domenica 7 dicembre 2008

Hotel " TGV"!!

MILANO: Rifugio per una ventina di senzatetto.

«Ma all'alba puliamo»

Il treno francese diventa un grand hotel per una ventina di senzatetto

La notte sul Tgv fermo in stazione: caldo e forno a microonde. «Vigiliamo, anche la polizia sa»

MILANO — «Questo posto è una cannonata». E quella potrebbe essere una bomba. Si mangia (quel che resta), si dorme (quanto basta), soprattutto si sopravvive gratis sul Tgv che entra in stazione Centrale di sera, resta fermo la notte, riparte il mattino. E già «che siamo ospiti e siamo trattati bene », Antonio e Ludi danno una mano. Fan la guardia. Sale un ragazzo, africano. Ha una valigia, una bella valigia. «È tua?», gli domanda Antonio. «No», e la butta a terra, scappa via. «Sarà una bomba? Chiamo gli agenti». Gli agenti? Lei qui non può stare, la denunceranno... «No, vedrai». E infatti, controllo; niente ordigno; grazie e buonanotte. Dice Angelo Serafino, sbirro all'antica e capo lombardo della polizia ferroviaria, che «noi siamo al servizio della legge e della gente. La povera gente».

E quanta povera gente si mischia su questo Tgv Milano-Parigi, atteso per tutto il giorno tra una mensa per i barboni e un McDonald's dove «puoi far la pipì senza dover per forza prendere un caffé». Sono una quindicina, certe volte crescono a venti. Italiani, stranieri. Ancora deve scendere l'ultimo passeggero che Antonio e Ludi, sono le 23.15, salgono. Avanzano buttando occhiate sui sedili sia mai abbiano abbandonato patatine o giornali. Entrano in cucina. C'è un forno a microonde, per scaldare un panino comprato fuori, alla macchinetta. C'è un fornellino, basta tirar fuori una pentola, metter su la pasta. Con calma. Senza fretta. Gli altri dormono. Il riscaldamento è acceso. Siamo in prima classe. Ludi, 26 anni, s'è rannicchiata per addormentarsi. Antonio, di sei anni maggiore, racconta d'aver fatto po' di lavori. «Un giorno sono rimasto senza occupazione. E sono precipitato. Ci vuole un niente. Finisci i soldi». E finisci per strada. «I treni? E dove dovremmo andare? Bisogna giusto evitare i grandi depositi, troppi stranieri, una paura... Rapinarci? Rapinarci di cosa, se non abbiamo niente?».

Antonio & Ludi. Vicini di sedile. Innamorati. Sieropositivi. «Mi chiedi se mi do da fare per cercar lavoro... Tanto, chi mi assume? Sono malato. Non mi vogliono. Temono il contagio, pensa te, ancora nel 2008... E se sto via, chi si occupa di Ludi?». Di Ludi, questo giornale già s'era occupato. Nel '94. Si parlò di lei bimba nata malata, con la mamma sieropositiva che morì presto, poi morì anche il papà, rimase l'anziana nonna al suo fianco... Un cronista scrisse, Milano lesse e si commosse, si diede da fare. Quasi quindici anni dopo, cos'è cambiato, Ludi? C'è un rumore di aspirapolvere, gli addetti alle pulizie bestemmiando contro la cooperativa che li tiene a 978 euro mensili passano sui vagoni, c'è un albanese, tra qualche ora, all'ora in cui si scenderà, raccoglierà le briciole sul sedile, «se trovano sporco danno la colpa a quelli delle pulizie, non è giusto, loro ci lasciano in pace». A mezzanotte un macchinista spinge il Tgv mezzo chilometro più avanti, lo parcheggia su un binario morto. «I passeggeri della notte? Lo sappiamo. E lo sa la polizia, che fa un mucchio di controlli. Capitano sbandati, delinquenti, e li cacciano presto. È una città sempre più cattiva e bastarda, Milano. Ma chi dorme qui...». Qui l'alta velocità è questa: «Due mesi fa, giuro, un barbone ha rincorso un passeggero francese che aveva dimenticato l'ombrello».

Andrea Galli

06 dicembre 2008 Corriere della Sera

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