lunedì 21 dicembre 2009

Il freddo è un emergenza!

Termini, il racket dei disperati

La situazione dei clochard è resa critica dal gelo di questi giorni.

Tra i clochard della stazione dove un posto può costare molto, anche la vita.

MARIA CORBI- La Stampa

ROMA
Carla Bruni ha un amico clochard. Lo ha detto lei.
A Napoli Massimiliano Rosolino, Peppino di Capri e altri vip hanno posato per una mostra di foto vestiti come clochard domandandosi: «Se la mia strada fosse stata un’altra?». Ma non basta coprirsi di stracci, o fermarsi a fare due chiacchiere con loro, per capire cosa sia passare le giornate buttati per strada, sui marciapiedi, mendicando un cartone dove sdraiarsi, dormendo seduti perché così è meno probabile, ma solo un po’, che non ti facciano sgombrare da quel putrido angoletto riparato che hai faticosamente guadagnato. Carlà e gli altri dovrebbero girare per la stazione Termini per avvicinarsi a capire, per aprire un varco in quell’inferno che vivono solo a Roma più di seimila persone. Di giorno trascinandosi per i binari e le gallerie, di notte cercando di rimanere in zona, in quel quadrilatero che ormai è terra di disperazione e di emarginazione. E’ Natale. Ma per loro non cambia nulla se non per qualche fetta di panettone condivisa all’ostello della Caritas o per strada portata da qualche volontario. Stefano ha 48 anni. «Credo», dice. Perché l’alcool e il freddo in questi lunghi anni senza tetto hanno lasciato il segno, cancellato pezzi della sua storia. «Ero un impiegato», racconta. «Avevo una fidanzata e una casetta a Latina», dice. Quanto tempo fa? Gli occhi dell’uomo segnati da sottilissime rughe si abbassano come frugando nella memoria. Forse scacciando ricordi. Non parla. «Lei è qui ad ascoltare la mia storia perché è Natale è vero? Vuole sentirsi più buona?». Gli dico che sono qui perché hanno ammazzato un clochard pochi giorni fa, per un posto al caldo. «Lo so», dice alzando le spalle. «Non era uno stinco di santo neanche lui». «Un tempo esistevano le precedenze», spiega. «Chi era qui da più tempo aveva diritto al suo posto. Oggi con questi stranieri non è più così». Perché qui, nelle strade che affacciano sugli ingressi della stazione si consumano non solo fame e freddo, ma lotte tra poveri. I due romeni che hanno arrestato per l’omicidio del clochard ucraino colpevole di avere un giaciglio più caldo del loro facevano parte di una banda che taglieggiava i senza tetto. Tutto è possibile in questa terra di nessuno e non è bastato chiudere le porte della stazione di notte (decisione presa nell’anno del Giubileo) per ridare umanità a questi luoghi. E’ servito solo a non vedere, a spostare queste vite senza diritti e senza futuro qualche strada più in la. O peggio a far «emigrare» queste persone lungo il Tevere, che però cresce improvvisamente in periodi di maltempo. E’ Natale. E la mensa della Caritas a via Marsala apre come al solito alle cinque, una lunga coda per entrare e avere un pasto caldo e un letto. Il 60 per cento delle persone che cercano aiuto sono straniere. Igor ha sessant’anni viene dall’Ucraina come Alexei, il barbone ucciso. «Non me ne frega niente se è Natale, io non so nemmeno in che mese siamo, la mia vita è per strada da 25 anni ormai, nessuno mi ha mai teso una mano. Cosa faccio? Rubo». Camminando sotto la galleria gommata della stazione incontro Caterina. Ha un carrello della spesa dove ha stipato la sua vita, una coperta per cappotto, le scarpe logore. Racconta di una vita che non ha mai regalato niente, da quando bambina è stata data in affido, un matrimonio con un marito manesco, ad oggi che vive senza niente, con l’unica compagnia dell’alcool. «Mi aiuta», dice. E ha ragione lei. Al binario 1 c’è l’Help center che si rivolge ai senza fissa dimora, agli anziani bisognosi, ai migranti e alle persone disagiate che si trovano in stazione. Uno sportello di base che opera con la sala operativa sociale del comune di Roma e con le Ferrovie dello Stato. Già a maggio Fabrizio Schedid uno degli operatori della struttura aveva avvertito sull’aumento del disagio non solo straniero. Anzi. «Assistiamo ad un aumento degli italiani che gravitano intorno alla stazione. E la causa principale è la disoccupazione, specie nel Mezzogiorno, l’instabilità lavorativa. E’ arduo ritrovare lavoro a 50 anni. E anche chi ha solo una pensione sociale di 400 euro al mese può finire in mezzo alla strada. Il fatto che al nostro sportello arrivino per lo più immigrati deriva dal fatto che essi, privi di residenza o di permesso di soggiorno, non possono accedere ai servizi sociali territoriali». E’ Natale. La gente sale sui treni per tornare a casa, con i pacchi regalo e la voglia del calore delle feste. Poco più in là il popolo dei senza tetto. Per loro freddo, fame e solitudine sono gli unici compagni di viaggio. E’ Natale. Ma non per tutti.

Nessun commento: