giovedì 31 luglio 2008

Storia di LUISA

Un'altra mia amica dopo Aniello fu LUISA: una vera forza della natura, anziana, aveva circa 70 anni, un po' matta. Era una persona che da giovane aveva studiato, si capiva dal suo italiano veramente buono. Luisa leggeva i giornali, si teneva informata, anche se interpretava tutto quello che succedeva come qualcosa che altri avevano tramato ai suoi danni. Anche quello che succedeva in America lei lo riportava ad un complotto nei suoi confronti, e - ricordo - era impressionante il fatto che pensava di conoscere tutti quelli di cui i giornali parlavano, quasi come un bisogno di trovare parenti.

Era un po' confusa, certe volte pensava che noi fossimo parenti, pensava di essere sorella di mia mamma. Al contrario di Aniello, lei dei parenti li aveva, una sorella, un cognato. Ma erano anziani anche loro e Luisa era un tipo molto irrequieto. Credo che la sorella non ce l'avesse fatta ad accudirla. Molte famiglie vivono questo problema di essere da sole a sostenere il peso di un malato psichico in casa, spesso non ce la fanno o non sanno come affrontare la situazione: e la persona malata finisce per la strada.
Anche lei, in quanto anziana non si allontanava molto dalla stazione. Una volta la trovai che stava male perché nel grattarsi si era graffiata sulla spalla ed era subentrata una infezione; la portai in ospedale dove le fecero una medicazione. Da quel giorno, quando se ne ricordava, diceva che io ero suo figlio perché lei era stata male ed io l'avevo aiutata, avevo perso tempo appresso a lei.

Mi raccontava che da giovane era stata fidanzata, si sarebbe dovuta sposare, poi per l'insorgere della malattia era andato tutto a monte. Parlava spesso della mamma, delle passeggiate che facevano insieme. Lei era rimasta a casa sua fino a quando i genitori erano rimasti in vita; poi, mancando i suoi punti di riferimento stabili, era finita per la strada. Non si tratta di fare un processo alle famiglie, ma spesso si creano un insieme di fattori per cui la situazione può sfuggire di mano e si finisce per la strada, pur avendo fratelli e sorelle.
Luisa credo sia stata per la strada per circa trenta anni. Alla stazione era una istituzione, la conoscevano tutti, conoscevano le sue stranezze e la sua simpatia, le volevano bene tutti; spesso era vittima di ladri che approfittando del fatto che era un po' confusa la alleggerivano di quello che aveva.
Con alcuni amici l'anno scorso andammo in stazione il giorno del suo settantesimo compleanno, portammo la torta con le candeline, la chitarra per cantare ed una sciarpa in regalo. Fu felicissima che ci fossimo ricordati del suo compleanno, fu una bella festa.
Luisa è morta in ospedale l'anno scorso, dopo essere stata qualche giorno in clinica psichiatrica, forse perché per la strada aveva gridato a qualcuno o aveva offeso qualcuno.

domenica 27 luglio 2008

Un Altra Opinione

I SENZATETTO

Qual è la soluzione?

