lunedì 19 marzo 2012

Questa poi....!!!


FARE DEI CLOCHARD, PUNTI DI ACCESSO ALLA RETE



IL PROGETTO – Le persone coinvolte nel progetto indossano una t-shirt con su scritto, in inglese il loro nome e il numero da contattare tramite SMS per ottenere il codice di accesso. Si, sono degli hotspot. Li si ferma, li si paga una tariffa forfettaria e si accede a Internet per tutto il tempo necessario. Quest’iniziativa è stata creata in occasione del Southwest Interactive (SXSW), una serie di conferenze sulla rete, l’innovazione e le start up. In totale i partecipanti di questo progetto sono 13, e girano per il centro congressi con indosso queste magliette. Il costo è di 2 dollari per 15 minuti di connessione via cellulare.
SONO UN HOTSPOT - L’obiettivo è quello di dare dei soldi a queste persone per evitare che si lascino andare all’accattonaggio di strada. Il denaro speso per collegarsi a Internet attraverso il punto di accesso che ogni senzatetto ha in tasca viene trasferito allo stesso senzatetto, che può così raccogliere qualche soldo e intanto fare amicizia con i clienti occasionali. Del gruppo fa parte anche Clarence: è originario di New Orleans e preferisce il termine “senza casa” a senzatetto. Ha perso la sua abitazione a causa dell’uragano Katrina e da allora versa in difficili condizioni finanziarie. Mostra sereno la sua t-shirt preparata da BBH: “Sono Clarence, un hotspot 4G. Ringrazio coloro che ci stanno aiutando e ci vengono incontro”.
IL PRECEDENTE – Ma l’autore, Tim Carmody, si fa una domanda abbastanza naturale. Perché? Queste persone come faranno a caricare o gestire l’hotspot che si portano appresso? Prima di lanciare Homeless Hotspot, la BBH Labs ha lanciato “Underheard in New York”, un progetto finalizzato nella donazione a quattro senzatetto di altrettanti telefoni cellulari, account Twitter e una connessione illimitata grazie alla quale avrebbero potuto scrivere qualsiasi cosa. Uno dei quattro, Danny, è riuscito grazie alla piattaforma di microblogging a riunirsi con sua figlia, che aveva perso di vista. Il progetto durò 60 giorni, ed è la prova che esistono modi per aiutare i senza tetto. L’organizzazione aveva promesso poi un passo avanti per un’ “emancipazione” dei senza tetto.
SENZA CRITERIO - E’ giusto creare un’interazione positiva tra la gente e i senza tetto. Ma resta un solo dubbio: lo si fa per aiutarli o è una semplice campagna pubblicitaria? Quando ci fu il “prestito” dei quattro telefoni, Underheard in NY non diede un adeguato insegnamento di ciò che sono i social network. Andate e divertitevi. Basta. Tanto che rimasero sorpresi dal risultato. Avevano imparato da soli. Ma che ne è stato di loro? Saliti alla ribalta e poi gettati via. Quando i quattro paladini dell’informatizzazione per i senza tetto sono diventati importanti, ecco che sono stati dimenticati. Finito il progetto. Chiuso.
AIUTO O MARKETING? - Oggi invece, con la scusa dell’integrazione, si fanno girare 13 senzatetto in maglietta con su i dati di accesso a un hotspot con la scusa di coinvolgere attivamente queste persone, come se vendessero dei giornali all’angolo della strada. Solo che anziché dare carta stampata, propongono un servizio. Il dubbio è che queste persone vengano spinte a girare, a camminare, a pubblicizzare un progetto al quale di loro non interessa nulla. Non pensa né al loro passato né al loro futuro. Dà l’immagine di un senza tetto utile solo quando fornisce un servizio: finita la festa, può tornare al suo cantuccio.