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giovedì 28 marzo 2013

Storie con lieto fine!


KANSAS CITY – Questa è la storia di Billy, che fino a qualche giorno fa era uno dei tanti senzatetto di Kansas City. Una storia come tante, fatta di smarrimento, affetti perduti ed elemosina, fino a quando in quel bicchiere non è caduto accidentalmente un anello, che Billy ha restituito alla sua proprietaria cambiando così le sorti del suo destino.
Ma facciamo un passo indietro i clochard si sa hanno tutti un lungo passato alle loro spalle, ma quello che gli accomuna è il fatto di essere brava gente, e Billy infatti era proprio uno di questi.
Un giorno però una donna mentre posa una moneta nel suo bicchiere perde anche un anello, che Billy porterà al monte dei pegni per racimolare qualche spicciolo, ma la valutazione è di circa 4000 mila euro, e chissà se non di più.
Billy non se la sente dunque di far suo quel prezioso e non lo vende, ma lo tiene con sé fino a quando la donna due giorni dopo non ritorna alla ricerca del monile, che con grandissima sorpresa Billy gli riconsegna avendolo custodito in attesa del suo ritorno.
A quel punto è il momento di sdebitarsi, e oltre a comunicare l’ammirevole gesto del 55enne alle tv locali, la donna con l’aiuto del marito mette su una raccolta fondi, che durerà 50 giorni, ma che ha già racimolato 188mila dollari.
Ma non sarà solo il denaro a cambiare la vita di Billy, infatti un band musicale gli ha offerto un lavoro, e la famiglia che lo credeva morto da oltre 16 anni, potrà finalmente riabbracciarlo.
Un vero e proprio happy ending che di questi tempi fa bene, più che mai, al cuore.

27 marzo 2013

Valentina Piccoli

Fonte : http://www.ilquotidianoitaliano.it/notizie/2013/03/news/kansas-city-clochard-restituisce-un-anello-e-cambia-la-sua-vita-156366.html/

lunedì 26 novembre 2012

I sofficini !!

Il vero Capitan Findus è finito in disgrazia. Come mai? Ve lo ricordate nel mitico spot? Sul web sta avendo grande eco la notizia secondo cui Capitan Findus sarebbe caduto in disgrazia e vive in condizioni precarie a Milano assieme al suo fedele cane. Ecco una foto che lo ritrae come è oggi





Ma ve lo ricordate nella pubblicità della Findus? Come ha fatto a ridursi così?


fonte: http://genio.virgilio.it/domanda/512190/capitan-findus-povero-truffato-cinesi

martedì 15 novembre 2011

Consiglio Letterario !!


Il clochard, eroe dei nostri tempi 
 
di Marco Belpoliti
 
L'antropologo francese Marc Augé ha scritto un romanzo su un impiegato che, dopo aver divorziato e perso il lavoro, diventa un 'barbone'. Un diario della recessione, ma anche un atto d'accusa straordinario contro la società dove conta solo il denaro.


Marc Augé Marc AugéCon "Diario di un senza dimora" (traduzione di Maria Gregorio, Cortina, pp. 132, E9,50) Marc Augé passa direttamente alla narrazione, per quanto era ben evidente ai suoi lettori che, almeno da "La guerra dei sogni", l'aspetto del racconto tendeva a prevalere su quello strettamente etnografico. Del resto, le origini della narrazione sono sempre antropologiche, nonché mitiche. Intorno al fuoco i grandi narratori trasmettevano agli ascoltatori visioni del mondo, oltre che sentimenti e virtù apotropaiche; un modo per rinsaldare il gruppo, e per non temere troppo lo sconosciuto là fuori.

Oggi nel villaggio globale il fuoco è virtuale e la narrazione si estende per cerchi concentrici: e anche un ex antropologo può sedersi al centro del cerchio immaginario e narrare la sua storia. Che tipo di narratore è Augé? Francese, senza dubbio. Si sente dentro la storia dell'io narrante - un ex impiegato che vive a Parigi, e dopo due divorzi decide di vivere per strada, dentro la sua auto - la presenza di Perec ("L'uomo che dorme") e dietro di lui di Flaubert, per quanto il movimento narrativo dell'etnologo sia meno complesso e articolato. Scrive in modo lineare con una lingua in apparenza semplice, però elegante.

