giovedì 26 febbraio 2009

Riflessioni!

Aumenta la presenza dei senza dimora nei piccoli centri

Clochard di provincia

C'è chi cerca di "vivere la strada" con un briciolo di umanità in più. Sono i senza dimora che prediligono le piccole città italiane, da San Remo a Bolzano. Stanziali o nomadi, un fenomeno in crescita
- Federica Sasso

La mensa del centro di accoglienza di Savona. Foto di Ermes Beltrami/Emblema"La cometa" sembra un oratorio: ping pong e bar analcolico. Ma al posto degli adolescenti, in questa sala colorata nel centro di Savona si danno appuntamento i senza dimora. Situazione di umanità inimmaginabile, nei centri di prima accoglienza per clochard di Milano e Roma. In Italia esistono due tipi di senza dimora: quello "metropolitano", che spesso è un numero anonimo tra le migliaia di persone che bussano ai grandi centri d'ascolto; e quello "di provincia", che non fa notizia.
Terre di mezzo è uscito dalle grandi metropoli, per raccontare l'altra faccia dell'Italia che vive in strada.
I numeri che disegnano la realtà dei senza dimora sono grandi, anche se sempre incerti: nel 2004 a Milano se ne contavano 3000, a Roma la Caritas ne calcola circa 5500 e a Napoli tra le 2000 e 3000 persone. I grandi agglomerati urbani sono da sempre al centro del fenomeno, ma secondo Paolo Pezzana, presidente della Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (Fio.psd), "da cinque anni la presenza dei senza dimora nei piccoli centri è in crescita costante". Lodi, Bolzano, Mantova, Rimini, San Remo. La lista delle città con meno di 100 mila abitanti attive contro l'emarginazione è lunga come lo Stivale. Nel 2004 l'accoglienza notturna di San Remo ha ospitato 203 persone, di cui 105 italiani e 98 stranieri. Nello stesso anno dal centro d'ascolto di Mantova sono passati in 91, mentre i senza dimora che hanno chiesto aiuto alla Caritas di Albenga sono 78.
"In un posto come Rimini i senza dimora trovano una risposta più adeguata ai propri bisogni -spiega Cristian Gianfreda, responsabile della 'Capanna di Betlemme' di Rimini, una struttura dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII-. Perché le prime necessità sono materiali, ma subito dopo se non in contemporanea emerge un grande bisogno relazionale". Ed è qui che il piccolo centro batte la metropoli. Anche se una grande città come Milano offre servizi che la piccola non può permettersi -docce pubbliche, accoglienze diurne, mense gratuite da 400 pasti al giorno-, sono tanti i senza dimora che le voltano le spalle. Meglio vivere in un posto in cui ci si sente unici, riconosciuti. "La metropoli è per chi sta bene". Nedo Nappelli, responsabile dei servizi Caritas di Imperia, è tassativo. "Mi è capitato spesso di avere ospiti con problemi di salute che mi pregavano di non rispedirli a Milano". E c'è chi dice addio alla confusione. Come B., 48 anni e qualche mese passato per strada, che ha lasciato Torino per il mare. "Non so perché mi sono fermato a Savona, poteva essere qualsiasi posto. Vivere qui significa stare in una dimensione più a misura d'uomo, e io avevo bisogno di calma per riflettere su me stesso e la mia vita". I servizi variano, ma la costante è sempre quella: uno stile legato alle persone.
A Savona, la Fondazione Comunità Servizi della Caritas oltre alla "Cometa" ha creato un laboratorio per i senza dimora che accettano di seguire un percorso di reinserimento lavorativo. L'idea è aiutare queste persone a ricostruire la capacità di lavorare, di tenere dei rapporti ed essere affidabili: elementi fondamentali per chi vuole trovare un impiego all'esterno ma è ancora dipendente dall'alcol o dalla droga.
A Rimini la "Capanna" è una vecchia casa colonica sulle colline. I 20 uomini che la abitano hanno un passato di dipendenza e ora seguono progetti di reinserimento dai tempi lunghissimi, adattati alla storia di ognuno. Un passo avanti verso l'indipendenza poi, sono le case protette. Appartamenti in cui convivono 3 o 4 ospiti che gli operatori giudicano pronti. A Savona da un progetto parrocchiale è nata 'Casa Emmaus', pensata per ricreare un tessuto di relazioni umane intorno ai senza dimora che di volta in volta la abitano. "Un modo per vincere l'emarginazione e farli sentire di nuovo parte della società" dicono alla Caritas.

