venerdì 31 ottobre 2008

Dalla passerella al marciapiedi di Mumbai a chiedere l'elemosina

La modella diventata mendicante,
la sua storia ora è un film

Gitanjali è stata inghiottita dalla depressione, da un matrimonio sfasciato e dalla droga




LONDRA - Era bella, figlia di un ufficiale di Marina, educata nei migliori collegi, laureata in fashion design al Politecnico di New Delhi. Tanto aggraziata ed elegante che per lei diventare modella negli anni Novanta era stato un passo naturale. Erano gli anni in cui l’India cominciava a crescere a ritmi sempre più vertiginosi. Gitanjali Nagpal era diventata una stella. E come una stella è caduta, dalla passerella al marciapiedi, inghiottita dalla depressione, da un matrimonio sfasciato, dalla droga, finita a chiedere l’elemosina e avanzi di cibo ai passanti lungo le strade di Mumbai.

DIMENTICATA - Completamente dimenticata a trent’anni, dopo tante copertine, tanta pubblicità, tanti sogni suscitati. Finché un giorno di autunno del 2007 un fotoreporter di un giornale di Mumbai ha notato quella giovane donna dai capelli folti e neri scomposti e sporchi, abbandonata all’angolo di una strada. L’ha riconosciuta: era Gitanjali, la star della moda che tutti chiamavano Gitu. Ha cominciato a scattare e all’improvviso quegli occhi profondi e addolorati si sono riaccesi: il fotografo ha raccontato che Gitu si è messa in posa, ha sorriso, si è riaccesa come se fosse tornata sotto le luci della passerella di una sfilata di moda. Gitanjali Nagpal a 32 anni stava cominciando a uscire dal tunnel. Soffriva di depressione, vuoti di memoria. I servizi sociali indiani l’hanno aiutata, l’hanno fatta curare. La sua storia ha riempito le prime pagine dei grandi giornali dell’India, che una volta erano grigi e vittoriani nel loro rigore e ora, per effetto del boom economico, scoprono immagini e storie sempre più audaci.

LA SUA STORIA È UN FILM - Ora l’industria cinematografica indiana, entrata in una fase di neorealismo, si è lanciata sulla storia della modella diventata mendicante: questa settimana esce Fashion, che promette uno sguardo dietro le scene del mondo delle sfilate. Il ruolo di Gitu è stato affidato a Kangana Renaut, un’attrice bella e famosa. Ma la Commission for Women di Delhi, ente governativo, si è opposta e cerca di bloccare il film: «Gitanjali è ancora troppo fragile e vulnerabile perché la sua vita sia esposta al grande pubblico». L’ex modella, secondo l’organizzazione che l’ha soccorsa, sarebbe turbata e potrebbe ricadere nella crisi. Il film Fashion ha già creato polemiche, perché nel suo realismo propone scene a contenuto sessuale che hanno spinto la censura a vietarlo ai minori. Il regista Madhur Bhandakar respinge le accuse di «insensibilità». E sostiene che il suo personaggio di modella in disgrazia era nella sceneggiatura già prima che il caso di Gitu fosse scoperto.

Guido Santevecchi - Corriere della sera
30 ottobre 2008

martedì 28 ottobre 2008

Avvocati degli homeless a Roma

GIUSTIZIA: GLI AVVOCATI DEGLI 'HOMELESS' DOPO 8 ANNI SBARCANO A ROMA


Roma, 26 ott. - (Adnkronos) - Avvocati per passione, al servizio di chi ha bisogno di assistenza legale ma non puo' permettersela. I difensori degli 'homeless' sono sbarcati a Roma, dopo aver creato sportelli e aperto migliaia di pratiche gratuite da un capo all'altro d'Italia. E dopo una lunga attesa, proprio mentre lo scorso 17 ottobre si celebrava la Giornata Mondiale Onu della lotta alla Poverta', all'Ospedale romano San Gallicano veniva inaugurata la nuova sede dell'associazione 'Avvocato di strada Onlus', la diciottesima in quasi otto anni di attivita' dei volontari 'on the road'. Infatti i difensori dei clochard sono gia' presenti ad Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Ferrara, Foggia, Jesi, Lecce, Macerata, Modena, Napoli, Padova, Pescara, Reggio Emilia, Rovigo, Taranto, Trieste. Un esercito formato da circa 500 volontari, che dal 2001 ad oggi hanno aperto piu' di tremila pratiche. E' duro vivere la strada senza un tetto, ma un medico e un avvocato in soccorso possono far sentire piu' riparati. Soprattutto nella Capitale, dove la popolazione dei senza tetto e' piuttosto nutrita. Qui, grazie al protocollo d'intesa stipulato tra l'Inmp, Istituto Nazionale per la Promozione della Salute delle Popolazioni Migranti e per il Contrasto delle Malattie della Poverta' e 'Avvocato di strada Onlus', si e' resa possibile la realizzazione del nuovo sportello di assistenza legale gratuita. L'Inmp e 'Avvocato di Strada' intendono sviluppare attivita' convergenti con le proprie energie e funzioni per determinare concretamente il diritto alla salute per le persone senza dimora ed in stato di emarginazione.

In alcuni casi (come Foggia, Lecce o Bolzano) hanno rappresentato quasi la totalita' dei richiedenti aiuto. In altri, come Bologna, hanno invece rappresentato meno della meta' degli utenti. Cio' e' da riferirsi al fatto che alcune citta' sono piu' dotate di altre di uffici di supporto legale e l'orientamento degli stranieri, e che alcuni territori (si prenda il caso di Foggia) sono maggiormente frequentati da stranieri irregolari in cerca di lavoro stagionale. Nel corso del 2007 tutti gli sportelli hanno potuto osservare un aumento considerevole delle richieste provenienti dai cittadini extracomunitari e neocomunitari. Riguardo le tipologie delle pratiche di diritto civile, le piu' ricorrenti sono state quelle sui licenziamenti (60), sul diritto di residenza (50), su separazioni e divorzi (52), seguite da quelle riferite a sfratti e problemi di locazione (45), alle problematiche di patria potesta' e figli minorenni (30), debiti nei confronti di privati (19), sinistri stradali e risarcimento danni (14), smarrimento di documenti d'identita' (17) e successioni (9). Per quanto riguarda le pratiche di diritto amministrativo, quelle maggiormente sottoposte agli avvocati dell'associazione hanno riguardato i permessi di soggiorno (305), seguite da fogli di via e decreti di espulsione (104), cartelle esattoriali per mancato pagamento di tasse (25), sanzioni per violazione del codice della strada (17). Infine, le pratiche di diritto penale: la maggior parte ha riguardato clochard aggrediti, minacciati e molestati (22 casi); vari anche i reati contro il patrimonio, come furti e rapine (20), richieste di pene alternative alla detenzione (12), reati legati agli stupefacenti (11), procedimenti per diffamazione, offesa o resistenza a pubblico ufficiale (7) e reati contro la persona (5).

lunedì 27 ottobre 2008

Barboni a Roma

ROMA: COPPOTELLI.
CIRCA 7MILA CLOCHARD, MA SE NE PARLA SOLO QUANDO ACCADE QUALCOSA.

Roma, 23 ott. - (Adnkronos) - "Ieri il barbone polacco aggredito alla Garbatella, sette giorni fa la morte di un rumeno trentunenne a Boccea, ad agosto tentativi di stupro o accoltellamenti… Esiste una porzione di umanita' ai margini e spesso invisibile che deve essere riportata alla visibilita' delle istituzioni. Nelle citta' della nostra regione non e' difficile accorgersi di cittadini invisibili che vivono al limite della tollerabilita' fisica, al limite del disagio dell'abbandono e dell'isolamento... nelle strade, nei treni, nei dormitori, nelle mense sociali oppure in sistemazioni improvvisate". Lo ha dichiarato in una nota Anna Salome Coppotelli, assessore alle politiche sociali della Regione Lazio, sottolinendo che ''sono circa 7mila i senza fissa dimora solo a Roma'', ma ''se ne parla solo quando diventano un fatto di cronaca''. "I fondi che l'assessorato ha stanziato per affrontare le emergenze sociali -ha continuato- come l'assegnazione di 10 milioni di euro ai comuni per i servizi di mensa sociale e di accoglienza notturna, sono interventi che non possono prescindere dal lavoro quotidiano svolto dalle associazioni e dal volontariato di matrice confessionale e non. Ma ciascuno di noi -ha sottolineato l'assessore- puo' contribuire ad attivare un circuito di inclusione sociale anche attraverso una semplice segnalazione ai servizi sociali". "Le persone senza fissa dimora -ha proseguito Coppotelli- costituiscono un gruppo eterogeneo al loro interno che include sia i cittadini italiani che gli stranieri privi di permesso di soggiorno. Inoltre, vanno considerati anche i profughi e i nomadi, quindi una realta' variegata ma accomunata dallo stigma sociale e dall'esclusione. Persone che si trovano spesso nell'impossibilita' di rivendicare il rispetto dei propri diritti -ha aggiunto- e i dati relativi al 2007 della mensa di Sant'Egidio per i senza fissa dimora aiutano a comprendere meglio alcune caratteristiche attuali del fenomeno".
"Durante l'anno - ha riferito l'assessore - la mensa ha ricevuto 5200 stranieri e 208 italiani. L'eta' media all'arrivo alla mensa e' stata di 43 anni per gli italiani e di 28 anni per gli stranieri. Le nazionalita' piu' presenti sono state in ordine di frequenza: Afghanistan (44,9%), Romania (24,4%), Italia (5,6%). Tra di essi molti richiedenti asilo e un numero rilevante di minori. Gli interventi a favore degli homeless -ha continuato- vanno ripensati tenendo presente la multidimensionalita' della poverta', la vulnerabilita' e la cronicizzazione di patologie tipiche". "In altri termini -ha spiegato- e' necessario superare la frammentazione dei servizi e potenziare le politiche specifiche destinate alle persone senza dimora. Per pensare e vivere la cultura dell'accoglienza e della convivenza civile non come indifferenza, confusione o sopraffazione, ma come prospettiva di arricchimento per tutti dobbiamo promuovere una comune cultura del rispetto, del dialogo e dell'impegno". "Con semplicita' -ha continuato Coppotelli- dobbiamo riconoscere che i valori che danno senso alla vita non sono tutti nella nostra cultura o negli stili di vita riconosciuti come socialmente accettabili. I diritti sono il valore attorno al quale costruire un sistema, una comunita', un individuo. Realizzare una nuova coscienza sociale, nella consapevolezza dell'umanita' che ci rende uguali, -ha concluso- e' un obiettivo che deve essere perseguito, soprattutto in questo momento di grande disorientamento e di paure per il futuro, come singoli e come membri di una collettivita' e che significa ricorrere a tutti gli strumenti della conoscenza e della creativita' umana".

Il Riformista - 23/10/2008

domenica 26 ottobre 2008

Ogni tanto il cervello funziona!

Mancuso: multare i clochard non serve a nulla

L' ASSESSORE alla Sicurezza Libero Mancuso, sul caso della multa da 742 euro al clochard di piazza San Francesco, annuncia che il Comune «sta studiando sanzioni alternative, perché multare un non abbiente è non realizzare nulla». Ma intanto l' Ascom difende l' operato dei poliziotti municipali, mentre l' associazione degli Avvocati di Strada fa sapere che sono una cinquantina l' anno le sanzioni comminate ai clochard che bivaccano sotto le Due Torri o che salgono sui bus senza biglietto. C' è chi ha accumulato sino a 15 mila euro in "foglietti gialli". Ma il caso dell' uomo multato in piazza San Francesco in modo tanto "salato" sembra unico. Quello dei vigili, secondo il direttore Ascom Giancarlo Tonelli, «è stato un intervento corretto e opportuno. Più volte gli associati hanno segnalato i disagi arrecati da questa persona, che vive fuori dalle regole». Agli agenti Tonelli esprime «condivisione», augurandosi che gli interventi anti-bivacco proseguano. L' assessore Mancuso stigmatizza poi il comportamento di chi dice «"non ti multo perché sei povero"; al massimo, si può ridurre la sanzione, ma si deve anche tenere conto di chi è recidivo e non rispetta i regolamenti. La persona di cui parliamo vive di espedienti ed è stata più volte denunciata. Gli è stato inflitto il foglio di via obbligatorio perché qui non ha nessuno strumento per sopravvivere e da tre anni dimora abusivamente in città, nonostante l' obbligo di andarsene». Secondo l' assessore alla Sicurezza, Marco Farfallucci deve allontanarsi da Bologna o «sottoporsi alla tutela dei servizi sociali. Gli oggetti che recupera dai cassonetti non li può tenere, gli devono essere tolti. Per ottenere protezione e assistenza, deve rispettare le regole come tutti».

sabato 25 ottobre 2008

Cri Milano

Da Piazza Affari al Duomo

Viaggio nella notte dei clochard

Un giro tra i quartieri milanesi assieme ai volontari dell'iniziativa
«La Cri per i clochard»: tra sofferenza e anche un po' di ironia


Uno dei clochard intervistati nel nostro video

MILANO
- L'appuntamento è dopo cena nella sede provinciale della Croce Rossa di Milano in via Pucci, proprio di fronte alla sede della Rai. Da qui ogni sera una squadra di volontari gira la città per assistere gli emarginati. «Distribuiamo tè caldo, coperte, biscotti, sacchi a pelo e tutto quello di cui un senzatetto può aver bisogno nelle gelide notti invernali», racconta Marco Tozzi, responsabile delle Unità di strada che fanno parte del progetto "La Cri per i Clochard". Un'iniziativa nata nel 2001 e che da allora ha assistito migliaia di senzatetto distribuendo 1.500 kg di alimentari, 3.000 litri di tè caldo, 500 tra sacchi a pelo e coperte.