La scelta del punto di vista soggettivo - il libro è un diario, genere prediletto da Augé - permette all'autore di entrare nelle viscere mentali del suo personaggio senza mai giudicarlo. La storia è quella d'un clochard dei nostri giorni, uno che ci somiglia, con cui è facile identificarsi, che decide di soccombere, un lento lasciarsi andare che è anche un ripudio di una società volta tutta al culto dell'oggetto e del denaro. L'unico modo per restare umani è cedere al proprio destino. Il personaggio di Augè è un perfetto eroe dei nostri tempi.
fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-clochard-eroe-dei-nostri-tempi/2166127/9

martedì 6 settembre 2011

Oramai i preti molestano tutto?

Clochard accusa prete: mi ha molestato
Il sacerdote: è un ricatto, mi ha picchiato


Entrambi indagati: la Procura procede con cautela



Scambio di querele a Bologna tra un senza fissa dimora e un parroco che lo ospitava. Il primo accusa il sacerdote di averlo molestato sessualmente. Per il religioso invece, il clochard, nei locali di una parrocchia della periferia, lo ha minacciato, chiedendo ed estorcendogli del denaro, e lo ha picchiato. Sulla vicenda, incentrata su un episodio alla fine di luglio, raccontato con due diverse versioni, sono in corso accertamenti. La Procura procede con la massima prudenza.


RECIPROCHE ACCUSE - Il prete, indagato per violenza sessuale, era stato il primo a chiamare la Polizia, per una lite con il senza fissa dimora, pugliese di origini e sui 40 anni, più o meno la stessa età del prete. L'uomo, indagato per lesioni, minacce, ingiurie, estorsione e tentata estorsione, all'arrivo degli agenti ha accusato il parroco di essersi denudato e di avergli fatto delle avance.


LA VERSIONE DEL SACERDOTE - Un paio di giorni ed è stato il sacerdote ad andare in una caserma dei carabinieri a denunciare l'uomo, dopo essere stato al pronto soccorso dell'ospedale Maggiore per farsi medicare da un pugno al volto ricevuto dal clochard. Ha dato la propria versione, spiegando che questi lo aveva minacciato, chiedendo del denaro. Inoltre lo aveva insultato e accusato di essere omosessuale. Ha aggiunto di avere, in un primo momento, ceduto alle minacce, dandogli alcune decine di euro. Quando poi però si è rifiutato di fronte ad ulteriori pretese, il clochard lo avrebbe picchiato. Le verifiche degli inquirenti riguardano anche il passato del religioso che, a quanto si è appreso, aveva ricevuto molestie telefoniche. Sembra infine che fosse solito ospitare altri senza fissa dimora. (Fonte Ansa)
23 agosto 2011


fonte: http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2011/23-agosto-2011/clochard-accusa-prete-mi-ha-molestato-sacerdote-ricatto-mi-ha-picchiato-1901345419218.shtml

giovedì 21 aprile 2011

Il gioco d'azzardo fa bene!!

Balotelli sbanca il casinò e regala 1000 euro a un clochard .

Mario Balotelli torna a fare parlare di se' dall'Inghilterra, ma questa volta per un gesto positivo. L'attaccante del Manchester City, ha riferito il giornale 'The Sun', la scorsa settimana ha vinto circa 25mila sterline in un casino' di Manchester e all'uscita del locale ne ha date mille a un barbone.

Un gesto di generosità raccontato da un testimone al Sun, (un tabloid che è sempre stato tra i più critici nello stigmatizzare i comportamenti di Balotelli). "Mario è un ragazzo davvero generoso - le parole di chi lo conosce bene -. Regala sempre banconote da 20 sterline ai ragazzi che distribuiscono "Big Issue"(storico magazine venduto "per strada" proprio dai senzatetto, ndr), senza neppure acquistare la rivista. Quella sera ha visto il solito homeless con capelli tipo rasta rossi e barba. Si trovava proprio fuori dal club, Mario ha preso un fascio di banconote e gliel'ha donato. Il senzatetto non poteva crederci, ci può campare per mesi".

fonte:http://affaritaliani.libero.it/sport/balotelli-clochard-200411.html

martedì 12 aprile 2011

Ma va?

