martedì 19 luglio 2011

Una storia come un'altra! Addio Barbara..


PADOVA. La vedevi ferma all'incrocio di via Belzoni e ti chiedevi perché una ragazza così bella e così giovane avesse scelto di vivere in strada, come una clochard. La fissavi, sperando di incrociarla il giorno dopo, magari con una borsa di Gucci a tracolla e una camicetta sfiancata. Quelli di Barbara Zappon, 39 anni, uccisa l'altra notte dopo essere stata travolta da un'auto a Bastia di Rovolon, sono due occhi che non si dimenticano. Ecco cosa c'era dietro quegli occhi, ecco la storia della clochard che sta commuovendo tutta la città.

Nata il 5 febbraio 1972 a Noventa Vicentina da papà Siro e mamma Bianca, ha frequentato Ragioneria alle superiori, iniziando subito dopo a lavorare in un laboratorio tessile. Barbara lavorava la seta. Una vita normale la sua, in una famiglia che la amava. Poi, improvvisamente, due episodi che hanno sconvolto la sua esistenza proiettandola in un baratro senza fine: un grave incidente d'auto che le ha lasciato qualche punto di invalidità e, soprattutto, un aborto. Barbara ha perso i punti di riferimento e si è aggrappata all'eroina. Ha abbandonato Noventa Vicentina e si è trasferita a Padova. In strada.

«La sua vita è stata sconvolta prima dei 30 anni - racconta il fratello Ezio - l'incidente e l'aborto l'hanno completamente destabilizzata. Noi abbiamo sempre tentato di aiutarla ma lei ci escludeva, era testarda. Un bel giorno è andata via di casa. Abbiamo saputo che era a Padova mantenendo il contatto con i carabinieri. Al sabato pomeriggio andavamo lì. Ci trovavamo in piazzale Boschetti. Lei veniva a salutarci e quando le chiedevamo di tornare a casa, ci rispondeva che aveva un lavoro e una stanza in cui dormire. Che la sua vita ormai era lì. Ma purtroppo non era così». Barbara all'incrocio di via Belzoni, Barbara a chiedere l'elemosina ai tavolini del ristorante Pe-Pen, Barbara nelle piazze del centro, con gli occhi vitrei che fissano il vuoto e quella camminata elegante, nonostante i borsoni e il peso della tossicodipendenza. Ieri mattina nel suo incrocio sono comparsi mazzi di fiori e biglietti scritti da cittadini. Una processione spontanea che fa venire un nodo in gola.

Un mese fa era finita in carcere a Rovigo dopo una serie di fogli di via da Padova. «Credo che lì abbia preso paura - racconta ancora il fratello - Barbara voleva tornare a casa. Quando siamo andati a prenderla al termine del periodo di detenzione, si è fermata da noi qualche giorno. Ci ha detto che sarebbe tornata a Padova solo per recuperare le sue cose. Noi non ci credevamo ma, effettivamente, giovedì ci ha telefonato verso le 19 annunciandoci che sarebbe tornata a casa. A tarda sera ha chiamato nuovamente. Ha parlato con mia madre, le ha detto che si trovava in centro a Bastia e che stava venendo da noi, in bicicletta. Poco dopo però, è successo l'incidente. Non ce l'ha fatta ad arrivare a casa. Credo che stavolta siamo veramente arrivati sul punto di riaverla, ma ce l'hanno tolta per sempre».

Barbara è stata travolta da Michele C., 27 anni, di Rovolon. Con la sua Peugeot l'ha scaraventata nel fossato ed è fuggito. Salvo poi ripensarci e costituirsi. Ce l'ha tolta per sempre. Ora ci restano le stelle, belle quasi come i suoi occhi.

fonte: http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2011/07/10/news/il-fratello-della-clochard-morta-investita-barbara-voleva-tornare-a-casa-4585242

Non troppo urgente però!!

"Clochard, urgente un tavolo tecnico"

Gli esponenti del Pdl e dell'Udc incontrano i rappresentanti della Caritas

Il Faro on line - Continua il lavoro in comune che il Pdl e l’Udc stanno ormai portando avanti da alcune settimane, a riprova di una comunanza di idee e di progetti. I due partiti sono impegnati da alcune settimane ad ascoltare le necessità, le problematiche, le proposte che costantemente emergono dal tessuto sociale di Ladispoli.