LE TAPPE - Marco, Gianni, Laura, Cristina e Ivana (crocerossina sottotenente) sono i miei compagni di viaggio. La prima tappa è piazza degli Affari, i ricchi da una parte, i poveri dall'altra. Si guardano e si sorridono, come ci racconta Thomas. Lui, romeno, dorme sul cartone sotto i portici con a fianco il suo computer portatile con cui realizza nuovi software e con cui un giorno spera di diventare un colletto bianco. Ma la contraddizione continua... Tocca a piazza Duomo, corso Vittorio Emanuele e la Galleria. Qui di giorno c’è la Milano della Moda che contrasta con la notte con la Milano dove "l'abitazione è pret-a-porter" perché il cartone si apre, si piega e si porta via. Di giorno i grandi sarti milanesi, di notte gli architetti del minimalismo funzionale. Proprio di fronte alla Chiesa di San Carlo molti clochard aspettano il furgone. Si forma una piccola fila di gente. Alcuni chiedono un paio di calzini, altri della biancheria pulita. Largo Corsia dei Servi invece sembra un campeggio: ci sono molte tende e cartoni. Il silenzio è rotto solo dal faticoso russare. A pochi metri la Chiesa con le porte rigorosamente chiuse. Sono tanti i clochard che al letto di un dormitorio comunale preferiscono il marciapiedi. Ce ne sono anche in piazza Mercanti, in via Messina, al Velodromo Vigorelli, in Corso Buenos Aires, in piazza Carbonari, al quartiere Calvairate, alla Stazione di Lambrate.

AUTONOMIA - Molti di loro anche questa notte dormiranno con qualcosa nello stomaco e soprattutto si addormenteranno con una frase gentile e con il sorriso dei volontari. Un'azione che la Croce Rossa compie in totale autonomia a seguito della decisione del Comune di Milano che ha appaltato il servizio "Emergenza Freddo" a una sola associazione «con una gara d’appalto al ribasso tagliando fuori tutte le altre che negli anni scorsi avevano agito in coordinamento e con grande efficacia», come denuncia il presidente Alberto Bruno. Finisce qui il piccolo viaggio tra coloro che hanno abbandonato la casa, il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e, a volte, perfino la propria vita.

Nino Luca
corriere della sera.it

http://www.corriere.it/vivimilano/cronache/articoli/2008/02_Febbra/07/notte_senza_tetto.shtml


dal sito : http://www.crimilano.it/unita_di_strada.htm

Nel gennaio 2001 il Comitato Provinciale di Milano della CRI ha deciso di istituire un servizio di

assistenza in strada rivolto ai senza tetto che gravitano sulla città durante le ore notturne.

Il personale delle diverse componenti volontarie provvede ad offrire bevande calde zuccherate e brioche, i

niziando alle ore 22, per concludere verso le 3 del mattino.

Il servizio è svolto in collaborazione con le altre associazioni presenti sul territorio e con l'Assessorato alle

Politiche Sociali del Comune di Milano, presso il quale vengono tenute periodiche riunioni per coordinare gli

interventi e suddividere le zone di competenza.

Insieme alle bevande e alle brioche, l'unità di strada è in grado di distribuire coperte, vestiario, saponette,

dentifrici e biancheria intima e, dallo scorso inverno, anche cibo in scatola e cioccolata;

grazie all'aiuto dell'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Milano, sono inoltre disponibili dei

sacchi a pelo.

L'attività è svolta durante tutto l'anno, con un minimo di due uscite settimanali nei mesi estivi, per arrivare

alle quattro durante il periodo invernale. Il servizio non viene così sospeso nel periodo estivo, occasione

questa per continuare il rapporto umano instaurato con gli assistiti . Siamo convinti che l'utilità del servizio

non stia solo nella distribuzione di bevande e altro, ma soprattutto sia nel dare a queste persone la

possibilità di trovare un interlocutore a cui raccontare i propri problemi ed il proprio disagio.

La regolare presenza in servizio di Infermiere Volontarie consente un primo screening medico, che a volte

si traduce nella richiesta di intervento del nostro medico volontario, attivato in presenza di patologie

durevoli (influenza, polmonite) ed inviato in una delle sere successive alla segnalazione.

> Segnalazione online di clochard <

Per segnalazioni o richieste di maggiori informazioni contattaci alla e-mail unitadistrada@crimilano.it




venerdì 24 ottobre 2008

"L 'Etica" di Spinoza

Tratto da "l' Etica" di Spinoza

il problema della disparità di ricchezze.
Secondo Spinoza non può essere risolto dalla beneficenza privata: «supera di gran lunga le forze e l’utilità dell’uomo privato portare aiuto a ogni bisognoso. Le ricchezze dell’uomo privato, infatti, sono di gran lunga impari a soddisfare tale bisogno. La capacità, inoltre, di un solo uomo è più limitata di quanto occorra
per riunire a sé tutti con l’amicizia, per cui aver cura dei poveri è compito di tutta la società, e riguarda soltanto la comune utilità» (E 4 app cap17). La soluzione al problema della povertà non è più nella carità medievale dei privati o delle istituzioni ecclesiastiche, perché è un problema di rilevanza comune, dal momento che intacca la reciprocità degli affetti sociali e deve essere risolto a livello comune.

D'accordo ma qualcuno nel suo piccolo deve pure iniziare.........

mercoledì 22 ottobre 2008

La follia continua!!

IL RAID DI PIAZZA CHIESA
Bastonato dopo il passaparola tra i giovani: lo straniero sarà denunciato, la polizia cerca il gruppo.

I 15 ragazzi hanno aggredito il senzatetto a Colline perché nella notte era saltato addosso a una loro amica.

LIVORNO - Non c'è più l'ombra del dubbio: è stata una spedizione punitiva. Eseguita da ragazzi che intendevano vendicare l'aggressione a un'amica, avvenuta durante la notte, proprio in quella piazza. La Squadra Mobile ha impiegato il tempo di un'idea per intuire che i due episodi fossero collegati. L'intuizione, nel corso della giornata e infine in serata, è diventata una teoria sempre più solida. Ora il problema sta nell'identificare chi materialmente ha partecipato al raid che ha mandato all'ospedale Jiri Hudecek, 27 anni, originario dalla Cekia.