Sei un barbone? Nessuno ti soccorre: le associazioni, 112 e 113 latitano. Milano. Un senzatetto disteso per terra, sul marciapiede. Immobile, forse ubriaco, magrissimo. A pochi metri di distanza ragazzi e ragazze davanti a un locale: parlano, scherzano, qualcuno beve un cocktail: nessuno si accorge del clochard. E' un sabato d'aprile, una serata di caldo fuori stagione. Siamo in pieno centro a Milano, in via Lecco, proprio dietro Porta Venezia. Ma se un cittadino decide di non far finta di niente e chiamare i soccorsi, carabinieri e polizia non rispondono. E anche l'assistenza delle associazioni lascia a desiderare... IL 112 E IL 113 NON RISPONDONO - E' l'una di notte. Né il 112 né il 113 rispondono alla chiamata. Risponde solo il 118: l'operatore assicura di "aver messo in nota per mandare un'ambulanza". E aggiunge di chiedere al senzatetto se "ha necessità di essere portato in ospedale". Sì proprio così: è il cittadino che deve "intervenire" cercando di scoprire se l'uomo disteso per terra e ha bisogno di aiuto. E non è chiaro entro quanto tempo l'ambulanza arriverà. IL CENTRALINO DEL COMUNE DI MILANO RIMANDA AI CITY ANGELS - Il senzatetto si muove e prende il contenitore di cartone che ha accanto a sé e beve un po'. Allo 020202, il numero del centralino di Milano, risponde un operatore che spiega di non poter intervenire direttamente. Ma suggerisce di rivolgersi ai City Angels, l'associazione di volontari che opera a Milano e in altre 16 città, e fornisce un numero di cellulare da contattare. I CITY ANGELS LAVORANO DALLE 21 ALLE 24 - Al numero di cellulare, fornito dal dipendente del centralino di Milano, risponde Dennis, un operatore dei City Angels. Ma è ormai l'una e mezzo di notte: Dennis spiega che non può intervenire nessuno perché i volontari dell'associazione svolgono il servizio fino alle alle 24. E suggerisce di richiamare la mattina successiva. "I nostri volontari - spiega ad Affaritaliani.it il presidente dell'associazione Mario Furlan - fanno un pattugliamento tutti i giorni dalle 21 alle 24 e il sabato anche il pomeriggio: assistiamo i senzatetto con l'unità mobile e se c'è un'emergenza restiamo anche oltre l'orario altrimenti rientriamo. Nella stagione calda garantiamo questo servizio sempre negli stessi orari ma solo dal lunedì al venerdì. Facciamo quello che possiamo, ci piacerebbe poter coprire tutta la notte ma non rientra nelle nostre possibilità anche perché abbiamo anche la casa famiglia da gestire e l'attività di tutela del cittadino, per esempio sui mezzi pubblici, che svolgiamo sempre di notte con squadre a piedi. Comunque ogni sera, nella stagione fredda, assistiamo dai 200 ai 300 senzatetto, che scendono a 200 nella stagione calda. I posti in cui siamo presenti regolarmente sono: stazione Centrale, Cadorna, Arco della pace, stazione di Lambrate, stazione di Greco- Pirelli, viale Liberazione". E aggiunge: "Quasi tutti accettano il nostro aiuto, che per prima cosa è di tipo materiale (cibi, vestiti, coperte) ma c'è anche chi rifiuta. Poi bisogna capire se è una persona che si può recuperare o meno, e questo è difficile nei casi in cui uno beva o sia malato di mente. E in questo notiamo la differenza tra italiani e stranieri: questi ultimi sono molto più disponibili a un cammino di recupero perché vengono in Italia perché vogliono integrarsi mentre se un italiano finisce sulla strada è perché ha perso la famiglia o il lavoro quindi si trova in una situazione più critica. Abbiamo un accordo con il Comune per questo servizio: forse l'operatore che ha risposto non era a conoscenza dei nostri orari". UNA PATTUGLIA DELLA POLIZIA MUNICIPALE NON INTERVIENE - Coincidenza vuole che una pattuglia della polizia municipale arrivi in una strada vicino a via Lecco, seguita da un'ambulanza e dai vigili del fuoco per un altro intervento. Ma la poliziotta, informata del caso del senzatetto lì vicino, risponde di fretta dicendo di chiamare la centrale allo 020208. ARRIVA L'AMBULANZA DEL 118 - Infine, dopo circa un'ora, è il 118 a intervenire. Gli operatori si avvicinano al senzatetto, capiscono che ha bevuto, e gli chiedono se vuole essere portato al pronto soccorso per continuare a dormire al coperto. Ma l'uomo non vuole e chiede di essere lasciato lì. "Era cosciente e ha risposto educatamente - racconta l'operatrice del 118 -. Ci occupiamo di tanti senzatetto: a volte non rispondono oppure diventano aggressivi. E di solito si tratta di persone che bevono: d'inverno per non sentire il freddo e d'estate per non pensare alla condizione in cui si trovano". E aggiunge: "Se si vede una persona per terra è sconsigliato avvicinarsi o parlarci perché può reagire in modo violento. E' sempre meglio chiamare i soccorsi". Soccorsi che, in ogni caso, si "limitano" a chiedere al clochard se vuole essere portato in ospedale: "Quando vogliono venire con noi - spiega l'operatrice - di solito trascorrono la notte al riparo e poi la mattina se ne vanno e tornano in strada". Oppure decidono fin dall'inizio di non muoversi da lì. fonte:http://affaritaliani.libero.it/sociale/senzatetto_lasciato_per_strada_a_milano110411.html