“Attraverso una commissione composta da membri dei due partiti, abbiamo iniziato ad incontrare i vari rappresentanti delle diverse categorie presenti sul territorio – spiega Fabio Capuani, Coordinatore cittadino del Popolo delle Libertà - al fine di raccogliere preziose indicazioni e farle diventare parte integrante di quel progetto futuro di Ladispoli che vogliamo offrire ai nostri concittadini. Soltanto attraverso una conoscenza concreta e chiara delle varie problematiche, si può arrivare ad una programmazione seria che sia in grado non solo di risolvere eventuali problemi, ma soprattutto di prevenirli. In questa ottica di responsabilità e di ascolto, abbiamo incontrato, lunedì 4 luglio, il Direttore della Caritas diocesana, don Emanuele Giannone, per confrontarci su un tema delicato che riguarda persone che vivono in condizioni di particolare fragilità e povertà, come per esempio i senza fissa dimora, anche alla luce dell’interessante Report sulle povertà della nostra Diocesi che la Caritas ha realizzato e presentato alcuni mesi fa. All’incontro erano presenti, oltre a me e a Felice Mammì in qualità di segretario cittadino del partito di Casini, il Capo Gruppo in consiglio comunale del PDL Filippo Moretti, il Presidente dell’UDC Giorgio Agostini, e d alcuni membri del direttivo del PDL".

"Don Emanuele ha presentato una situazione del nostro territorio alquanto complessa e allarmante che vede due fasce distinte di persone in condizioni di grande indigenza: da una parte ci sono persone che vivono in una situazione di estrema povertà dovuta a diverse motivazioni che vanno dalla perdita di un lavoro, a difficoltà di integrazione, a gravi problemi psichici o di dipendenza alcolica, dall’altra una fascia di persone, più numerosa, ma paradossalmente più nascosta, formata da coloro che sono a rischio di povertà. Si tratta di gente che non riesce ad arrivare alla fine del mese, che non ha una abitazione propria, che è costretta ad accettare un lavoro in nero con tutti i rischi che questo comporta, come per esempio la mancanza di una copertura sanitaria".

"L’aspetto che tuttavia ci ha maggiormente allarmato e rattristato e che ha motivato la nostra decisione di intervenire pubblicamente - continua Fabio Capuani - è stato l’appello che don Emanuele ha fatto alla classe politica cittadina in generale e all’Amministrazione in particolare, di riconoscere con maggiore attenzione il problema dei senza fissa dimora, di farsene carico ed inserirlo nel tavolo delle politiche sociali. Questo significa che fino ad oggi non c’è stata una progettazione adeguata, all’altezza del problema, perché non c’è stata a nostro avviso una piena considerazione politica di questa piaga sociale che vive Ladispoli. Senza voler fare nessun tipo di polemica, vista la natura, la delicatezza e la complessità del tema, sicuramente di difficile interpretazione - commenta il segretario UDC Felice Mammi’- chiediamo tuttavia con forza la riapertura di un tavolo tecnico che con responsabilità si faccia carico del problema".

"C’è bisogno di una forte volontà politica che con il contributo e la collaborazione di esperti del settore possa portare, maggioranza ed opposizione, prima di tutto ad una comprensione esatta delle risorse finanziare che si possono utilizzare e poi ad un ripensamento delle azioni fin qui messe in atto per garantire una loro maggiore efficacia. Proprio perché crediamo fortemente che questo sia un ambito nel quale non si possa agire con superficialità - conclude Mammì - perché ne va della credibilità della nostra società, attiveremo i rispettivi partiti affinché questo richiamo non sia inascoltato. Non ci può essere un sano sviluppo sociale se non c’è un’attenzione privilegiata nei confronti dei più deboli, degli ultimi, di coloro che necessitano dei beni primari. E’ una questione e un’esigenza di umanità che non può essere disattesa.

fonte: http://www.ilfaroonline.it/2011/07/15/ladispoli/clochard-urgente-un-tavolo-tecnicobr-19107.html

Tanto per cambiare!!