ORE 1,45: L'AGGRESSIONE ALLA RAGAZZA DI 19 ANNI E' notte fonda quando avviene il precedente, la miccia che fa esplodere l'intera catasta di dinamite. Una ragazza di 19 anni sta rincasando dopo aver passato la notte tra sabato e domenica con gli amici. Abita nella zona tra l'ospedale e via del Risorgimento. Nota un cane abbandonato in strada. Capisce che appartiene a uno dei senzatetto che abitualmente dormono vicino a un cespuglio, in piazza Damiano Chiesa. Quindi prende il cane (che è uno dei due che tiene il giovane di 27 anni poi picchiato) e lo avvicina al giaciglio dei clochard. Prova anche a svegliarli, invano. Allora decide di riagganciare il guinzaglio al collare. Ma proprio in quel momento il ceco si sveglia, capisce fischi per fiaschi e inizia a inveire contro di lei. La insulta, le dà un paio di schiaffi, la strattona. Lei si spaventa, si ritrae. Nella baruffa, dice la polizia, lui le tocca anche un seno. Lei fugge verso il loggiato della circoscrizione, in via Menasci. Urla ancora e finalmente scendono alcuni abitanti così il senzatetto torna al suo giaciglio. Le volanti della polizia, però, arrivano e ricostruiscono in fretta la vicenda. Identificano il giovane e invitano la ragaza, atterrita, alla querela. Che è stata presentata e quindi la polizia gli contesterà anche la violenza sessuale. Un reato che conosce bene, visto che ha almeno 4-5 precedenti del genere (tra violenza sessuale e atti osceni) alle spalle.

LA SPEDIZIONE PER VENDICARE L'AMICA Sono le 19,15 circa quando qualcuno chiama il 113. Parla di una rissa, non si capisce bene cosa sia successo. Quando arrivano sul posto, invece, le Volanti della polizia e l'ambulanza della Misericordia trovano un'altra storia. In realtà quel giovane di 27 anni che giace ferito con la testa aperta da bastoni e altri strumenti, alcuni metri dal monumento che - per paradosso - è stato elevato in nome "della pace e della libertà". I testimoni sono a dir poco reticenti. Nessuno sembra aver visto niente o nessuno. Si sa solo che erano tra 10 e 15, che in mezzo forse c'era pure una ragazza e che sono fuggiti in scooter. Una delle due Volanti si mette a cercarli, l'altra segue Hudecek all'ospedale. A fatica gli agenti e i volontari riescono a convincerlo a salire sull'ambulanza. E' riottoso, recalcitrante, maltratta i suoi soccorritori: "Cosa volete? Andate via". Sul momento non si capisce perché di quel comportamento. Poche ore dopo, mattinali alla mano, il motivo spunta fuori. Lo straniero, infatti, sa benissimo perché sono spuntati quei ragazzi armati di bastoni e di chissà cos'altro.

GLI SVILUPPI DELLE INDAGINI Durante la giornata di ieri la Squadra Mobile ha lavorato a ritmo forzato per cercare di risolvere un caso che ha fatto rapidamente il giro di tutte le televisioni d'Italia. Un primo elemento emerso dal lavoro degli uomini guidati da Marco Staffa è la quasi certa esclusione di uno dei due episodi, il meno grave, da quelli che possono dare contorni più definiti e soprattutto un movente all'aggressione a Hudecek. Si racconta, infatti, che domenica pomeriggio fuori da un bar di via Lorenzini dove si riuniscono di solito i ragazzini del quartiere il ceco avesse organizzato un altro suo "show": si era denudato. Ma in questo momento la questura sembra escludere che questo caso, se avvenuto, possa essere collegato. Già durante la giornata di oggi, tuttavia, potrebbero arrivare altre novità.

Diego Pretini - Corriere di Livorno 21/10/2008

Storie di ordinaria follia!

PIAZZA DAMIANO CHIESA - Livorno

Il gruppo ha circondato lo straniero mentre stava chiedendo l'elemosina, poi sono iniziate le violenze.

Giovane clochard di origine ceca aggredito da una quindicina di ragazzini, poi fuggiti in scooter.

LIVORNO - Un'aggressione gratuita. Da parte del branco, l'unica forza di una quindicina di ragazzi, alcuni armati di bastone, tutti armati di prepotenza. Botte apparentemente date senza motivo e per giunta pochi minuti dopo che il sole era calato, con le auto che continuavano a passare a pochi metri. Ma loro non si sono preoccupati di niente. Hanno picchiato e picchiato ancora, finché qualcuno non dev'essersi accorto che era l'ora di andare e quindi ha lanciato la ritirata. Un'esecuzione, un duello impari tra chi era forte del proprio scooter con il quale scappare e del gruppo del quale faceva parte e chi invece stava semplicemente chiedendo l'elemosina, emigrato e ultimo della società. A terra è rimasto un senzatetto originario della Repubblica Ceca che in serata si trovava ancora ricoverato al pronto soccorso per le cure e gli accertamenti del caso. Tutto è successo ieri, intorno alle 19,15 in piazza Damiano Chiesa, a Colline. A due passi la filiale della Cassa di Risparmi. E poi il semaforo al quale si fermano molte auto ogni minuto. Tuttavia gli agenti dovranno spiegare, sconsolati, che le persone presenti al momento del loro intervento erano "particolarmente reticenti". Nessuno aveva visto o sentito niente. Nessun segno particolare. Né lo scooter, né il colore, né una cifra della targa. I fatti, dunque. Il gruppo di circa 15 ragazzi si avvicina improvvisamente allo straniero che sta chiedendo l'elemosina, in ogni caso, dicono i soccorritori, si faceva i fatti suoi. Circonda il giovane (27 anni). Poi partono le botte. I ragazzi (che vengono definiti "ragazzini", dunque verosimilmente anche minorenni, visto anche che viaggiavano a bordo di "cinquantini") iniziano a colpire a mani nude, con i calci, ma spuntano anche bastoni, piccole spranghe. Dura tutto qualche manciata di secondi. Il tempo di provocare un bozzo in testa allo straniero. Poi qualcuno chiama la polizia. Sul posto arrivano due volanti, una delle quali seguirà il ferito all'ospedale per sentire il suo racconto, mentre l'altra inizia a girare per cercare di individuare gli aggressori. Lo straniero pestato, invece, è stato portato all'ospedale, anche se a fatica visto che era particolarmente riottoso nei confronti degli agenti e del medico del 118. All'ospedale gli sono stati applicati alcuni punti di sutura in testa, dove presentava anche un bernoccolo per il quale i medici hanno effettuato anche ulteriori esami. E' rimasto l'intera notte in osservazione. La polizia cerca intanto i suoi aggressori.

di Diego Pretini - Corriere di Livorno 20/10/2008

venerdì 17 ottobre 2008

45 giri sotto i ponti di Milano

"Vivo rispondendo all’indifferenza con la gentilezza e forse sto meglio di tanti"

C’era al provino di Springsteen;

ha lavorato con Presley;
ha girato film con Quinn e Tognazzi;
ha scoperto la Rettore;
i suoi brani hanno venduto milioni di copie...
Oggi Roye Lee (americano in Italia da 50 anni) vive da barbone vicino a un megastore di dischi.


http://www.royelee.com/pdf/Avvenire.pdf

giovedì 16 ottobre 2008

Forse non sono più uno o due a fare l'elemosina!!