“DÀ UN pesce a un uomo e lo sfamerai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo sfamerai per tutta la vita”. Questo proverbio spiega una verità fondamentale: soddisfare un immediato bisogno fisico può avere un valore limitato. È molto meglio aiutare le persone a imparare a risolvere i problemi e a soddisfare le proprie necessità. Molti hanno bisogno di imparare nozioni pratiche o anche un modo completamente diverso di vedere e affrontare la vita.
I testimoni di Geova sono convinti che la maniera più efficace di aiutare i senzatetto è insegnare loro il miglior modo di vivere. Questo significa seguire i migliori consigli disponibili, quelli provveduti dal Creatore. Chi meglio di lui è in grado di dare consigli del genere? Tali consigli aiutano a evitare molti dei problemi per cui ci si può ritrovare senza casa e, inoltre, aiutano chi si trova già in questa situazione a risolverla. Naturalmente, la lettura della Bibbia di per sé non farà sparire tutti i problemi. La Bibbia però è in grado di aiutare le persone a eliminare vizi costosi, a ricuperare un certo grado di autostima e a condurre una vita più dignitosa.
Molti hanno perso la casa per colpa della droga o dell’alcol, di una vita segnata dalla delinquenza, di problemi economici o della disgregazione della famiglia. La Bibbia dà consigli pratici per tutti questi casi. Applicando questi consigli milioni di persone sono già state aiutate a cambiare il proprio modo di vedere la vita e a cambiare in meglio la loro personalità. Naturalmente l’applicazione dei princìpi scritturali da sola non risolverà tutti i problemi che l’essere senza tetto comporta. Al presente disastri naturali, cattiva salute, povertà diffusa, dipendenza e simili richiedono spesso altri tipi di assistenza. Anche se fanno tutto quello che possono per aiutare chi soffre a causa di questi problemi, i testimoni di Geova si rendono conto che solo il Fattore del genere umano è in grado di risolverli una volta per tutte. Lo farà?
Il proposito originale di Dio
Ci sono buone ragioni per sperare che presto il problema dei senzatetto finirà. Su quale base? Pensate: Geova Dio diede alla prima coppia umana una bella dimora. Li pose in un paradiso, dove avevano tutto quello di cui avevano bisogno. Se avessero seguito la guida del loro Fattore, avrebbero esteso quel Paradiso a tutta la terra. I loro discendenti avrebbero avuto tante belle case. Ogni componente della famiglia umana avrebbe potuto contare sull’amore e la cooperazione di tutti gli altri. Questo era il proposito originale di Dio. Egli non ha cambiato idea. —
Salmo 37:9-11, 29.
Inoltre qualsiasi cosa Dio intenda fare, la farà senz’altro. (
Isaia 55:10, 11) La Bibbia profetizza che arriverà il tempo in cui tutti avranno la loro casa e prosperità. Prima che questo si realizzi, tutta la società umana, come noi la conosciamo, dovrà cambiare. Tale cambiamento avverrà grazie all’intervento divino negli affari umani. Questo è quello che aveva in mente Gesù quando disse ai discepoli di pregare: “Venga il tuo regno. Si compia la tua volontà, come in cielo, anche sulla terra”. — Matteo 6:9, 10.
Sotto il giusto dominio del Regno di Dio il genere umano ubbidiente assisterà all’adempimento di questa confortante profezia: “Certamente edificheranno case e le occuperanno . . . Non edificheranno e qualcun altro occuperà; non pianteranno e qualcun altro mangerà. . . . I miei eletti useranno appieno l’opera delle loro proprie mani”. (
Isaia 65:21, 22) In altre parole non ci sarà più nessuno senza casa.

Più di ogni altra cosa i senzatetto hanno bisogno di una speranza per il futuro
I testimoni di Geova si sforzano di provvedere alle persone l’aiuto spirituale di cui hanno bisogno in questo periodo. Desiderano dare al prossimo il tipo di attenzione amorevole che raccomandò Gesù. (
Matteo 22:36-39) Questo amore per gli altri li spinge anche a soccorrere chi ha perso la casa in seguito a un disastro naturale.*
Realisticamente i Testimoni si rendono conto che non è possibile aiutare tutti. Jacek, che vive in Polonia in un ricovero per i senzatetto, ammette: “Alcuni sono aggressivi o sono sotto l’effetto della droga. Altri provano repulsione per gli argomenti religiosi, poiché pensano che Dio non si interessi di loro. Ma c’è chi accetta di cuore la Parola di Dio”. Jacek, per esempio, è uno di questi. Ha iniziato a conoscere ciò che insegna davvero la Bibbia.
Un altro uomo che ha fatto lo stesso è Roman, un malato di AIDS che fino a poco tempo fa viveva in strada. “Quando arrivai al centro di accoglienza, non sapevo che i testimoni di Geova si radunavano lì vicino”, ricorda. “Presto iniziarono con me una conversazione per strada e mi spiegarono che Dio non ignora le grida di aiuto dei senzatetto. Mi invitarono anche ad assistere a una loro adunanza”. —
Salmo 72:12, 13.
Che effetto ebbe su di lui ciò che sentì? “Imparai che posso vivere per sempre in Paradiso, qui sulla terra, e che Dio mi considera prezioso. Circondato da nuovi amici premurosi, non mi concentrai più sulla mia difficile situazione e iniziai a modificare la mia personalità. Spinto dall’amore per Dio smisi di fumare e in preghiera gli promisi che avrei camminato nel sentiero della giustizia”.
Roman fece un buon progresso spirituale e ben presto si battezzò come testimone di Geova. Con l’aiuto dei compagni di fede e delle autorità riuscì a trasferirsi in un alloggio decente. Pieno di gioia dice: “Nel mio cuore provo una felicità indescrivibile. Mi sono avvicinato a un Dio d’amore, che ha ridato un senso alla mia vita. Mi ha dato una meravigliosa famiglia di fratelli e sorelle e anche una casa”.
Un futuro per i senzatetto
I testimoni di Geova si sforzano di mostrare empatia al prossimo, inclusi i senzatetto. Desiderano con tutto il cuore far conoscere le verità bibliche riguardo a un futuro migliore, verità che già da ora possono cambiare la vita. —
Giovanni 8:32.
“Ciò che è fatto curvo non si può fare diritto”, dice la Bibbia. (
Ecclesiaste 1:15) Nonostante le migliori intenzioni dei volontari e delle autorità, problemi sociali profondamente radicati come quello dei senzatetto e della povertà sono difficili da estirpare. La Bibbia ci assicura però che presto, sotto il dominio del Regno di Dio, tutte le persone ubbidienti avranno condizioni di vita ideali.

