Genova: morto un senzatetto in centro
I clochard: "Ci hanno buttato le coperte"
Ma le autorità smentiscono: "Al massimo i netturbini hanno tolto i rifiuti"
(30 dicembre 2008) La repubblica
(30 dicembre 2008) La repubblica
“Dormiva in modo palesemente indecente”
E’ la motivazione delle multe di 160 euro distribuite a pioggia dai poliziotti fiorentini ai senza casa sorpresi a dormire in luogo pubblico. Secondo l’associazione di volontariato Aurora, gli agenti sequestrano le coperte e attribuiscono agli homeless la violazione dell’articolo 15 del regolamento di polizia urbana. Una contravvenzione non esigibile? Probabilmente. Forse serve solo a costruire credito per l’ente pubblico. In ogni caso, non sono sicuro che scacciare i brutti e gli sporchi dal centro sia una straordinaria manifestazione di spirito natalizio…
Buon Natale......
Da Repubblica.it del 23/12/2008
RIMINI - Un presepe con un significato tutto suo quello che si sta allestendo in via Flaminia: sta sorgendo al posto della panchina dove il 10 novembre scorso è stato dato fuoco al senzatetto Andrea Severi. E' stato chiesto l'incidente probatorio per stabilire le modalità con le quali hanno agito Alessandro Bruschi, Enrico Giovanardi, Fabio Volanti e Matteo Pagliarani, i 4 giovani riminesi accusati di tentato omicidio.
Per ora c'è la capanna con la stella cometa, in ricordo di quel tragico avvenimento. Il giorno della vigilia di Natale, mercoledì, la capanna sarà riempita con i personaggi del presepe, realizzati dai ragazzi delle parrocchie della Colonnella e di San Giovanni Battista.
Intanto saranno le perizie tecnica e medico legale a stabilire se si sia trattato di tentato omicidio. Bruschi, che pare aver gettato la benzina, ha dichiarato di averla versata intorno alla panchina e non sul corpo di Severi.
Quante migliaia di individui hanno attraversato gli ultimi decenni in completo silenzio, ignorati ed emarginati da comunità intente a difendere la loro normalità. Sono gli Invisibili, persone spesso accantonate dai "normali" con definizioni senza appello: disadattato, barbone, folle. Solo perché lontane dal nostro mondo. Chi sono? Cosa li ha spinti al rifiuto delle regole del vivere civile? In cosa la loro "invisibilità" confina con la follia?
Ci sono anche queste tra le domande al centro di Invisibili, il programma ideato dal direttore di Italia 1 Luca Tiraboschi e condotto da Marco Berry, che presenterà storie di vita raccontante al riparo dai preconcetti, per provare a capire perché alcuni individui non aspirano all'inserimento sociale.
Dopo aver vinto premi di prestigio, tra cui il premio "Flaiano" per la tv, l' "Ilaria Alpi" e il "Telegatto" della critica, torna per la terza edizione.
La trasmissione dà voce a un mondo sommerso, che i "normali" rimuovono e che invece Berry prova in prima persona, vivendo, dormendo con i barboni, guardandoli con rispetto, considerandoli portatori di intelligenza e valori. Dati recenti mostrano che il 18% della popolazione europea, cioè oltre 60 milioni di persone, è a rischio di povertà e di emarginazione sociale, e che circa la metà di loro vive già in condizioni di povertà di lunga durata. Interi nuclei sono esposti a un rischio di povertà particolarmente alto, terreno di coltura per lo scatenarsi di situazioni limite.
Ma al di là del quadro sociale, il punto di partenza del programma è la constatazione che la scelta di rendersi "invisibili" spesso viene generata da un grande dolore, dalla perdita degli affetti e dal crollo delle certezze.
MILANO—Miracolo a Milano: sulla mensa dei poveri della città a Natale verrà servito il caviale. Non è il sequel della sceneggiatura di De Sica e Zavattini, che ai senzatetto della metropoli lombarda dedicarono lo splendido film del ’51. E’ tutto vero: il pranzo «da signori » sarà possibile grazie all’idea di un ispettore del Corpo Forestale dello Stato; lui e i suoi colleghi nei giorni scorsi avevano sequestrato 40 chili di caviale beluga arrivati di contrabbando in Italia. Ma quel bendidio, finito nel frigorifero di una caserma, rischiava di deperire e di essere buttato. «E allora abbiamo pensato di regalarlo ai poveri» racconta Juri Mantegazza, dirigente della Forestale di Tradate (Varese) autore del sequestro alla fine di novembre e ora «custode » della prelibatezza per conto della magistratura. Le uova di storione erano state trovate in vasi anche da mezzo chilo nel frigorifero di una casa di Milano: gli inquirenti erano arrivati lì seguendo due «corrieri » sbarcati in Italia da Varsavia con il carico nascosto e destinato a negozi e tavole natalizie di mezza Lombardia. Il valore della merce è di 400 mila euro. «Le analisi — prosegue Mantegazza — ci hanno confermato che il cibo era ancora perfettamente commestibile, ma che non avrebbe potuto essere conservato a lungo.
