fare i conti con una sempre più diffusa povertà e miseria.

http://www.radiovenetouno.it/leggi_notizia.asp?Notizia=8863

Pure una guida!!!

Iniziativa della comunità di Sant'Egidio con la regione

Mangiare, dormire, lavarsi:
arriva la guida per i clochard

Mense e centri d'accoglienza. Ma sulla mappa
spunta anche l'insegna dell'Holiday Inn

La copertina della guida
La copertina della guida

NAPOLI - Dove lavarsi, vestirsi, curarsi e mangiare un pasto caldo. In una parola: «Napoli dove», titolo della preziosa guida per i senza fissa dimora sfornata dalla comunità di Sant'Egidio con il sostegno dell'assessorato regionale alle Politiche sociali. Il formato ricorda quello delle guide del by night, compatto, tascabile. Quindi pratico e di facile consultazione. Libretto che è stato ribattezzato la «Michelin dei poveri». Vi sono segnalati i centri di prima accoglienza e in generale i siti dove è possibile sfamarsi gratuitamente a Napoli e in Campania. Con indirizzo, orari, numero di telefono e mezzi pubblici da prendere. In più, la tipologia di «offerta»: colazione, pranzo, cena. Un tetto per non trascorrere la notte all'addiaccio è indicato invece nelle tre pagine in cui compaiono associazioni, centri e case famiglia. Così anche le sezioni «dove lavarsi» e «dove curarsi».

La mappa con la segnalazione dell'Holiday Inn
La mappa con la segnalazione dell'Holiday Inn

LA CARTINA - «Napoli dove» viene accompagnata da una mappa che fornisce una rapida visione d'insieme dei luoghi indicati sulla guida. Simboli, strade, mezzi pubblici. Con una curiosità: nella zona orientale, corrispondente ai grattacieli del Centro direzionale, spicca, sulla cartina, l'insegna dell'Holiday Inn, nota catena di hotel di lusso internazionale. Non solo: accanto figura anche il logo «dove lavarsi». Ma l'albergo non rientra nel novero dei presidi per homeless. «È stato inserito solo per dare un punto di riferimento nel quartiere» spiegano i promotori dell'iniziativa. Sicuro. Visto però che è l'unica struttura privata indicata col nome (e inconfondibile lettering dell'insegna) sulla mappa, qualche clochard potrebbe essere tratto in inganno, attirato dalla vistosa segnalazione.

DATI - Sono circa 1500 (ma è solo una stima) gli homeless napoletani, secondo i dati forniti alla stampa da Benedetta Ferone, curatrice del progetto. Il 90% sono uomini. Un tasso su cui riflettere è l'età: oltre il 60% dei senza fissa dimora ha tra i 19 e i 34 anni. Il 38% va dai 35 ai 55. Il 77%, infine, sono stranieri (in aumento il numero di rifugiati). La loro permanenza in strada è causata soprattutto dalla perdita del lavoro (43%) e della casa. Infine, un problema non da poco, rilevato dai tanti operatori sociali impegnati in strada, è la mancanza di acqua pubblica, leggi le fontanine dove dissetarsi, ricordo a Napoli di tempi lontani.

Alessandro Chetta
09 febbraio 2010

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2010/9-febbraio-2010/mangiare-dormire-lavarsiarriva-guida-clochard-1602430158729.shtml

martedì 2 febbraio 2010

Anche alla storia sono serviti!!!

Il barbone che beffò Hitler
02 febbraio 2010 | Paola Del Vecchio

SECOLO XIX - HOME > CULTURA

LA MATTINA del 30 aprile 1943 un pescatore portoghese scopriva un cadavere galleggiare al largo della spiaggia di Portil, a Huelva, in Andalusia. Aveva indosso l’uniforme degli ufficiali britannici, un giubbotto di salvataggio della Raf e, legata alla cintura, una elegante valigetta dal contenuto top secret. Josè Antonio Rey avvertì la polizia: una rogna per il magistrato della Marina, Mariano Pascual de Pobil, che ordinò la rimozione del corpo dell’ufficiale, vittima di un incidente aereo, e la custodia della valigetta con il suo prezioso contenuto: i piani segreti degli Alleati che l’ufficiale, identificato come il maggiore William Martin, avrebbe dovuto recapitare. Tre lettere, di cui la prima scritta dal vice capo dello Stato Maggiore al generale Harold Alexander a Tunisi, la seconda da Lord Mountbatten al comandante in capo della flotta nel Mediterraneo e l’ultima ancora di Mountbatten al generale Eisenhower.


Quando, dopo essere passate per Madrid, furono riconsegnate ai britannici, sembravano intonse, con i sigilli inviolati. Ma dall’interno erano scomparse le impercettibili ciglia poste come indizio, il segno inequivocabile che le lettere erano state aperte e l’esca lanciata. L’Operazione Mincemeat, “carne tritata”, ideata dall’intelligence britannica per ingannare Hitler, facendogli credere che lo sbarco alleato in Europa sarebbe avvenuto attraverso la Grecia e la Sardegna - e non in Sicilia, dove effettivamente scattò il 10 luglio del ’43 – era partita. I finti piani segreti degli alleati, filtrati dai solerti spioni della Spagna franchista, in principio neutrale ma asservita a Hitler, arrivarono alla destinazione prevista: Berlino.