* Vedi, per esempio, Svegliatevi! dell’8 gennaio 1993, pp. 14-21; 22 ottobre 2001, pp. 23-7; 8 agosto 2003, pp. 10-15.

http://www.watchtower.org/i/20051208/article_03.htm

giovedì 24 luglio 2008

Storia di Aniello ( serie di racconti )

È morto un paio di anni fa ed è stata la prima persona che ho conosciuto alla stazione centrale di Napoli.

Un giorno mi trovavo lì perché dovevo partire, mi avvicino ai telefoni per una telefonata e ricordo che questo vecchietto in modo molto gentile mi chiese se avevo 500 lire (prima c'erano delle panchine sistemate vicino alle colonnine dei telefoni dove i barboni si sedevano, oggi non ci sono più), gli diedi le 500 lire e con molta cortesia mi ringraziò. Dopo qualche giorno mi ritrovai di nuovo alla stazione: essendo rappresentante di abbigliamento viaggiavo spesso, e lo incontro di nuovo; questa volta lo saluto, mi risponde, mi chiede di nuovo le 500 lire. Gliele dò, mi ringrazia, gli dico ciao senza scappare come avevo fatto la prima volta.
La terza volta ci tornai apposta: lui era sempre lì, mi avvicinai con discrezione e cominciammo a parlare. Viaggiando spesso ho sempre pensato che dovevo aver incontrato Aniello anche in passato, anche se non me ne ricordavo. Aniello mi raccontò della sua vita, della famiglia, dei fratelli tutti morti, di nipoti con cui aveva perso i contatti. II suo lavoro era stato "oliatore di saracinesche": lubrificava i binari delle saracinesche dei negozi; insomma si arrangiava, si guadagnava la giornata.

In una città come Napoli, quante persone lavorano a nero, si arrangiano?
Aniello non si era sposato, forse anche a causa della sua precaria condizione; aveva avuto una piccolissima stanzetta al rione Sanità. L'età gli aveva complicato la vita, non era riuscito più ad arrangiarsi ed era finito alla stazione. Perché non era andato in un dormitorio, in un istituto per anziani? Non lo so, ci sono delle cose che noi non possiamo capire, possiamo solo accogliere e rispettare senza avere la pretesa di voler cambiare la vita alle persone. Quando il tempo era buono Aniello se ne andava un po' in giro anche se poi in realtà passava tutto il suo tempo alla stazione; era diventato anziano, non ce la faceva più tanto a camminare e quindi non si allontanava molto. Era un tipo molto allegro, ci facevamo un sacco di risate quando mi raccontava delle sue ragazzate.
Una volta in occasione del suo compleanno andammo a mangiare in una trattoria vicino alla stazione che lui conosceva, da "Zi' Caterina".
Ricordo che mangiò senza dire una parola, penso che fosse da molto che non si sedeva a tavola con qualcuno. La sua casa era la stazione; lì si lavava, si cambiava quando riusciva a procurarsi indumenti puliti, dormiva sui treni, insomma lì viveva, tra la gente, tra i tanti che passavano correndo, distratti, frettolosi.