E così abbiamo pensato di fare un regalo natalizio a chi non può permettersi il caviale». La procura ha tenuto per sé solo un campione di «beluga» ai fini dell’indagine. Il resto ha già preso la strada di mense di carità, ospizi per anziani, associazioni di volontariato. Le quali di fronte a quel regalo inatteso sono rimaste un po’ perplesse. «Tutto quello che viene donato è bene accetto — commenta don Virginio Colmegna, la cui Casa della Carità è tra i destinatari del caviale — anche se la maggior parte dei nostri ospiti non sa nemmeno cosa sono quelle palline nere. Diciamo comunque grazie senza dare troppa enfasi all’accaduto. Basta ricordarsi che i poveri hanno bisogno di diritti e di dignità, più che di generi di lusso». Dello stesso avviso è don Roberto Davanzo, presidente della Caritas Ambrosiana: «Siamo contro tutto ciò che rappresenta uno spreco: se l’alternativa era gettarlo, ben venga il caviale. In fondo anche i poveri e i clochard hanno diritto per una volta ad assaggiare il cibo dei ricchi». Detto questo, però, il responsabile della Caritas di Milano si concede una riflessione più ampia: «L’importante è che gesti così eclatanti non si trasformino in una sorta di spot o in qualcosa con cui crediamo di lavarci la coscienza. Non possiamo purtroppo illuderci di aver risolto il problema della povertà. Io mi rimetto al dettato del Concilio Vaticano Secondo: occorre eliminare le cause che inducono le persone ad avere bisogno. E per questo è necessario un impegno che abbraccia tutti i 365 giorni dell’anno». Al di là di ogni discussione che un caso del genere indubbiamente suscita, lasciamo che i clochard, gli indigenti gli ospiti delle mense di carità giudichino se le uova di storione sono buone o no. Poi magari sentenzieranno che le cose più importanti nella vita sono altre e al pari dei protagonisti di «Miracolo a Milano» pronunceranno quella magnifica frase: «Vorrei vivere in un mondo dove "buongiorno" significa per davvero "buongiorno"».
Claudio Del Frate
Roberto Rotondo
20 dicembre 2008
Il clochard, il barbone, adagiato sul cartone o sulla panchina è soltanto un uomo solo, impreparato alle nuove sfide, oppresso dalle proprie lentezze e stanchezze, fragile e ultimo davvero, per questo dovrebbe suscitare il rispetto dovuto.
In quattro si sono adoperati per estinguere il clochard di turno, per arrostirlo e spedirlo all’altro mondo, in quattro per uccidere un uomo inerme e inoffensivo, ma colpevole di essere una persona abbandonata.
Hanno cosparso di benzina una persona adagiata su una panchina, hanno tentato di farne un bel falò, non per fanatismo religioso, nè per razzismo congenito, lo hanno preso di mira perchè tanto è una “cosa” senza valore, anzi un fastidio da scacciare via, in fin dei conti è uno di quelli non bello da vedere, da sloggiare in fretta dai parchi, dalle vicinanze dei cassonetti, dalle chiese, perché no anche delle città illuminate.
Quattro “bravi” ragazzi, ciascuno con il suo bel pedigree, fornito dalla scuola, dal datore di lavoro, dalla famiglia, ognuno con in tasca un pezzo di futuro già bello e confezionato.
Quando si è dei mentecatti in quattro il coraggio lo si trova nella fisicità di un sorriso, di una smorfia, la sfrontatezza dell’intesa è sottotraccia al tubo di birra, di una canna, di uno sniffing, sopra il palcoscenico dove inizia la recita, al nastro di partenza, per la finale assoluta, per uscire finalmente dalla maledetta anonimia, dalle stramaledettamente uguali serate al bar a fare niente, se non a costruire percorsi di guerra mentali, tanto per non restare schiacciati dalla propria insignificanza.
In quattro a pensare di annientare chi sta dietro, per la paura di esser conciati peggio.
