sabato 17 ottobre 2009

Il vescovo difende il dormitorio

17 ottobre 2009 - Roberto Pettinaroli - Secolo xix levante



«Assumere una decisione negativa, di chiusura nei confronti del centro di accoglienza notturna per senza dimora proposto dal Villaggio, significa non rendersi conto del problema e dell’oggettiva utilità di una soluzione che potrebbe fare molto».
Monsignor Alberto Tanasini interviene con una riflessione pacata sul caso del momento: il “no” del Comune di Chiavari al progetto per un rifugio destinato ai senzatetto da realizzare all’Agricola di Sampierdicanne, in una struttura già destinata a servizi socio-assistenziali. Il vescovo non vuole polemizzare con il sindaco Vittorio Agostino, che proprio ieri - intervistato dall’emittente diocesana Telepace - ha ribadito la propria contrarietà all’iniziativa del Villaggio del Ragazzo («Se ci fosse una struttura come quella, i clochard salirebbero da 30 a 300, arriverebbero anche da Genova»). Ma è convinto che la rigidità del Comune sia anche frutto di un equivoco di fondo.
Monsignor Tanasini, è innegabile che il diniego del sindaco rifletta il malumore di una parte non irrilevante della città.
«Vorrei essere chiaro: anche a me dà fastidio l’accattonaggio organizzato, gruppi di persone che probabilmente fanno questo di mestiere. Mi si dirà: ma sono poveri anche loro. Certo, sono emarginati e lo erano già anche in Romania, dove pure esiste una possibilità di sviluppo e di lavoro. Lo riconosco: è un problema complesso, da affrontare con carità, ma anche con serietà. Ma offrire ospitalità al caldo e al riparo ai senza dimora è un’altra cosa».
Intende dire che l’arcipelago del disagio sociale è molto più frastagliato?
«Assolutamente sì. Ci sono scelte di vita, persone buttate fuori di casa dal coniuge da un giorno all’altro, gente che ha perso il posto e si è sentita crollare il mondo addosso. Gente che un tempo aveva, magari, un fior di lavoro. Ma non è solo questo. L’esperienza dell’accoglienza, storicamen te, dimostra che si innestano processi virtuosi che possono rappresentare anche occasioni di recupero, di riscatto sociale per queste persone».
Nel senso che trovare un sostegno in un momento di particolare difficoltà può consentire a una persona di ritrovarsi?
«Proprio così. Al Monastero di Genova, alle “Casette”, si instaura con gli ospiti un dialogo che tende al loro reinserimento sociale. A Milano due associazioni hanno trasformato diverse persone senza fissa dimora in volontari che ora girano le strutture e offrono assistenza. Ma anche la nostra piccola “Casa Betania”, che pure ha solo quattro posti letto e li concede per non più di due notti, è un esempio illuminante. Io ci sono stato, ho cenato con queste persone, ho parlato con loro. C’è il tipo stravagante e pittoresco, ma c’è anche l’ospite attento, aperto all’incontro. Ho visto il gusto con cui si approfitta di una lavatrice per poter lavarsi i panni, per poter avere un vestito pulito. E non mi pare che a Cavi ci sia l’assedio di senzatetto che arrivano a frotte da Genova. Ripeto: c’è il povero e c’è chi dell’accattonaggio ha fatto un mestiere».
Riassumendo: il centro di accoglienza notturna a Sampierdicanne non può essere visto come un problema. Semmai, come un tentativo di risolverlo.
«Non c’è dubbio. Intanto, l’iniziativa non è assolutamente a carico del Comune, al quale non è stato chiesto un euro. Per il centro è stato proposta un’accoglienza temporanea: non più di due mesi. Un tempo sufficiente a ripararsi dai rigori dell’inverno. E magari a immaginare un percorso di recupero che possa ridare piena dignità alla propria esistenza».

6 commenti:

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

good start

Anonimo ha detto...

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