E lì è morto! Lo trovarono una mattina senza vita, in un vagone ferroviario dove si era rifugiato per passare la notte.
L'amicizia con Aniello, insieme all'ascolto del Vangelo, che sempre più chiaramente sembrava dire: "Vivi la tua vita, ma non dimenticarti di chi è più povero e sfortunato di te" rappresentò l'inizio di un vero e proprio servizio alla stazione.
Tutti i giovedì, verso le otto di sera, andavo alla stazione portando un termos con il latte e panini. Le prime volte andai da solo poi si formò un vero e proprio gruppo di volontari.
II servizio è continuato per più di tre anni ed in questi tre anni ho incontrato tantissime persone. Quelle che ho conosciuto meglio sono per lo più adulti ed anziani, per un motivo molto semplice: i giovani, tanti, non stanno quasi mai nello stesso posto, si spostano, viaggiano, vanno da una città all'altra.
Una umanità disorientata fatta da ragazzi con enormi problemi familiari alle spalle, con problemi di droga ed alcolismo, da ragazze scappate di casa con l'illusione di una vita libera mentre poi finiscono sui marciapiedi; una umanità fatta anche da ragazzini di 10/12 anni senza un controllo familiare o addirittura cacciati di casa perché i genitori separati hanno iniziato una convivenza con qualcuno che non li vuole tra i piedi; una umanità fatta di stranieri venuti dai loro paesi poveri, inseguendo il miraggio di una sistemazione e che affannano a trovare qualcosa da fare.
Il servizio mirava ai bisogni concreti e quindi ci si preoccupava delle cose da mangiare, portavamo indumenti; se qualcuno non stava bene si cercava di farlo curare accompagnandolo in ospedale ed andandolo a trovare. Ma una delle cose che per noi era importante era trovare il tempo ed il modo per fermarsi a parlare con loro e ad ascoltarli.

Mi è rimasto impresso quello che un giorno mi disse un barbone: "Grazie per esserti fermato a parlare con me". Non grazie per il panino o per la coperta, questo era sottinteso, ma grazie per averlo ascoltato.
Come è facile essere solo tra la folla. Credo che qualche volta anche noi avvertiamo questa sensazione, che fortunatamente per noi è passeggera.
Veramente dovremmo sempre ringraziare il Signore che non ci ha lasciato soli, donandoci fratelli e sorelle.



http://www.psgna.org/poveri/barb01.htm

giovedì 17 luglio 2008

Clochard, ecco i nuovi poveri!

FOCUS. IL DISAGIO SOCIALE

Il censimento è in corso la prima rilevazione nazionale sui senza dimora.
Sarà pronta nel 2010, ma ci sono già i primi dati.
Il confronto : in Germania i senzatetto sono ventimila, in Spagna 21 mila.
Appello della Ue contro la «street homeless»

In Italia.
La notte dormono in auto o cercano posto nei centri di accoglienza, altrimenti stanno in stazione dove c' è più controllo
Sono quasi 100 mila, vivono in strada senza lavoro, separati, in fila per i pasti.
Allo sportello della stazione Termini 15 mila persone hanno chiesto ticket per mangiare e aiuti per le spese legali.