Sul centinaio di interventi annuali che le piccole città devono gestire, poco più della metà riguarda gli italiani. "In generale si tratta di persone che hanno un legame storico con la città, nate e cresciute qui", spiega Davide Boldrini, operatore dell'Associazione Agape-Casa S.Simone che a Mantova gestisce i servizi diurni della mensa, cambio abiti e docce. Anche a Imperia i servizi sono più orientati verso i residenti, ma esiste una categoria speciale che in posti come Albenga, Rimini o Bolzano è di casa: gli itineranti. Girovaghi che si spostano su percorsi a vasto raggio, tracciati in base alla mappatura dei servizi."Qui da noi sono la maggioranza. Arrivano per il clima ma anche per il vescovo -spiega suor Michela Gendusa, responsabile della Caritas di Albenga-. Ormai è conosciuto in tutta Italia perché si è sparsa la voce che riceve personalmente. Fino a 6 o 7 anni fa donava anche dei soldi. 'Io sono il vescovo e chi bussa alla mia porta deve essere accolto': il suo discorso è semplice. Solo che alcuni ne hanno approfittato e ora preferiamo finanziare i senza dimora attraverso la Caritas".
Un caso eclatante di aiuto ai non residenti è quello di Ventimiglia. Qui fanno tappa obbligata tutti gli italiani senza dimora rimpatriati dalla Francia. "Si fermano da noi perché le autorità italiane all'estero li rimandano in Italia con un biglietto ferroviario valido solo fino alla frontiera", spiega Alessandro Bono, operatore della Caritas Intemelia di Ventimiglia. Così, solo nel 2004, il dormitorio rivierasco da 16 posti (10 uomini e 6 donne) si è ritrovato a far fronte a un passaggio di 92 senza dimora e 3656 immigrati.

Se la pensione non basta più
"La povertà di Modena non è fatta di clochard, ma di persone che appartenevano al ceto medio e ora non hanno più nulla". Così la vede Lorenzo Bellei, operatore di "Porta Aperta", cooperativa sociale modenese. Le cause della crisi oggi sono divorzi, disoccupazione, malattie. Anche se alla base ci sono quasi sempre delle carenze affettive, il senza dimora dell'immaginario sembra essere scomparso, ora i poveri ci assomigliano più di quanto immaginiamo. "Chi conduceva una vita dignitosa negli ultimi anni fatica a pagare l'affitto o le bollette -sostiene Nedo Nappelli, responsabile della Caritas di Imperia-. Così almeno una volta all'anno vengono a chiederci aiuto".
Che la pensione non basti più se ne sono accorti anche ad Albenga, dove quest'anno al centro d'ascolto della Caritas si è avvicinato un gruppo di pensionati. "Sono una decina di persone che avranno più o meno sessant'anni -racconta suor Michela Gendusa, la responsabile- ma in un centro piccolo come Albenga è un numero notevole".

Uomini in fuga
Girare l'Italia per necessità o per l'incapacità di fermarsi. Nell'universo dei senza fissa dimora c'è un gruppo numeroso: quello di chi non sta (quasi) mai fermo. Alcuni di loro conoscono la mappa dei servizi meglio degli operatori. Sanno a che ora aprirà il dormitorio di Bolzano e se alla mensa di San Remo si mangia bene. Vivono una vita in transito, per scelta o loro malgrado. "I senza dimora sono difficili da agganciare, hanno un'incapacità di fermarsi con se stessi", sostiene suor Michela Gendusa della Caritas di Abenga. Mentre per Daniela Zunino, operatrice della Caritas savonese "lo spostamento degli itineranti è dato dalla necessità, non da un'intenzionalità 'circolare'". Alcuni si muovono con le stagioni, come chi da anni si sposta sulla tratta Rimini-Bolzano. L'estate al mare, l'inverno in montagna."Arrivano cercando lavoro, magari per la raccolta delle mele o la stagione turistica negli alberghi. La maggior parte non lavora davvero, però si ferma qui tutto l'inverno", racconta Luigi Zenari, operatore della Caritas di Bolzano. "Sì il nomadismo esiste -dice Cristian Gianfreda della 'Capanna di Betlemme' di Rimini-. E a volte è un circolo vizioso che gli impedisce di lasciare la strada". A San Remo c'è chi arriva per il clima, ma la vera grande attrazione resta il Casinò. "Vengono da tutta Italia per giocare alle slot machine -spiega Paola Raffaglio, operatrice Caritas nella città dei fiori-.Sono così accessibili: bastano pochi spiccioli che i turisti in vena di generosità non fanno mancare. E la speranza di vincere è sempre fortissima". Il gioco ha contribuito a rafforzare le fila di chi ha per casa una panchina. "Sono in tanti ad essere in strada perché si sono giocati tutto -continua Raffaglio-. Come quel signore del Nord Italia, che ogni mese appena ritirata la pensione viene qui per giocare. Perde, e poi viene a dormire alla Caritas".

lunedì 16 febbraio 2009

Quando finirà?