In Italia è allarme: la povertà riguarda 15 milioni di persone

Il rapporto della Caritas: occorre riformare la nostra spesa sociale

ROMA.
Si allarga l’emergenza povertà in Italia , un Paese con tali squilibri sociali da ricordare il Sudamerica. Secondo il Rapporto sulla povertà in Italia elaborato dalla Caritas Italiana in collaborazione con la Fondazione Zancan «l’emergenza sociale riguarda 15 milioni di persone», quindi non solo i 7,5 milioni di persone ufficialmente sotto la soglia della povertà, ma altrettanti che «si collocano poco sopra, e quindi sono da considerare ad alto rischio». Il rapporto denuncia le «profonde disuguaglianze» nel nostro Paese, dove «il quinto delle famiglie con i redditi più bassi percepisce solo il 7,0% del reddito totale» mentre «il quinto delle famiglie con il reddito più alto, percepisce il 40,8% del reddito totale». L’Italia, quindi, si avvia a una situazione di sperequazione sociale che ricorda quella di alcuni paesi dell’America Latina. Mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana si è chiesto: «Assistiamo in questi giorni a montagne di soldi pubblici che, con il giusto accordo di tutti, corrono al capezzale della grande finanza e delle imprese in crisi per tentare di mettere in atto un salvataggio. Perchè non fare altrettanto per soccorrere chi lotta quotidianamente per sopravvivere all’indigenza e alla precarietà?». In Italia - dice il rapporto - sono povere le famiglie con anziani (soprattutto se non autosufficienti) ed è povero un terzo delle famiglie con tre o più figli. Avere più figli o i nonni in casa aumenta cioè il rischio di povertà, mentre in Norvegia con più figli il tasso di povertà si abbassa. Secondo i dati Istat, citati nel Rapporto Caritas-Zancan il 13% degli italiani è povero, in quanto vive con meno di 500-600 euro al mese. Il 48,9% delle famiglie povere vive al Sud. Altro punto dolente evidenziato dal rapporto la posizione rispetto agli altri Paesi Ue. «Insieme alla Grecia e all’Ungheria - si legge - siamo in Europa l’unico Paese non dotato di misure basilari di intervento» contro la povertà. «Paesi come l’Inghilterra - ha ricordato mons. Nozza - destinano alla lotta all’esclusione sociale l’1,7 per cento del Pil, contro lo 0,1% italiano. Mentre in Europa la media è dello 0,9%». Gli altri paesi, ha aggiunto, hanno varato «un piano che l’Italia non ha e non ha mai avuto». Tra le proposte contenute nel Rapporto: l’adozione di una misura universale di sostegno al reddito; nel mezzogiorno investire in servizi pubblici essenziali; tutelare anziani e portatori di handicap, che costituiscono una «emergenza» per molte famiglie italiane; nella crisi degli alloggi intervenire con sostegni agli affitti, garanzie ai proprietari e edilizia pubblica.

La Stampa.it 15/10/2008

lunedì 13 ottobre 2008

Consiglio Letterario!


Un uomo che chiamano clochard


di Michel e Colette Collard Gambiez

Edizioni Lavoro / Esperienze / Macondo libri, pagine 381

Un ex frate francescano e un' infermiera, Michel e Colette Collard - Gambiez, raccontano in un libro la loro esperienza tra i "barboni" Clochard, se questa e' una vita romantica.

Piu' giovani e soli: cosi' e' cambiata la condizione dei senzacasa. Tra miseria e violenza Sono morti piu' di una dozzina di clochard a ridosso del Natale, soprattutto a Roma, sulle panchine, sui cartoni stesi nelle nicchie delle case, su mucchi di stracci agli angoli delle piazze, tra le lamiere di roulottes a pezzi. Per il gelo, per antiche privazioni. Sullo sfondo dei luccichii del Giubileo quelle morti sembrano ancora piu' amare. Nessuno, gia' adesso, ricorda Ben Chaar Zouhaier, Mario il pirata, Taddeus Sabala, Giampaolo, Anna, Heidi, nomi di un mondo alla ventura. L' indifferenza sociale nei loro confronti, spesso l' ostilita' , sono quasi sovrane, anche se non sono poche le persone - associazioni, Comuni, gruppi religiosi e laici - che si prodigano per trovare un rifugio e una mensa per i poveri senza casa e senza pane. Azione non facile perche' chi ha gettato via la propria vita rifiuta spesso un aiuto costante e qualsiasi regola. Chi sono. C' e' chi li chiama anche zanard, giovani di periferia allo sbando, o anche routard, uomini di strada che vivono di espedienti. Qui da noi, in troppi, li chiamano barboni. Anche Carlo Emilio Gadda, piu' anarco - espressionista che pietoso, nell' Adalgisa li definisce cosi' : "Vagabondi (argentino: atorrantes; milanese gergale: barboni) che, toltasi la giacca o una maglia, o peggio, vi passano in rassegna i pidocchi". + un mondo segreto, quello dei clochard, che si porta addosso un gran numero di pregiudizi, di leggende, di luoghi comuni. Michel e Colette Collard - Gambiez hanno vissuto per anni in Francia e in Belgio con questi dannati e dalla loro lunga esperienza hanno tratto un libro di testimonianza: Un uomo che chiamano clochard, diario di comunanza cristiana, specchio di vita quotidiana, pegno di affetto. Piu' che un' opera con velleita' letterarie e' un manufatto bollente che rivela dal vero l' esistenza di questi uomini e di queste donne. Non certo sinonimo di liberta' , che e' artificiale, non reale. L' idea del clochard felice e' un paradosso privo di significato: i suoi giorni fatti di durezza, di aggressivita' , di cattiveria, di solitudine. Il bisogno costante di affettivita' resta inespresso, rivelato soltanto qualche volta da un piccolo gesto, uno sguardo, un sorriso. Michel Collard, che ora ha 52 anni, comincio' a vivere da uguale con i clochard nel 1983. Frate francescano, si muoveva nel mondo della grande miseria nella scia del Santo del Cantico delle creature. Poi lascio' l' ordine e nel 1992 si sposo' con Colette Gambiez, un' infermiera piu' giovane di dieci anni che condivise la sua vita vagabonda, a Parigi, a Bruxelles, a Rouen, a Liegi, ad Amiens. Non sono pochi, nella storia del mondo, quelli che hanno voluto provare per conoscere, passare dall' altra parte, identificarsi. Simone Weil, per esempio, l' intellettuale, filosofa e politica, che visse la vita di lavoro manuale alle officine Renault e la rappresento' nel suo diario La condizione operaia. Duro' otto mesi quella sua dura esperienza. Michel e Colette continuano da anni, e sono diventati ambasciatori, quasi, di quell' umanita' sradicata battendosi con pazienza e con coraggio per migliorare fin dove e' possibile la vita dei loro amici di strada, impiantando comunita' , parlando e trattando con gli uomini della societa' civile e politica. Dormono anche loro sui cartoni, vanno a cercare i rimasugli di cibo nei bidoni della spazzatura vicino ai ristoranti, vivono la stessa vita dei loro compagni d' avventura negli squat, le case abbandonate o occupate, e nelle bidonville. Negli ultimi due decenni i clochard sono mutati. Non piu' , soltanto, i vecchi mendicanti dell' iconografia: sulle strade sono arrivati moltissimi giovani, drogati, alcolisti, senza lavoro da sempre e senza speranza. Quell' universo e' diventato forse piu' aspro anche perche' le sperequazioni tra ricchi e poveri nella felice Europa si sono fatte piu' profonde. Il libro di Michel e Colette e' un abecedario della miseria. Non esiste solidarieta' tra i poveri: e' soltanto un' idea romantica dei ricchi. La giornata e la notte del clochard e' fatta di appuntamenti, quasi ossessivi, legati alla ricerca del mangiare e del dormire. La stazione, il ricovero, il portone, il garage, la cantina sono gli appigli fissi, spesso i miraggi. La provvisorieta' e' un elemento essenziale della vita dei senzacasa, come la noia infinita. Il chiedere l' elemosina non e' un gesto automatico: per alcuni e' come un lavoro, per tanti e' motivo di vergogna, c' e' chi si droga per trovare il coraggio di stendere la mano. Il mondo esterno, nemico e amico, e' il poliziotto, il ferroviere, il vigile, la guardia notturna, il prete, la suora. La violenza, il disprezzo del prossimo sono dati per scontati. Lo stupore e' maggiore di fronte alla gentilezza che alla bonta' . Il desiderio conscio o inconscio e' di venir trattati da uomini. La psicologia del povero applicata ai suoi bisogni e' elementare e insieme complessa. I posti di accoglienza sono spesso gelidamente efficienti: il cuore deve contare come lo stomaco, altrimeni la disumanizzazione prevale. Scrivono Michel e Colette: "Questo libro vuole essere un invito a uscire da se' , dal proprio universo, per avere il coraggio di vivere un incontro con la persona abbandonata e rompere cosi' il cerchio in cui sono rinchiusi i poveri. Un invito a usare riverenza nei loro confronti, e dar prova di generosita' , di bellezza e di bonta' invece che di sospetto, d' inquisizione, di calcolo".