Ombrello e Carrello vanno in rima con i nomignoli, l' età, l' esser senza casa. Siccome i nomi veri non li danno, e forse è timidezza o forse profonda vergogna, la gente li chiama per come li vede: uno tiene aperto l' ombrello anche con trenta gradi, l' altro spinge un carrello della spesa pure di notte. Sui cinquant' anni, hanno bisogno d' aiuto e non ne vogliono. Per sfamare Ombrello, i volontari come Massimo Ceriale preparano un sacchetto con panini, pietanze, carne. Quando l' avvistano, fingono di non vederlo e gettano il sacchetto in un vicino cestino dell' immondizia, come se l' abbandonassero. Ombrello s' avvicina, fruga, trova il sacchetto, prende, mangia. È così ogni giorno. Da mesi. Da quando Ombrello ha perso il lavoro in banca, il tran-tran esistenziale con annesse certezze economiche s' è interrotto, e lui è sbandato. Fino a perdere l' equilibrio, cadere, precipitare. Ombrello ha lasciato Genova, città natale, ha preso un treno, s' è fermato a Pisa e ci è rimasto. Nessun parente lo cerca, men che meno reclama. Lui e tanti altri. Tra rincari di bollette e di pane, tra mutui che soffocano e salari medi che ristagnano, piovono poveri nell' Italia degli Ombrello. Tra i 70-100 mila, dicono le stime. E se metà sono stranieri appena arrivati, l' altra metà sono italiani che non arrivano a fine mese. Un' enormità. Una rarità, nella storia dei poveri da strada. Dal Nordest al Sud Si diceva: stimati 70-100 mila. Fino ad adesso, si è andati avanti con le stime, non con ricerche scientifiche: tanto erano una manciata, i senzatetto, tanto erano matti, tanto erano personaggi da letteratura, quella letteratura che, per dire, con Carlo Emilio Gadda nell' «Adalgisa» li descriveva «vagabondi... che, toltasi la giacca, o una maglia, o peggio, vi passano in rassegna i pidocchi». E invece, sui clochard o nuovi poveri, è partita una ricerca in grande stile. Che, nelle intenzioni e nelle previsioni, si annuncia meticolosa. La ricerca è condotta da ministero del Welfare, Istat, Caritas e Fiopsd, la Federazione che raggruppa la settantina di associazioni che assistono i senzatetto. Sarà pronta nel 2010, la ricerca. Non a caso: il 2010 è stato proclamato Anno europeo contro le povertà. C' è attesa, e c' è la consapevolezza che non si può attendere. Paolo Pezzana, a capo della Fiopsd: «I casi crescono e si diversificano. Nelle grandi città, gli utenti di dormitori e sportelli d' aiuto sono quasi tutti italiani, che chiedono soldi per pagare luce e gas». Milano, Napoli, Roma. Le solite capitali, storiche, dei clochard. Città che, oramai, non hanno più l' esclusiva dell' emergenza, un' emergenza che ha intaccato il ricco Nordest, le cittadine del centro, e si è infilata nel Sud, dove i barboni, di solito, li consideravano roba del Settentrione, roba persa nella nebbia. I divorziati e i ticket Il Sud. Bari. La professoressa universitaria Fausta Scardigno, negli studi sugli indigenti del Duemila, s' è imbattuta in Antonio. Anni quarantuno, smagrito, ex poliziotto - di stanza in Puglia, Sicilia, Calabria -, separato e rimasto senza abitazione, due figlie. Barbone. In dormitorio. A Milano, sotto lo scorso Natale, nel centro d' accoglienza dei francescani, un ospite su quattro era italianissimo. E separato. A Bari, c' è questo Antonio, che parla veloce, anzi di fretta, che è arrabbiato, anzi «incazzato». Eccolo: «Qua c' è gente che sta da venti anni... Gente che se tu ti avvicini fa schifo... Io non faccio altro che lavarmi le mani... Poi mi devo sedere, e mi faccio il problema, hai capito? Devo mettere il giornale, e come si fa?». Il giornale. I pavimenti sotto i portici. I cartoni. Iconografia del clochard che fu. Quello odierno, si rifugia in automobile, se ce l' ha. Punta i piedi per stare in un centro d' accoglienza. E se non trova posto, s' accampa in stazione. Un luogo protetto. Eh sì. «Fidati, gira la polizia, sei al sicuro dai cattivi» dice Totò, un inquilino fisso della Centrale, a Milano. Alessandro Radicchi è una delle anime dell' Osservatorio nazionale sul disagio negli scali ferroviari. «Nello sportello alla stazione Termini, dal 2005 si sono rivolte a noi 15 mila persone. A Napoli, abbiamo aperto un anno e mezzo fa: siamo già a quota 3 mila». Che cosa chiedono? Ticket-restaurant per un pranzo, ed euro per star dietro alle spese, comprare i libri scolastici dei figli, sostenere spese legali.Quanto incidono. Quanto segnano. C' è un' apposita associazione, quella degli avvocati di strada, piena di giovani volenterosi laureati in Giurisprudenza, che assiste, gratis, i senzatetto. Clandestini a casa propria Il rapporto 2007 dell' associazione, spiega il vicepresidente Jacopo Fiorentino, che scommette sull' apertura di nuovi sedi («Servono»), dice che degli oltre 800 clienti annui, il 34% erano italiani. Di questi, molti hanno chiesto assistenza specie per diritto alla residenza e questioni relative al lavoro. Andiamo con ordine. Per un senzatetto, è facile - non rinnovando la carta d' identità, perdendo la residenza - diventare un clandestino a casa propria. Quanto al lavoro, tra i 70-100 mila «sono migliaia i 40-50enni che hanno perso l' impiego e che nessuno assume». E, comunque, di massima, a cominciare dalle cooperative di pulizie, preferiscono lo straniero, all' italiano. Il primo si può sfruttare. Il secondo abbozza una resistenza. Anche se, comunque, cede. Nell' opulenza del Veneto, tra i sindaci che non fanno entrare gli immigrati, al Banco alimentare di Vicenza c' è la fila. E in fila, ci siamo noi. Il Banco alimentare raccoglie i prodotti in scadenza dei supermercati e li distribuisce ai poveri. Racconta Daniele Sandonà, operatore del Terzo settore: «Che code, certi giorni... Gli italiani prendono biscotti, cracker, bottiglie d' acqua». Il confronto con l' Europa C' è tale richiesta, in Veneto, che a breve aprirà un altro Banco alimentare, a Verona. E però, invita Sandonà, stiamo attenti non soltanto alla fame. «Aumentano le malattie provocate da mancanza di alimenti sani e in forma continuata». Alla stregua di un clandestino nascosto in una fabbrica dismessa, sotto un ponte della tangenziale, in una baracca di periferia. Nell' Italia del carovita. E nell' Europa che, sì, con tutti i membri dell' Unione europea, a maggio, ha preso coscienza della questione a livello continentale con una dichiarazione d' intenti per combattere la «street homelessness», la povertà da strada. Certo, la dichiarazione. Eppure dei grandi Stati, non ce n' è uno conciato male come l' Italia. Ventimila, i clochard stimati in Germania. Ventunomila, quelli che l' Istituto nazionale di statistica ha calcolato in Spagna.