mercoledì 2 marzo 2011

Soffi !

Minimi sussurri , lievi movimenti , sguardi persi nel mondo . La vita è un soffio , la morte un grido . Tutto sfugge nell' anima come un sorso di vino

domenica 27 febbraio 2011

Viva l'accoglienza di Bologna!

Caro barbone, sono 500 euro: concilia?

L'ultima trovata del Comune - commissariato - di Bologna per fare cassa e combattere il degrado del centro storico: multare i mendicanti, con cifre salatissime. E' il nuovo regolamento di polizia urbana, che entrerà in vigore il 1° marzo. E la città delle Due Torri ormai è rossa solo di vergogna

Primo marzo 2011. Da quel giorno sarà in vigore il nuovo regolamento di polizia urbana approvato dal Comune di Bologna. La giunta, retta dal commissario straordinario Anna Maria Cancellieri che siede sulla poltrona di sindaco da quando si è dimesso Flavio Delbono, ha deciso di indurire le azioni contro il degrado. Passino le multe per i locali fracassoni (quella della movida in centro storico è da sempre un terreno di battaglia fra residenti e polo della notte), passi la mano dura contro chi sporca o disturba la quiete pubblica, ma l’accanimento su clochard, mendicanti e lavavetri proprio non è tollerabile. A maggior ragione in una città che da sempre sventola la bandiera della accoglienza e della solidarietà e in cui è già scoppiato un caso - erano i tempi del Sergio Cofferati "sceriffo"- sul lavoro clandestino svolto dagli stranieri ai semafori che, come tutti sanno, è frutto di un racket di cui i lavavetri sono solo l’anello più debole della catena.