MILANO: CLOCHARD MORTO IN STAZIONE CENTRALE, OTTAVO CASO DA INIZIO ANNO

Milano, 10 feb. (Adnkronos) - E' ancora senza un nome l'ottava vittima dell'inverno milanese. Un barbone, come tanti altri, che stamane ha perso la vita nella stazione Centrale. Nessun documento per identificarlo, ma il suo volto e i suoi pochi stracci erano ben noti a chi frequentava la zona. Un italiano, neanche di 70 anni, che si e' accasciato all'improvviso e invano ha tentato di rifiutare le cure della polizia ferroviaria e dei sanitari del 118, chiamati a soccorrerlo. Inutile il suo trasporto al Fatebenefratelli: e' morto durante il viaggio in ambulanza. E' lui l'ultimo di una lista, stilata dal comitato provinciale della Croce rossa italiana, che al 20 gennaio scorso contava sei mori da inizio anno. La settima e' solo di cinque giorni fa: un senzatetto e' stato trovato morto, nell'area della dogana in via Valtellina.

domenica 8 febbraio 2009

Chissà la prossima mossa


di Anna Maria Bruni

Può il governo di un paese andare in direzione opposta alle esigenze reali della società civile? In Italia è possibile. Mercoledì scorso è stato approvato in Commissione Giustizia e Affari costituzionali il ddl sicurezza, che approderà in Senato la prossima settimana. Un pacchetto di misure restrittive senza precedenti a coronamento del quale, su proposta della Lega, è stato approvato un emendamento che istituisce quello che è stato immediatamente ribattezzato “il registro dei clochard”.

Proprio così. Recita infatti il testo: “E’ istituito al ministero dell’Interno un apposito registro delle persone che non hanno fissa dimora”. Il decreto attuativo spetta al Viminale, che entro 180 giorni dovrà stabilire modalità e tempi di funzionamento. Decreto che prevede inoltre, sempre su proposta leghista, l’istituzione di ronde ad opera degli Enti locali, che “saranno legittimati ad avvalersi di associazioni di cittadini per segnalare eventi a danno della sicurezza e cooperare al presidio del territorio”.

Ci saremmo potuti aspettare che una registrazione dei “senza casa” potesse avere il fine di distribuire una social card di sostegno. Ma no, non è opera di Tremonti ma di Maroni, e non è un collegato alla finanziaria ma alle nuove norme sulla sicurezza. Quindi i senza casa, i vagabondi, sono un pericolo, un attentato alla sicurezza e al decoro delle nostre strade, non uomini e donne a cui dare una mano per vivere. Sono numeri, un certo quantitativo, non persone che hanno perso lavoro casa parenti magari, un numero che si fa esorbitante e che deve essere fermato. Sono falliti, economicamente falliti, non sono stati capaci di vivere, di capire come gira il mondo, e quindi vanno puniti. Se fino a ieri esistevano gli “emarginati” come categoria della società, sociologica beninteso, a cui rivolgere un occhio benevolo per lavarsi la coscienza senza naturalmente riconsiderare le cose dal punto di vista rivoluzionario di “esseri umani”, conservando quindi le categorie socio-economiche attraverso le quali organizzare una “oggettiva” visione del mondo, è il terremoto di una crisi economica non arginata dal rigore della Politica a rivoluzionare queste vecchie categorie. La nuova destra al comando semplicemente cavalca l’evento sismico, attraversando questo trapasso storico senza dotare la Politica di rigore e di etica, ma semplicemente deprivandola di regole certe. Non c’è infatti alcuna regolazione in campo sociale né del lavoro, al contrario, è in campo una eliminazione di norme e fondi a 360 gradi, a cui fa da contraltare l’affondo giustizialista in termini di multe salatissime proprio a chi non possiede nulla, carcere, espulsioni, col supporto di cittadini armati di forconi in cerca dei “Freaks” nostri contemporanei figli di questa società malata, e di militari nelle nostre strade, così come anelano Larussa e Gasparri. Questo “comitato d’affari” degli imprenditori lo sa, l’unica è destutturare la politica a colpi di ddl che cancellino la democrazia nell’aula del parlamento e fuori, nella società. Non c’è più spazio per gli “emarginati” vanno cancellati. Saranno deportati? Sarebbe bene saperlo. O forse semplicemente espulsi, esattamente come gli immigrati, sempre secondo il nuovo testo, e sempre dopo aver pagato una multa. Fino a 10.000 euro. In effetti espulsi è meglio, la deportazione a un costo.