domenica 12 ottobre 2008

Una notte alla Fara ( Chiavari - Genova)

Nel Ventennio era la monumentale prova della potenza del regime imperialista fascista. Dieci piani che svettano in cielo, una struttura all’epoca avveniristica, adagiata a pochi metri dal mare di Chiavari, nella più classica rappresentazione dell’architettura in stile littorio.

Ora è un simbolo di degrado urbano. Ora è una tappa, per i clochard romeni, nel loro migrare da nord a sud. Alla ricerca di posti più caldi. «Colonifari», dice Florin. Ripetendo quel nome, storpiato dall’italiano, che qualche connazionale gli ha sussurrato all’orecchio, a Genova. «Se vai nel Tigullio non ci sono molti posti per dormire - uno è Colonifari. Ma ci devi stare poco: un giorno o due. Mai accendere fuochi, mai usare candele di notte: troppe finestre, troppo grande il rischio che qualcuno chiami i vigili. mica è un campo nomadi per noi. Là non ci vogliono...».
Florin, 45 anni, romeno. Professione? «Mendicante. Ma ora finisco sul giornale? Non fa nulla domani prendo l’intercity e vado giù, verso Roma». Sei un ladro? «Sì, lo ero. Abilissimo coi portafogli. Ma ora no, chiedo un aiuto a chi me lo può dare». L’hotel degli “invisibili”, foresteria dei disperati. Ha un panorama imbarazzante: mare, mare, e ancora mare. Dorme al primo piano, Florin. Una coperta a terra, tra lo sporco. E una scatola di scarpe in cui ripone un po’ di cibo: frutta, biscotti, e un cartone di “tavernello”. «Me li dà un ristoratore, ma di nascosto, lui non vuole che gli altri vedano che mi aiuta».

La colonia Fara, di proprietà del Comune di Chiavari, è impantanata da tempo in un bando internazionale di gara per la sua alienazione e trasformazione, presumibilmente, in una “sciccosa” struttura ricettiva a due passi dal mare. A metà di un guado, irto di insormontabili vincoli edilizi, sospesa in bilico tra rilancio (ancora da venire) e degrado, sotto gli occhi di tutti. Cade a pezzi, la Fara: ventimila metri cubi di cemento, per dieci piani. Posati lì, a invecchiare. La base d’asta è dodici milioni di euro. Ma ogni pezzo di intonaco che cade, ogni vetro che un teppista infrange, il prezzo scende.
E intanto Florin ha abitato, per qualche notte, al suo interno. «Non ho rotto niente, giuro. Non ci sono più famiglie qui: un tempo, sì, c’era una coppia con un bambino piccolo. Di sopra ci sono ancora i suoi giocattoli. Uscivano all’alba e rientravano alla notte. Solo così puoi stare qui. Ora ci sono solo io...». Statistiche, sulla presenza dei romeni nel Tigullio, non ce ne sono. Ma la Caritas diocesana di Chiavari sta raccogliendo i dati su questi migranti, che dal primo gennaio 2007 non sono manco più “clandestini”, “irregolari”. Solo invisibili.
«Pubblicheremo l’anno prossimo le prime statistiche sulla presenza e sul passaggio, nel nostro territorio, di cittadini romeni - spiegano dalla segreteria dell’ente assistenziale - abbiamo centri d’ascolto, mense per poveri. Ma per dormire, nel Tigullio, non ci sono strutture appositamente studiate per i senza tetto dell’Est».



Secolo xix - 12/10/2008

http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/levante/2008/10/12/1101811446095-notte-fara-rom.shtml

venerdì 10 ottobre 2008

Lucy scritto da Eleonora

Lucy

Stamattina ho conosciuto Lucy.
E' una signora sulla 60ina che passa le sue giornate sotto il sole a Largo Argentina, seduta su una sedia di plastica resa più confortevole da un cuscino mezzo scucito, con un curioso cartello di cartone vicino a lei che recita : "Sono povera ma felice. Aiutatemi, Grazie".
Se siete di roma e bazzicate il centro l'avrete sicuramente vista.
Io l'avevo vista mille volte e stamattina, dopo esser andata in banca, ho preso 2 euro e glieli ho portati.