Il Comune sloggia i clochard


Sicurezza I residenti si lamentano per i bivacchi davanti la porta di casa



Dopo denunce e segnalazioni da parte di residenti e passanti, stufi di trovare al mattino, sotto casa, i resti di bivacchi notturni ed escrementi, il Comune passa alla linea dura. Cinque clochard sono stati "sfrattati" ieri da Piazza Sacro Cuore e altrettanti bosniaci, invalidi di guerra, sono stati allontanati da via Leopoldo Muzi. Lo ha reso noto il presidente della commissione sicurezza, Armando Foschi. Il blitz degli agenti della polizia municipale è iniziato ieri notte in viale Muzii e si è concluso all'alba di ieri in piazza Sacro Cuore dove gli agenti hanno trovato cinque stranieri ancora addormentati tra le siepi, in condizioni di forte alterazione alcolica. I cinque sono stati identificati e allontanati. «Tali interventi - ha detto Foschi - riprenderanno ora a ritmo serrato per tenere ben alta l'attenzione sulle condizioni di degrado della zona, visto il ritorno di un vero esercito di disperati e clochard che hanno ripreso ad accamparsi nella zona nord e sud della piazza, creando una situazione di forte disagio e anche di paura tra i residenti e i passanti, memori delle esperienze passate. Intanto per la stagione estiva chiederemo al Comitato per la sicurezza e l'Ordine pubblico la possibilità di prorogare di qualche ora il presidio fisso delle Forze dell'ordine presente nella stessa piazza». Nella nottata c'è invece stato un blitz della Polizia municipale in via Leopoldo Muzii-via Michelangelo, «anche in quel caso per allontanare alcuni bosniaci, invalidi di guerra, che stavano bivaccando, in procinto di scatenare una rissa».


Consiglio Letterario!!

Rifiuti e omicidi, un giallo tutto da ridere


In libreria «Sirial ciller», l'esordio narrativo di Stefano Piedimonte, giornalista del «Corriere del Mezzogiorno»









La copertina
La copertina
NAPOLI - Un serial killer analfabeta che lascia messaggi improbabili sui corpi dei netturbini uccisi. Un clochard autoritario adotta un sacchetto dell’immondizia. Un giornalista un po’ sfigato sceglie di indagare, con tecniche e metodi del tutto opinabili sulla misteriosa serie di omicidi, mentre uno stuolo di politici imbarazzanti si lancia nelle ipotesi più strampalate e la città, a modo suo, cerca una buona volta il riscatto dall’onta del fetore.


Non tutto è fantasia in «Sirial ciller», primo romanzo di Stefano Piedimonte, 31 anni, giornalista del Corriere del Mezzogiorno. La presentazione del volume, edito da Guida, giovedì 14 luglio alle 18 nella Sala Vasari della chiesa di Sant’Anna dei Lombardi a Napoli, piazza Monteoliveto 3. Con l'autore saranno presenti Maurizio de Giovanni e Michele Serio; modera Vincenzo Esposito capocronista del Corriere del Mezzogiorno.


Lo scenario dell'opera, ambientata nella Napoli dell'emergenza rifiuti, è attualissimo. Si ride e







Stefano Piedimonte
Stefano Piedimonte
s'indaga fin dalla prima pagina con le imprese di Antonio Sellitti, giovane cronista che si troverà impelagato in situazioni grottesche e pulp, che fanno pensare a quelle degli eroi della narrativa di Joe Lansdale. Ne è un esempio la conversazione che Antonio ha a Sorrento con un clochard: «Ho adottato un sacchetto, si chiama Alfonso - dice l'uomo -. Ci conosciamo da tre mesi. Un giorno qualcuno l’ha lasciato sotto casa mia, a fianco alla montagna d’immondizia che era lì già da tre settimane. La prima settimana non ci siamo dati molta confidenza. Io uscivo di casa e ogni giorno lo vedevo lì, con la pioggia e con il sole. Ero in crisi con Maria, ci stavamo lasciando. Alfonso era l’unica sicurezza. Sapevo che l’avrei rivisto anche il giorno dopo, e quello dopo ancora, e che prima o poi sarebbe stato lui a seppellire me…».


Con «Sirial ciller» parte anche la prima operazione di co-marketing tra un editore e una libreria online dove acquistare titoli in formato digitale: protagonisti di questa iniziativa sono Guida Editori e Bookrepublic. Tutti gli acquirenti del formato cartaceo del libro potranno ricevere la versione digitale in omaggio scaricandola in formato e-pub direttamente dall’e-book store Bookrepublic.



14 luglio 2011


Fonte: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/arte_e_cultura/2011/14-luglio-2011/rifiuti-omicidi-giallo-tutto-ridere-1901087669567.shtml

giovedì 7 luglio 2011

Che scoperta!!

New York - «Mi chiamo Chris Coon e questo è un esperimento sociale che mi aiuterà a non essere più un senzatetto, a prendermi cura delle mie due figlie e ad avere una vita migliore. vi prego, fate una donazione di uno o due dollari».