Forse accade per assenza di un tempo e di un impegno che riesca a sdoganare l’emozione di una relazione importante, di un incontro da ricercare per non esser costretti alla resa di fronte al niente di una coscienza infantilizzata.
Il barbone brucia, l’adrenalina sale fino a stracciare gli analfabetismi affettivi, le contaminazioni subliminali, il reality non è solamente di casa in tv, nei tiggì, nelle pagine patinate, è qui e ora, e noi finalmente siamo i protagonisti, chi se ne frega se attraverso le sofferenze di un poveraccio.
Emergenza educativa? In questa constatazione c’è tutta l’impresentabilità del mondo adulto, da quello genitoriale a quello professorale, impegnato a fare cassa piuttosto che fatica preventiva, per inchiodare alle proprie responsabilità chi pensa che esistono persone diverse e quindi di minore importanza, di così basso profilo da risultare insopportabili.
Questi quattro “bravi” ragazzi ci fanno comprendere che questa mimetizzazione di normalità malata crea inquietudine, attese, desideri che divengono indicibili, fino a relegare in un angolo una parte di umanità, quella più giovane, inconsapevole di erigere rifiuto e distanza nella comprensione degli altri, soprattutto di quelli meno fortunati.
fonte: Vincenzo Andraous
Maigret e il barbone.
Di solito non si ammazzano i poveracci, Maigret lo sa. Eppure qualcuno ha massacrato di botte e poi scaraventato nella Senna un inoffensivo barbone che viveva sotto un’arcata del pont Marie. Per fortuna un battello fiammingo diretto a Rouen con un carico di ardesia era ormeggiato lungo il quai des Célestins, e l’imponente Jef van Houtte l’ha coraggiosamente ripescato, salvandogli la pelle.
Certo, François Keller detto il “dottore” è uno strano barbone, l’eccezione che conferma la regola, insomma. La padrona del Petit Turin, il bistrot dove andava a rifornirsi di vino, sostiene che l’ha miracolosamente guarita. Ma c’è di più: ha una moglie che vive addirittura sull’Île Saint-Louis e frequenta l’alta società, e una figlia, Jacqueline, che ha sposato un Rousselet, quelli dei prodotti farmaceutici. Cosa può averlo mai spinto ad abbandonare dall’oggi al domani la famiglia e una professione che amava, lasciandosi dietro solo una lettera? È nel suo oscuro passato che va cercata la chiave del tentato omicidio?
Dai tempi del cavallante della Providence Maigret non si trovava di fronte a un così perturbante passage de la ligne, e questo caso lo appassiona come non mai. Nel suo letto d’ospedale, Keller lo scruta senza dire una parola. Eppure il commissario ha l’impressione di capirlo: appartiene alla gente perbene, ama l’ordine e il decoro, ma conosce l’altra faccia del mondo, gli emarginati, gli scarti, i nemici della società. E, incredibilmente, ne comprende il linguaggio segreto.
Scarp de’ tenis e Telestrada
A Catania un giornale e una tv "di strada" gestiti dai senza fissa dimora
"LA STRADA SIAMO NOI"
Invitiamo la stampa a partecipare al brindisi per la nascita della prima web tv "di strada" italiana con una redazione composta da senza fissa dimora, operatori e volontari Caritas, la stessa redazione che cura le pagine locali del mensile nazionale Scarp de’ tenis.
Sabato 13 dicembre 2008 alle ore 9,30 presso l’Help Center della Caritas diocesana di Catania (luogo altamente simbolico dove la redazione di strada si riunisce già da tre mesi), P.zza Giovanni XXIII (piazzale della stazione ang V.le Africa)
Ospite e testimonial dell’iniziativa sarà Lello Analfino cantante dei "Tinturia", anche lui "redattore di strada". Leader di una band tutta siciliana che ha fatto "emigrare" la propria musica "in-continente". Li abbiamo scelti per una comunanza di interessi e di intenzioni!
Sarà con noi Salvo La Rosa, anche lui "redattore di strada"
Saranno presenti inoltre:
P. Valerio Di Trapani, Direttore della Caritas diocesana di Catania
L’On Giuseppe Castiglione, Presidente della Provincia Regionale di Catania,
Il dott. Giovanni Finazzo, Prefetto di Catania
Il Sindaco Raffaele Stancanelli
Oltre naturalmente alla "redazione di strada" composta da senza fissa dimora, volontari e operatori della Caritas diocesana di Catania.
Al termine dell’incontro saranno proiettati i documentari di strada prodotti dalla redazione.