Lei stava sistemando la sua sedia mentre mi avvicinavo e mi ha fatto un sorriso enorme quando le ho lasciato quelle due monete.
Le ho chiesto il nome e mi sono accorta che non parlava l'italiano ma solo l'inglese.
Ero veramente incuriosita da questa donna che, con i suoi occhioni scuri, truccati con un improbabile ombretto color verde acqua, che le sta benissimo, continuava a guardarmi quasi con amore. "Are you happy, Lucy?"
E lei :"I have no money, 'cause I've no job. I've not an housband...but I'm STILL happy! God makes me feel so" indicando il sole e continuando a sorridere, con quel sincero sorriso di pace e armonia.
Resto veramente colpita dalla totale congruenza e coerenza nel modo i cui mi diceva queste cose. Tutto il suo corpo, i suoi gesti, la sua voce mi trasmetteva una serenità e una gioia fuori dal comune.
"For me is not so easy..." dico io.
"Oh yes!! IT IS!! Is like when you walk and dance at the same time...I've seen you before!"
E' come quando io cammino e ballo allo stesso tempo...è una cosa che mi viene automatica, è vero! E lei mi aveva già vista e aveva notato questa cosa!!
Rimango senza parole e cominciano a riempirsi gli occhi di lacrime, non riesco a trattenerle eppure mi viene da ridere e mi scoppia il cuore davanti a questa persona stupenda che contina a farsi baciare dal sole.
Mi racconta che è nigeriana e che vive tra Roma e Bologna, tre settimane in una città, tre nell'altra...

Grazie Lucy, sei meravigliosa!
"Can I hug you, Lucy?"
E ci abbracciamo così, con semplicità, col cuore, come se la conoscessi da sempre. Un abbraccio lungo, caldo e profumato di vita, di Africa.

"Have a nice day, my dear".
"Anche tu, Lucy! Thank you"

http://aranciamara.blogspot.com/

mercoledì 8 ottobre 2008

Nei panni di un clochard

di Gabriele Menegatti

Quella della settimana scorsa è stata un'inchiesta molto particolare,
probabilmente una delle più impegnative che personalmente mi sono trovato
a vivere da quando svolgo l'attività di reporter per Talk Radio – Voci nella Notte.
L'argomento da noi analizzato riguardava i clochard od homeless o, come si dice
da noi, barboni. In più di un'occasione in passato avevamo affrontato
tale tema, ma questa volta il compito doveva essere svolto in maniera
diversa. Infatti, dopo essermi camuffato in modo tale che anche il
mio vicino di casa avrebbe avuto problemi a riconoscermi, dovevo sostare
sulla strada recitando la parte di un senzatetto. Virgilio, reporter-sociologo,
nel frattempo avrebbe raccontato e commentato in diretta ciò che mi
accadeva, mantenendosi rigorosamente ad una certa distanza.
La nostra avventura è cominciata intorno a mezzanotte e mezza in coincidenza
con l'inizio della trasmissione. Dopo essermi accordato con il mio complice
riguardo dinamiche e tempistica degli interventi con lo studio, mi sono diretto,
armato di cartone e cappello per eventuali elemosine, su via del Corso,
meta scelta come prima tappa del nostro singolare tour.
Il primo forte impatto con la cruda realtà di un barbone l'ho percepito
quasi subito ed i protagonisti di quel brusco ingresso nel mondo dei clochard
sono stati due ragazzi, fidanzati credo. Mentre si avvicinavano alla mia
postazione tenendosi per mano, i nostri sguardi si sono incrociati per alcuni
istanti. Mi sentivo molto imbarazzato, probabilmente un pochino lo erano
anche loro, poi, sempre mantenendo il passo, si sono stretti in un abbraccio,
quasi che reciprocamente cercassero conforto l'uno dall'altra. Non credo
fosse bisogno di sicurezza, ero sdraiato a terra, non mi muovevo, non
potevano aver paura. Piuttosto, sembrava volessero isolare, lasciare fuori
una così brutta e scomoda immagine che si erano trovati davanti, mentre
passeggiavano spensieratamente per il corso.
Dopo aver rotto il ghiaccio con la coppietta sopracitata, ho iniziato sempre
più frequentemente a cercare il contatto, a livello di sguardi ovviamente,
con gli altri passanti. Ciò nonostante uno degli episodi che più mi ha colpito
è stato uno sguardo mancato, cioè una dimostrazione di totale indifferenza
da parte di una ragazza che, oltre a non accorgersi apparentemente di me,
ha ignorato anche il cappello posizionato ad un metro dal sottoscritto,
arrivando addirittura a calpestarlo. E' brutto pensare che l'abbia visto e
di proposito ci sia passata sopra, ma forse è ancora peggio che non si sia
accorta di una persona, in evidente difficoltà, sdraiata per terra su di un
marciapiede neanche troppo largo: Marco Berry delle Iene li chiama invisibili.
Dopo aver costatato che il flusso di persone in via del Corso iniziava a
diminuire, abbiamo deciso di spostarci verso Corso Vittorio, precisamente
all'inizio della via che porta a Campo de’ Fiori. Una volta sistemato
l'armamentario nei pressi del semaforo pedonale, mi sono soffermato
dietro un muretto per qualche minuto con Virgilio, insieme discutevamo
riguardo le mosse successive da adottare. In quel lasso di tempo è avvenuta
la cosa più simpatica della serata, infatti un tassista che stava ascoltando la
trasmissione, ci ha riconosciuto ed ha rallentato per salutarci: come amerebbe
dire Michele, questa è la magia di Talk Radio – Voci nella Notte.
Purtroppo al ritorno in postazione mi attendeva una squallida sorpresa: il
cappello con le monetine (80 centesimi in tutto) da me posizionate per
rendere più credibile il tutto, era sparito.
Beh! complimenti all'autore del gesto eroico,
in tasca avevo qualcosina in più di 80 centesimi e, se me li avesse chiesti, sarei stato felice di aiutarlo.
Poveraccio! (nell'animo).