Votato il regolamento, subito si sono levate le voci di protesta. Non solo da parte dei partiti di centrosinistra ma anche, e soprattutto, da parte dei sindacati e di quelle associazioni che hanno una lunga tradizione in fatto di lotta alla marginalità, da Piazza Grande all’Avvocato di Strada. Indifferente alle proteste, però, l’amministrazione comunale è andata dritta per la sua strada. Tanto che ancora doveva entrare in vigore che già la polizia municipale era stata messa al lavoro per informare le future vittime del nuovo giro di vite. È dal giorno dopo l’approvazione, infatti, che gli agenti fanno gli straordinari per allontanare, come era previsto peraltro anche dalla precedente normativa comunale, i poveri che chiedono l’elemosina. Per loro le multe sono diventate salatissime: nel peggiore dei casi, la cifra da pagare (ma chi mai la pagherà?) può arrivare fino a 500 euro.

Del resto, chi chiede la carità sotto le Due Torri non si nasconde di certo. Anzi, in centro i luoghi della questua sono noti a tutti. Anche se, a dir il vero, ultimamente barboni e senza tetto dormono pure in quei luoghi in cui mai si erano visti prima. I regali, inaspettati, della crisi economica. Uno dei posti più battuti dai senza fissa dimora è, da sempre, lo scalino che si trova davanti all’ex chiesa di via San Felice all’angolo con via dell’Abbadia, proprio nel cuore della città felsinea. È la che spesso i passanti assistono alle simpatiche scenette con cui i vigili urbani cercano di spiegare, a volte con le dovute maniere altre spazientendosi un po’, che lì dal primo marzo non ci sarà più trippa per gatti.

In un momento, però, in cui le forze dell’ordine e anche la polizia municipale lamentano carenza di uomini e risorse è a dir poco paradossale che si impieghino anche quattro agenti per sbarazzarsi del carrello della spesa con cui, molto spesso, i clochard trasportano le loro cose nello spostarsi, o meglio nel fuggire, da un luogo di riparo all’altro. È successo. Così come è capitato che alla constatazione "Non faccio niente di male" è seguita la risposta "Questa è la legge". Dura lex sed lex. E già, peccato che la legge dovrebbe essere uguale per tutti. In tutte le città di Italia. Col federalismo, se passerà, sarà ancora peggio.

Per ora nessuna multa è stata ancora notificata (anche se i precedenti non mancano), ma presto gli agenti avranno il dovere di farlo. Resta un dubbio: come faranno gli stranieri a sapere dell’esistenza della nuova norma se nessuno glielo comunicherà? E, soprattutto, come faranno a pagare cifre di tali entità se non hanno nemmeno i soldi per garantirsi un pasto caldo? L’unica speranza resta riposta nelle vicine elezioni per il nuovo primo cittadino con l’auspicio che si renda conto che per far cassa, forse, sarebbe anche ora di non andare a bussare sempre alla porta dei più deboli.


Fonte: http://www.giudiziouniversale.it/articolo/tutto/caro-barbone-sono-500-euro-concilia

venerdì 25 febbraio 2011

La leggenda del barbone in fiamme!

tratto da: La Vera Storia del Fegato di C.Bukowski di Emanuele Podestà.



Come un ceppo d’Epifania ardea di luce propria, prima ancora che il bavaglio e zuppo e madido prese così ben fuoco che quasi non gli stettero accanto in bruciore piedi e gambe e pelli spesse, consunte.
Ancor prima, una volta legate braccia ed arti ad una grata, rovesciata il propellente, super, quando non era chiaro di che cosa si parlasse.
E quando, prima di tutto ciò, il più lucente, solitario e dignitoso dei vagabondi della storia fu scelto, ancora non si poteva sapere che di un disperato ardente e futurista gioco di devastazione, le carni a cruce salus, si trattasse, giustappunto.
Questa è, avrete ben capito, la leggenda del Barbone in Fiamme.

Ok. Mi ripropongo uno stile più semplice. Non esageriamo!