La beffa all’Abwehr, lo spionaggio tedesco, è stata raccontata in tre libri, uno dei quali scritto da Ewen Montagu, l’ufficiale dell’intelligence navale inglese che con il collega Charles Cholmondeley la ideò, e nel film del 1956 “L’uomo che non è mai esistito”, tratto dal suo libro. Anche se, fino alla metà degli anni Novanta, ancora non si conosceva l’autentica identità dell’esca. La scoperta si deve a Roger Morgan, un funzionario londinese che ha trascorso 16 anni investigando negli archivi. All’inesistente maggiore della Marina William Martin era stata cucita addosso un’identità falsa, con tanto di sollecito bancario per uno scoperto di 80 sterline sul suo conto, la foto della promessa sposa Pam, con la fattura dell’anello di fidanzamento, e due lettere, inclusa quella del padre che rimproverava all’ufficiale le nozze in piena guerra, ritrovati sul cadavere.

In realtà il corpo era quello dello scozzese Glyndwr Michael, un homeless di 34 anni, malato di mente, che servì la sua patria dopo morto. Suicida con un’ingestione di veleno per topi, che gli aveva gonfiato i polmoni proprio come quelli di un annegato, rimase per tre mesi in una cella frigorifera, prima di essere vestito da ufficiale e scaricato dal sottomarino britannico Hms Seraph al largo di Huelva. Adesso il libro “Operation Mincemeat” (Bloomsbury, 416 pagine, 16.99 sterline, acquistabile su Internet da Amazon), dello scrittore e giornalista inglese Ben Macintyre, con cui il settimanale Cronica del quotidiano spagnolo El Mundo ha collaborato alle ricerche sulla rete di spionaggio spagnola, dimostra che le lettere inglesi furono aperte a Madrid da alti ufficiali dell’esercito franchista e non dalle spie tedesche. Huelva era stata scelta dallo spionaggio britannico non solo per la vicinanza al Portogallo e alla base di Gibilterra, ma perché vi operava una delle più celebri spie tedesche, Adolf Clauss, figlio del viceconsole che aveva una fitta rete di informatori nella città.

Il 1° maggio, il maggiore William Martin venne seppellito con gli onori miliari nel cimitero di Huelva. Sei giorni più tardi, le lettere arrivarono, sigillate, sul tavolo del ministro spagnolo della Marina, l’ammiraglio Salvador Moreno, e da questi all’Alto Stato Maggiore. Fu il momento in cui furono filtrate allo spionaggio tedesco a Madrid, che abboccò all’amo. Ma aveva abboccato anche Berlino?

Ian Fleming, il creatore di James Bond, ufficiale nel 1945, dagli archivi dell’ammiragliato tedesco nel castello di Tambach recuperò documenti relativi all’operazione “carne tritata”. I collegamenti del regime franchista con i nazisti erano maggiori di quanto fino ad allora aveva sospettato Londra. Il 10 luglio 160.000 soldati alleati sbarcarono in Sicilia, con la perdita di soli 5.000 uomini. Hitler aveva mangiato la “carne tritata”, inviando il suo miglior generale, Erwin Rommel, in Grecia, e spostando la flotta dalla Sicilia in quelle acque. Il barbone scozzese aveva salvato migliaia di vite.

Da 42 anni, una signora inglese, l’ottantenne Isabel Naylor, ogni domenica vicina all’11 novembre, giorno della fine della Prima guerra mondiale, si reca dalla sua abitazione al centro di Huelva a visitare la tomba del maggiore William Martin al cimitero La Soledad, dove lascia un mazzolino di papaveri rossi, l’omaggio riservato in Inghilterra ai caduti per la patria. Compie così una vecchia promessa fatta a suo padre, ingegnere inglese trapiantato nella cittadina andalusa, di onorare l’ufficiale britannico. Lei non lo conobbe, come del resto suo padre. Ma sa che non è mai esistito. Lei stessa, nel 1996, su richiesta del consolato britannico, fece aggiungere un’iscrizione sulla lapide: “Qui giace Glyndwr Michael, che servì come il maggiore William Martin nei Royal Marines”.

pdelve@katamail.com

lunedì 1 febbraio 2010

Bella iniziativa!!

Palazzo delle Stelline

Volontariato, 200 associazioni si mettono in mostra

La Milano del volontariato si mostra oggi al Palazzo delle Stelline. Duecento le associazioni che saranno presenti con i loro stand dalle 10 alle 18.30. E domani si fa il bis. «Invitiamo i milanesi che vogliono scoprire la Milano che va. E magari lasciarsi tentare da un' attività di volontariato», dice Luisa Toeschi, direttore dell' Aim, associazione interessi metropolitani che ha organizzato l' evento. La manifestazione può contare sul patrocinio del Comune e della Provincia di Milano. Cruciale il contributo di sponsor come il Credito Valtellinese. «In provincia di Milano i volontari sono circa 75 mila», racconta Lino Lacagnina, presidente del Ciessevi, centro servizi per il volontariato della Provincia di Milano, tra gli organizzatori della fiera. «Vedere quest' enorme profusione di generosità - conclude Lacagnina - aiuta a uscire dal pessimismo dilagante che ammorba l' aria più del Pm10».


(30 gennaio 2010) - Corriere della Sera