Una crisi economica che non data da oggi, dalla esplosione della bolla dovuta ai mutui subprime. La caduta del muro di Berlino e la fine stessa del comunismo in Urss, con tutti i suoi limiti, hanno provocato un’invasione di manodopera globale, una massa di poveri disperati pronti a tutto pur di trovare quell’Eldorado che gli era stato dipinto e alla quale l’Occidente, dopo essersi glorificato di questo “nuovo passo della civiltà” verso la libertà, sta erigendo ben altri muri, fatti di privazione di diritti e restrizione della libertà a salvaguardia della propria ricchezza. Propria nel senso proprio dei pochi che vanno spartendosi la torta ignorando il dilagare della povertà nostro e importato, se non per deprivare le vite della gente anche della dignità, per poi vederle azzannarsi gli uni contro gli altri per un tozzo di pane. Siamo a un bivio e non c’è più tempo, la globalizzazione può essere il collante che unisce un popolo ben oltre i confini delle nazioni, o la quarta guerra mondiale, quella che come disse Einstein “si combatterà con bastoni e clave”.

lunedì 2 febbraio 2009

Un altro urlo

Olgiate, morto per il freddo in un albergo in ristrutturazione

OLGIATE MOLGORA - È morto, solo, per il freddo, molto rigido nella notte tra venerdì e sabato, nel rifugio notturno di fortuna che aveva trovato in questi ultimi giorni. Da qualche notte dormiva infatti all’interno di un cantiere edile vicino alla stazione ferroviaria di Olgiate. Giuseppe Tacconi, 75 anni, ufficialmente residente a Villa d’Almè nella bergamasca era molto conosciuto nel meratese. La sua famiglia originaria è di Cernusco ed è la famiglia dell’ex consigliere regionale Renato Tacconi. E a Cernusco l’uomo aveva ancora la madre nell’abitazione della quale negli ultimi mesi andava spesso a dormire. Era infatti senza fissa dimora ed era tornato nel meratese dalla bergamasca circa tre anni fa. Prima ospite per circa due anni dalla casa di accoglienza della parrocchia di san Zeno fino a qualche mese fa e poi per quello che si può sapere dormiva un po’ a Cernusco e un po’ nel cantiere olgiatese di via Stazione.
"Volevamo un'emozione forte, abbiamo fatto uno scherzo al barbone"

di CARLO BONINI - Repubblica 01/02/2009

ANZIO (Roma) - I carabinieri hanno individuato i responsabili dell'aggressione e del tentato omicidio di un extracomunitario avvenuto nella notte a Nettuno, alle porte di Roma. Sono tre ragazzi: i due più grandi hanno 29 e 19 anni e risiedono nella cittadina, il più piccolo ne ha 16 e vive ad Ardea. I tre hanno confessato il barbaro gesto. Dopo una notte di sballi, di alcol e droga, hanno avuto l'idea al distributore di benzina. Si sono procurati una tanica e sono andati in giro "alla ricerca di un barbone". Ora sono accusati di di tentato omicidio in concorso. Alla domanda se sia confermata o meno la matrice razziale dell'aggressione e del tentato omicidio il comandante del Nucleo provinciale del Carabinieri di Roma, Vittorio Tommasone, dice: "Al momento l'unica cosa che posso dire è che ci troviamo di fronte a un gesto di stupidità assoluta. Non capire lo sfondo dietro questo atroce episodio sarebbe come non vedere ciò che succede attorno ai nostri giovani. L'uso smodato di droghe ed alcol a cui si sottopongono condiziona il loro comportamento". I tre ragazzi hanno spiegato di aver aggredito l'uomo in uno stato alterato da alcol e hashish e che nel loro gesto non ci sarebbero stati motivi razziali. I tre, durante l'interrogatorio, hanno detto di aver voluto compiere un "gesto eclatante per provare una forte emozione". "Cercavamo uno che dorme in strada, non per forza un romeno o un nero". Cercavano un debole. Il fatto. Il minorenne ed i suoi amici, incensurati, e con famiglie di lavoratori alle spalle, tornando a casa la scorsa notte sono passati davanti alla stazione di Nettuno. Qui, secondo la ricostruzione dei carabinieri, hanno insultato e aggredito il senzatetto che dormiva nell'atrio. Poi si sono allontanati e mentre erano al distributore hanno avuto l'idea di fare "uno scherzo al barbone", così come loro stessi hanno detto agli investigatori. Tornati nella stazione hanno dato fuoco all'immigrato: non riuscendo più a spegnere le fiamme, sono scappati.
La vittima. I carabinieri hanno trovato l'indiano ancora con gli abiti avvolti dal fuoco, le gambe già completamente ustionate. Navte Singh, 35 anni, sikh, dormiva lì ormai da molte notti. Aveva perso il lavoro di muratore e non aveva più soldi. L'uomo è riuscito a dire pochissime parole poi ha perso i sensi per il dolore. Ha ustioni di terzo grado sul 40% del corpo, agli arti inferiori, alle mani, a parte dell'addome e al collo. "Non è in pericolo di vita ma la prognosi rimane riservata", dice il primario del Centro ustioni del Sant'Eugenio di Roma, Paolo Palombo.