Galli Andrea
Pagina 010/011(16 luglio 2008) - Corriere della Sera

martedì 15 luglio 2008

Solidarietà

Fate tutto il bene che potete,
con tutti i mezzi che potete,
in tutti i modi che potete
in tutti i luoghi che potete,
a tutta la gente che potete,
per tutto il tempo che potete.
John Wesley ( 1703 - 1791)

mercoledì 2 luglio 2008

Racconti di vita

Nel raccontarvi la la mia esperienza di amicizia con i barboni mi piace parlare di "scoperta " dei barboni più che di "incontro" con loro. Per "incontro" intendo la conoscenza personale e più approfondita di un qualcosa che già si conosceva, "scoperta" indica invece l'ingresso in una realtà nuova, scoperta di un mondo sconosciuto fino a poco tempo prima ho conosciuto in una maniera completamente errata.

Avevo sempre considerato la povertà una realtà lontana dalla mia città, un problema del Terzo mondo come l'Africa, l'India e Madre Teresa: queste per me erano il simbolo di un mondo emarginato, poverissimo, concreto ma lontano. II primo gradino è stato quindi la scoperta scioccante di una realtà diffusa all'interno della mia città, Napoli, quasi dietro l'angolo di casa mia. II Vangelo mi ha fatto vedere con occhi diversi ciò che i miei occhi già vedevano; ma l'abitudine, l'indifferenza, la superficialità avevano alzato un muro tra me e queste persone.
Non posso dire che non le avevo mai incontrate ma sicuramente non le avevo mai considerato come persone. II povero era un concetto presente nella mia mente ma in una maniera astratta e quindi lontana dalla mia vita.Quante volte ero passato davanti ad un barbone al quale avevo anche fatto l'elemosina e che dopo due secondi avevo già cancellato dalla mia mente! Il vangelo mi ha aperto gli occhi del cuore aiutandomi ad avvicinare queste persone, a chiamarle per nome, a conoscerne la storia, ad entrare in dialogo con loro, scoprirne l'umanità, la debolezza, la dignità.