Inoltre regaleremo a tutti i giornalisti presenti una copia di Scarp de’ tenis
L’idea è quella di una redazione giornalistica composta dai senza fissa dimora della città.
Al progetto Scarp de’ tenis, il mensile di strada nazionale, che ha aperto da poco a Catania una redazione locale, la Caritas diocesana di Catania affianca il progetto Telestrada la prima web tv di strada italiana, con una redazione composta da senza fissa dimora, operatori e volontari.
La web tv di strada vuole rappresentare una voce indipendente e che completa il lavoro egregio dei mass media.
Telestrada dà voce ai protagonisti della strada, persone che vivono quotidianamente il disagio di non avere una casa, che sono ospiti dei dormitori e delle mense per i poveri della Caritas. Saranno loro in persona a raccontarsi e a raccontare le storie dei loro compagni di viaggio.
"La strada siamo noi" e non abbiamo affatto bisogno di alcuna mediazione di gente che vuole dare in pasto al pubblico il "caso umano" senza nessun rispetto della nostra dignità e della nostra opinione".
Telestrada è la voce vera di gente vera che la strada la vive ogni giorno.
Telestrada sarà on line direttamente dalla strada dal 13 dicembre 2008 all’indirizzo: www.telestrada.it
Info: Gabriella Virgillito
Resp. Comunicazione per Caritas diocesana Catania
347.7006244
Gabriellavirgil2007@libero.it
Altre utili informazioni…
Il progetto rappresenta un’importante opportunità per gli esclusi e gli emarginati. Un giornale può dare voce a storie sconosciute, gettare una luce su vite che altrimenti rimarrebbero nell’ombra, e contribuire a modificare i luoghi comuni tramite cui le persone comuni considerano gli emarginati.
Scarp de’ tenis è un giornale di strada con una marcata identità. Nato nel 1994 per intuizione di un pubblicitario, Pietro Greppi, è stato sostenuto ben presto da Caritas Ambrosiana e da Cgil-Cisl-Uil provinciali di Milano, oltre che da altre associazioni del territorio. Dopo una breve interruzione, è tornato sulla strada nel 1996, edito da cooperativa Oltre, promossa da Caritas Ambrosiana: da allora ha inanellato 121 numeri senza pause, al ritmo di dieci uscite all’anno. Scarp è diffuso e scritto da persone gravemente emarginate e senza dimora, persone che conoscono o hanno conosciuto la vita di strada, i dormitori, l’esclusione, la difficoltà di un reinserimento sociale e lavorativo. Per costoro è un’occasione di espressione, di affermazione della propria dignità, di lavoro, di integrazione del reddito, di ricostruzione delle capacità relazionali. Ciascuno dei venditori e molti degli autori sono seguiti, nel percorso di recupero e reinserimento, da operatori e servizi Caritas.
Esiste un forte legame tra i contenuti del giornale e il progetto sociale di cui è perno. Scarp si occupa (agli inizi soprattutto in chiave autobiografica, oggi con l’aggiunta di analisi e approfondimenti che presuppongono un lavoro giornalistico professionale) dell’esperienza e della vita degli homeless, ma anche di temi e fenomeni che sono preludio alla caduta "sulla strada": impoverimento e indebitamento, fragilità e disagio sociale, esclusione e periferizzazione di individui e gruppi, precarietà lavorativa e abitativa, dipendenze. Scarp si sforza anche di offrire una lettura in positivo della realtà della strada, dalle forme di solidarietà che vi si manifestano alle espressioni culturali che essa suscita e ospita.
Scarp ha un forte legame anche con la realtà dei territori in cui è diffuso: si propone alle comunità cristiane come strumento di "alfabetizzazione" rispetto ai temi e ai problemi che contraddistinguono il mondo della grave emarginazione.
Il giornale si articola in una redazione nazionale di Milano e in redazioni satelliti che dovranno curare la redazione dei testi per la parte locale e potranno essere chiamati a collaborare alla stesura della parte di interesse nazionale. Attualmente e’ diffuso a Milano, Genova, Firenze, Torino, Napoli, Palermo, Catania, Rimini, Vicenza.
Contesto locale
Il progetto Scarp de Tennis rappresenta nel contesto locale di riferimento uno strumento fondamentale per potenziare e valorizzare il lavoro di sostegno e presa in carico delle persona senza dimora.