L’elemosina del nuovo millennio si fa e si chiede seduti comodamente davanti a un pc. In un’area free wi-fi di New York, a Union Square Park. Con un laptop di seconda mano, recente omaggio di un’anonima generosa signora, che è rimasta affascinata dal suo progetto, Coon ha messo su un sito, “Ask a Million”, costato 41 dollari (sopra l’incipit della presentazione in home page) per tentare di diventare milionario senza lavorare. Bastano lunghe passeggiate per la Grande Mela, un profilo Facebook e Twitter, un blog e un conto aperto su Pay Pal.

Coon, faccia da vichingo e capello rosso gelatina, è un disoccupato ventinovenne, che alla soglia dei 30 ha deciso di fare un po’ i conti con la sua vita da sbandato, passata ad attraversare gli Stati Uniti di lavoretto in lavoretto o di prigione in prigione.

In tutto questo suo peregrinare ha trovato anche il modo di fare due figlie, una di sette anni e una di 14 mesi. Da un po’ di tempo le bimbe vivono dalla zia, perché Coon, che non si può permettere una casa, è andato ad affollare le file dei nuovi poveri americani che si accampano in strada e mangiano alla mensa dei barboni.

Sarebbe stato uno dei tanti senzatetto a chiedere i soldi con un cappello in mano, seduto per ore sui marciapiedi, a guardare scarpe e pantaloni dei passanti, se a maggio non gli fosse venuta questa idea. Banale e dirompente. Puntare a essere milionario, usando tutti i circuiti dei social network, e il binomio curiosità-pubblicità che la sua storia suscita. E sfruttare il semplice meccanismo del dono che costa poco e vale tanto. Di un dollaro in meno dalle tasche neanche ce ne accorgiamo, ma se un milione di persone quel dollaro lo destina a un unica persona, per lui diventa un patrimonio. Socialismo individualista o capitalismo questuante? Il progetto di nuova economia-fai-da-te Coon lo descrive anche come un’operazione sociologica: «Vorrei vedere per quanto tempo e quante persone avranno cura di aiutarmi - scrive sul suo sito - E quali sono le differenti reazioni davanti alla richiesta di un dollaro».

“Ask a million” è un diario aggiornato quotidianamente, su cui Coon appunta quanti soldi riceve e come li spende. Il 2 luglio, per esempio scriveva: «Importo realizzato 47 dollari. Importo speso 73 dollari. 60 li ho inviati a mia zia per i pannolini e il latte delle mie figlie. 8 li ho spesi per cibo e caffè e 5 per comprare ai miei amici senzatetto caffè e hamburger da McDonald’s». Una lista spese precisa e trasparente. Dagli inizi di giugno, quando finita la fase di rodaggio di un mese, ha fatto partire il suo piano di elemosina telematica, ha accumulato 1381 dollari e ne ha spesi 1376. E poi visto che è lui stesso a definirlo un “esperimento sociale”, sul sito si trovano anche gli identikit dei suoi donatori divisi in percentuale per sesso, età, etnia, area di provenienza. Tra il 14 giugno e il 24, giovani, bianchi e donne risultano i più generosi, con una media di 1 dollaro e 17 centesimi a testa.

Facebook, Twitter e un video postato su YouTube, con tanto di immagini strappalacrime delle figlie, lo hanno sicuramente aiutato ad allargare il pubblico di potenziali benefattori, ma Coon non ha mai abbandonato la strada. Ne macina tanta, al centro di New York, e con un blocco per appunti in mano, descrive il suo progetto. A chi accetta di donargli qualche dollaro consegna anche una ricevuta. Sì, perché il mendicante 2.0 ha regole ferree e metodo: cercare di ricordarsi sempre la faccia del donatore per non disturbarlo due volte; non chiedere mai soldi prima delle 13, perché la gente entra al lavoro e va di fretta e mai mentre mangiano; non insistere, ed evitare i treni della metropolitana. Troppa concorrenza.

Il video del senzatetto:

Meglio poi puntare alle coppie, perché in quel caso le stesse parole, “Ehi amico hai mica un dollaro”, valgono per due. Meno fatica. Per il primo mese è riuscito a racimolare uno stipendio. Ma di questo ritmo ha calcolato che l’obiettivo del milione lo centrerà solo nel 2054. Per accelerare i tempi sta pensando di differenziare il business: venderà magliette a distanza. E sopra ci sarà scritto: «Solo un ragazzo senzatetto poteva fare questo esperimento». Uno, come spiega Coon al The Local East Village, che nella sua vita «avrà chiesto un dollaro almeno a cinque, sei milione di persone». Un vero e proprio lavoraccio.