Scioccante fu la scoperta che anche a Napoli, la mia città, di cui conoscevo bene le tante zone belle, erano presenti due case di accoglienza delle suore missionarie della carità, l'ordine di Madre Teresa: una casa a via Tribunali per gli uomini, l'altra a Marianella per le donne. Le suore che per me erano le suore dei lebbrosi di Calcutta, dei poveri di Nuova Delhi, erano presenti e per certi versi punto di riferimento indispensabile nella mia città.
Probabilmente voi penserete: Ma tu, in che mondo vivevi? Io credo che vivevo in un mondo normalissimo fatto del mio lavoro, dei miei amici, delle mie speranze, dei miei progetti per il futuro, delle mie preoccupazioni; la mia coscienza era tranquilla. Io, in fondo, cosa facevo di male? Lavoravo, portavo i soldi a casa, ero attento ai bisogni dei miei familiari, la sera tornavo a casa stanco, oppure dopo una giornata di lavoro la mia preoccupazione era quella di uscire con la mia ragazza o con i miei amici per andare a divertirmi.

In tutto questo cosa c'era di male? Io non facevo del male a nessuno. Il Signore però ci ha chiesto non solo di non fare il male, ma di vivere facendo il bene, costruendo un mondo più giusto e più umano.
Ad alimentare ancora di più questa situazione di distacco ed indifferenza contribuivano anche delle opinioni mie, dei pregiudizi nei confronti dei barboni: per me il barbone era uno che nella vita aveva fatto la scelta di esserlo, magari per non affrontare il peso delle responsabilità, per vivere una vita libera senza dover rendere conto a nessuno e fare solo quello che gli diceva la sua testa; una idea molto romantica del barbone, del barbone come scelta di vita.

E poi pensavo anche che era gente che non aveva avuto voglia di lavorare, perché - mi dicevo - se uno vuole qualcosa riesce sempre a trovare; e per qualche volta che sui giornali avevo letto di un barbone trovato, alla morte, dopo una vita ad elemosinare, in possesso di grosse fortune, mi era facile generalizzare e pensare che erano tutti cosi, che chiedere l'elemosina rende e che magari loro stavano anche meglio di me!
In fin dei conti: loro che problemi avevano? ero io quello che aveva i problemi! Tutti questi pregiudizi giustificavano la mia indifferenza: perché avrei dovuto preoccuparmi di persone che in fondo vivevano come volevano? II Vangelo mi ha aiutato a sollevare gli occhi da me stesso, a guardarmi intorno. Qualcuno mi ha aiutato a mettermi in ascolto del Vangelo, mi ha aiutato a capire e conoscere i sentimenti di Gesù, a capire la scelta preferenziale per i poveri che Egli fa e ci chiede di fare.

E' molto importante notare come Gesù si ferma vicino ai poveri che incontra, li chiama per nome, li tratta con dignità fermandosi con loro e cercando di capire i loro bisogni, entra in dialogo con loro. II cieco Bartimeo, l'indemoniato geraseno sono i vari Aniello, Rosa, Raffaele, Lidia, Mimmo che io ho incontrato e che ognuno di voi può incontrare.
Sono contento di potervi parlare di queste mie amicizie, di poterle condividere con voi.

Prima di tutto vorrei dire che riuscire a superare l'ostacolo della sporcizia, della puzza e della estraneità che spesso sono motivo per tirarci indietro ci fa scoprire un mondo fatto di miseria, in alcuni casi di degrado, ma anche di umanità, di sentimenti, di amicizia di affetti.

http://www.psgna.org/poveri/barbint.htm