100%SOLIDARIETÀ
Il 100% del prezzo di copertina, è interamente destinato ai senza dimora che partecipano al progetto e alla produzione d’indotto sociale. 1 euro come guadagno diretto, 1,50 euro per spese di gestione giornale e per sostenere progetti di reinserimento siociale.
100% LEGALITÀ
I venditori, sia italiani sia stranieri con regolare permesso di soggiorno stipulano un contratto come venditori porta a porta. 0% Lavoro nero, i venditori pagano tutte le tasse relative ai loro guadagni, inoltre, sono iscritti all’ Inps.
LA DISTRIBUZIONE
Viene venduto da persone che vivono per la strada, in situazioni di forte disagio o emarginazione.
La Strada: la rivista é distribuita da squadre di venditori che coprono le principali zone di affluenza (centro, stazioni, feste e mercati).
MILANO — «Questo posto è una cannonata». E quella potrebbe essere una bomba. Si mangia (quel che resta), si dorme (quanto basta), soprattutto si sopravvive gratis sul Tgv che entra in stazione Centrale di sera, resta fermo la notte, riparte il mattino. E già «che siamo ospiti e siamo trattati bene », Antonio e Ludi danno una mano. Fan la guardia. Sale un ragazzo, africano. Ha una valigia, una bella valigia. «È tua?», gli domanda Antonio. «No», e la butta a terra, scappa via. «Sarà una bomba? Chiamo gli agenti». Gli agenti? Lei qui non può stare, la denunceranno... «No, vedrai». E infatti, controllo; niente ordigno; grazie e buonanotte. Dice Angelo Serafino, sbirro all'antica e capo lombardo della polizia ferroviaria, che «noi siamo al servizio della legge e della gente. La povera gente».
E quanta povera gente si mischia su questo Tgv Milano-Parigi, atteso per tutto il giorno tra una mensa per i barboni e un McDonald's dove «puoi far la pipì senza dover per forza prendere un caffé». Sono una quindicina, certe volte crescono a venti. Italiani, stranieri. Ancora deve scendere l'ultimo passeggero che Antonio e Ludi, sono le 23.15, salgono. Avanzano buttando occhiate sui sedili sia mai abbiano abbandonato patatine o giornali. Entrano in cucina. C'è un forno a microonde, per scaldare un panino comprato fuori, alla macchinetta. C'è un fornellino, basta tirar fuori una pentola, metter su la pasta. Con calma. Senza fretta. Gli altri dormono. Il riscaldamento è acceso. Siamo in prima classe. Ludi, 26 anni, s'è rannicchiata per addormentarsi. Antonio, di sei anni maggiore, racconta d'aver fatto po' di lavori. «Un giorno sono rimasto senza occupazione. E sono precipitato. Ci vuole un niente. Finisci i soldi». E finisci per strada. «I treni? E dove dovremmo andare? Bisogna giusto evitare i grandi depositi, troppi stranieri, una paura... Rapinarci? Rapinarci di cosa, se non abbiamo niente?».
Antonio & Ludi. Vicini di sedile. Innamorati. Sieropositivi. «Mi chiedi se mi do da fare per cercar lavoro... Tanto, chi mi assume? Sono malato. Non mi vogliono. Temono il contagio, pensa te, ancora nel 2008... E se sto via, chi si occupa di Ludi?». Di Ludi, questo giornale già s'era occupato. Nel '94. Si parlò di lei bimba nata malata, con la mamma sieropositiva che morì presto, poi morì anche il papà, rimase l'anziana nonna al suo fianco... Un cronista scrisse, Milano lesse e si commosse, si diede da fare. Quasi quindici anni dopo, cos'è cambiato, Ludi? C'è un rumore di aspirapolvere, gli addetti alle pulizie bestemmiando contro la cooperativa che li tiene a 978 euro mensili passano sui vagoni, c'è un albanese, tra qualche ora, all'ora in cui si scenderà, raccoglierà le briciole sul sedile, «se trovano sporco danno la colpa a quelli delle pulizie, non è giusto, loro ci lasciano in pace». A mezzanotte un macchinista spinge il Tgv mezzo chilometro più avanti, lo parcheggia su un binario morto. «I passeggeri della notte? Lo sappiamo. E lo sa la polizia, che fa un mucchio di controlli. Capitano sbandati, delinquenti, e li cacciano presto. È una città sempre più cattiva e bastarda, Milano. Ma chi dorme qui...». Qui l'alta velocità è questa: «Due mesi fa, giuro, un barbone ha rincorso un passeggero francese che aveva dimenticato l'ombrello».
Andrea Galli
06 dicembre 2008 Corriere della Sera