A quel punto, intenzionato a recuperare la somma persa, ho deciso di iniziare
ad interagire con i passanti chiedendogli l'elemosina. Dopo una lunga serie
di tentativi andati male, forse anche per via del mio aspetto poco
rassicurante, sono riuscito a fermare un signore che, dopo aver frugato
accuratamente nelle tasche, ha tirato fuori una moneta da dieci centesimi.
Prima di porgermela però, ha tenuto a precisare che non era pienamente
d'accordo con quel genere d'azione, dubbioso sul come avrei potuto spendere
quei soldi. Anche se non l'ha espressamente detto, era palese a cosa si
riferisse. Dentro di me ho pensato che comunque sarebbe stato piuttosto
difficile procurarmi dello "sballo" con quella cifra. Però, in ogni caso andava
premiato il gesto, in fondo era l'unico della serata che, anche se in maniera
light, aveva messo mano al portafogli. A quel punto mi sono presentato
spiegandogli che era tutta una messa in scena e, nonostante l'arrivo di Virgilio
in veste di rassicuratore, la nostra "vittima" sembrava essere molto confusa,
rifiutando addirittura la restituzione della monetina: effetto candid camera.
Si erano fatte le tre meno cinque, la serata era giunta al termine, perciò,
una volta salutato lo studio e gli ascoltatori, ci siamo avviati verso la macchina.
Ovviamente due ore e mezza sdraiato su di un marciapiede non possono avermi
insegnato cosa significhi vivere quel tipo di vita, vivere nell'emarginazione e
nell'indifferenza altrui. Nonostante mi fossi immedesimato moltissimo nel
ruolo che stavo interpretando, affrontavo tutto ciò nella consapevolezza
(rassicurante) che quello era solo un incarico di lavoro, era l'operativo della
serata che, se vogliamo, poteva essere vissuto anche come un gioco, forte
del fatto che una volta impartitomi il "rompete le righe" da parte di Michele,
una volta che lo stesso avesse pronunciato il tradizionale "buongiorno Roma",
sarei potuto correre a casa, nella mia confortevole casetta, ad infilarmi sotto
la doccia dopo aver cestinato i panni luridi che indossavo, per tornare ad
essere una persona definibile, da chi mi circonda, "normale".
Però nonostante ciò ho avuto modo di provare delle particolari sensazioni
e di raccoglierne altrettante da quei passanti che, anche senza guardarmi,
dimostravano di aver avvertito la mia presenza. Come ho già detto questa
esperienza non può avermi fatto capire pienamente cosa possa significare
essere un barbone e, sinceramente, spero di non arrivare mai a scoprirlo al
100%... Posso comunque dire di essermi avvicinato, seppur di poco, seppur
per poco, al loro mondo, alla loro condizione e realtà e di essere stato per
un paio d'ore un'invisibile o quanto meno, meno visibile del solito.

(24/09/2007)
http://www.micheleplastino.net/inchieste.aspx?ln=it&id=20

domenica 5 ottobre 2008

"Clochard" di Raffaele Innamorato

Ho trascorso
nel pianto
della solitudine
la mia vita.
M'illudo di vivere:
non so più chi sono!
Nel mio animo,
nascondo
austere
convinzioni.....
parlatemi di me,
dei miei sogni,
di quello che sono stato per voi!
ho smarrito
la mia voce
e il mio essere me stesso.
Vivo
perchè ho paura
di morire.....


http://memoriedistrada.blogspot.com/2007/07/clochard.html

mercoledì 1 ottobre 2008

Storia di un clochard

a volte, nell'immenso vagare della disperazione, può accendersi una luce...

«Viaggiare è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo, nient’altro che una storia fittizia...» Può essere che Angelo Starinieri, ricco e povero, e poi di nuovo ricco; manager divenuto clochard, e infine di nuovo manager dei suoi amici barboni, dai milioni ai centesimi, su e giù per le montagne russe di un’esistenza esagerata, non abbia mai letto Louis Ferdinand Céline. Ma già quel titolo: «Viaggio al termine della notte», gli piacerebbe, per non dire che un personaggio come il suo ci sarebbe stato bene benissimo - di diritto, anzi - nelle pagine del medico visionario di Courbevoie. Parla di quelli come lui, Céline, quando dice per esempio che «l’esistenza è una cosa che vi torce e vi rovina la faccia».
La faccia di Angelo Starinieri, 70 anni, barba bianca e gli occhi che hanno fatto da spettatori a tante sconfitte, un po’ rovinata lo è.
Lui, l’uomo che con i suoi amici barboni è entrato nel Guinness dei primati perché un giorno gli è venuto in mente di confezionare la torta più grande del mondo (86 metri di giulebbe, se vi sembran pochi...) un libro potrebbe scriverlo domani, se volesse. Un libro per raccontare che l’approdo a un paradiso possibile in cui la speranza, il riscatto, la visione di una felicità infine possibile spesso è lì, a portata di mano. E viene un momento in cui tocca fermarsi, riconoscere che il bene è lì da vedere, basta allungare una mano per coglierlo; e allora tutti i pezzi sparpagliati tornano alla base, e un quadro compatibile, benigno, salvifico infine, va profilandosi. Riconoscerlo, farlo proprio, ecco di che si tratta.
Angelo Starinieri, dunque, 70 anni, quasi sempre vissuto a Como. Manager - marketing, pubblicità, relazioni esterne - di una multinazionale svizzera, ramo orologi. Presidente, a un certo punto, della «Lariana Hockey», «150mila euro investiti in due anni, così...».
Poi il mondo che comincia a girare a rovescio. Un figlio che muore per droga, il matrimonio che va a rotoli, i problemi economici a seguire. Per un anno e mezzo Starinieri viene a vivere a Milano, da un amico. Ma la vita: sempre in discesa. «Uno stato di torpore molto triste», sintetizza lui. Depressione, si chiama.
Lascia la casa dell’amico, prende a gravitare intorno alla stazione di Cadorna. «Dormivo sulle panchine, mi lavavo alla Croce Rossa, mangiavo alla Caritas. Pian piano morivo dentro, sentivo che il cervello mi si spappolava». Poi, la scossa. Una donna che gli passa accanto, e dice al figlio: «Lo vedi? Se non studi finisci come quello lì». Allora Starinieri si alza, si ricorda che una volta, dài, era un uomo. Resta dov’è: ma ricomincia a fare le cose che sapeva fare. Angelo Starinieri ricomincia a vivere a novembre. Si inventa una mostra di pittura: «Suoni e colori: 28884 minuti per gli invisibili». Invisibili come lui. A dicembre, la faccenda della torta, cui mettono mano in una trentina. E i giornali e le telecamere che corrono a vedere.
A marzo, un salotto letterario dove i lettori possono incontrare gli autori: «Leggere un libro per il sorriso di un clochard». E con i soldi messi insieme ecco una bella roulotte dove fare un po’ di cucina, e sette tende nuove di zecca per dormirci la notte. In ballo, altre due buone idee: una piattaforma dove collocare altre tende per i suoi amici e un combino con il Comune per la gestione di alcuni giardinetti della città. La sera, quando tutti i barboni di Cadorna si ritrovano, sembra una famiglia. Lui, il manager che si fece clochard, nelle vesti dell’amministratore delegato degli Invisibili, se si può dire.
Non cambierà vita, Starinieri. Ha detto così: «Non si diventa clochard per scelta. Ma bisogna rispettare il proprio destino». Céline avrebbe sottoscritto.

Fonte: Il Giornale 2008