Come si sceglie un barbone a cui dar fuoco?
Un momento: perché dare fuoco ad un barbone? Per gioco? Noia? Avrebbero, poi, incolpato società, famiglie e Gulliver, avrebbero chiesto scusa, sempre che qualcuno gliele avesse chiesto: il pentimento messo al mondo [Perché s’interessano così tanto che si faccia la raccolta differenziata e poi ci incoraggiano a figliare spermatozoi con gambe e braccia?]. Sempre che qualcuno s’accorgesse della mancanza di un barbone. In fondo il gioco è a basso rischio per questo: avrebbero provato volentieri a gettare sassi da un cavalcavia, ma se poi ci scappava il morto, e se poi il morto guidava un’auto di lusso e quindi era una persona a cui tanta gente voleva bene? Beh, incendiare un barbone era sicuramente molto più facile. Più democratico. I ragazzi lo scelsero, semplicemente. E quello fu mero esercizio di cernita, uno tra decine. In fondo sono tanti, in una città come questa. Un paio lì, sui marciapiedi, qualcuno in stazione o davanti ad un duomo. Ma quello, quello che scelsero, era sicuramente il più adatto: così scuro da sembrare carbonella. Così solo da dar fastidio. I ragazzi non erano mai soli [Perché si fanno figli? È contro natura, semplicemente].
Ok, vada per quello. Una volta prescelto bisogna allora capire quale modo sarà più divertente. Lo leghiamo ad una panchina? Lo lasciamo libero così, e questo è pregio non indifferente, potremo assistere l’uomo rovente mentre prova la fuga come se fosse possibile lasciarsi dietro lingue di fuoco ed ustione; magari contorcendosi e dando testate ad un muro per il dolore – immaginate che bello? -, sperando di andare così più velocemente verso morte sicura? I ragazzi proposero una grata ed un fazzoletto imbevuto, giusto per non fare troppo rumore. Quanto grida un uomo che sta bruciando vivo? Credo molto, non so [Voglio un figlio]. Credo, sottolineo che non sono sicuro, che se proprio le urla non riusciranno a farsi sentire, una volta acceso, queste si libreranno all’interno della scatola cranica, incrinandola. Forse nessuno lo sa se sul serio un uomo che brucia perisce per bruciatura - causa prima. Ma allora potrebbe morire per altre cose, in fondo. Paura: un motivo, sicuramente: io sarei terrorizzato se nel pieno della notte mi svegliassi infervorato come una torcia. Forse qualche reazione chimica particolare, forse. Magari disidratato, velocissimamente risucchiato d’ogni linfa, ogni succo. E se fosse solo un’abitudine? Ma anche le grida, torniamo a considerare le grida: devono essere insopportabili quelle di un essere umano fra poco sostituito da un cumulo di ceneri.
Alcuni le considerano divertenti, comunque.

Si prepararono nel modo migliore e dopo la scelta, i lacci legati alle mani ed intrecciati sull’inferriata, dopo la benzina più odorosa, fragrante, cosparsa come … su una torta (dava buono al barbone la benzina aromatica?), restava solo da dettargli la procedura, al fra poco barbone bruciante. Non restava altro che gettargli addosso quel fiammifero. Così si fece e così i ragazzi scoprirono un’incredibile verità.

Le fiamme bruciarono gli spaghi, qualche secondo dopo la prima vampa. Il Barbone in Fiamme correva e lo faceva dannatamente veloce. Bastardo pagliaccio! Schizzava da una parte all’altra del tunnel nel quale i ragazzi lo avevano adescato, rimbalzava su stesso e sui mattoni, sui tubi d’acqua che, gioco del destino, gli era privata. Il Barbone in Fiamme non aveva altro nome e da quel giorno la cosa si rese definitiva. E mentre si dimenava, mentre i ragazzi ridevano, il tempo che passava li cominciò a inquietare: era possibile bruciare per così tanto tempo? Un secondo: se ne accorse anche il clochard. Se ne accorse e si fermò. Inceneriva, ardeva, si stava abbrustolendo, ma non stava soffrendo, non sentiva dolore e tanto più non ascoltava la morte incedere. Avvampava, ma stava bene. Avvampava, ma s’era dimenticato qualcosa? I ragazzi e l’uomo si guardarono negli occhi: possibile? Sembravano chiedersi, l’uno nelle palle degli occhi degli altri. Uno strano fenomeno, fisica o chimica, non so. Uno strano fenomeno per il quale il Barbone in Fiamme sarebbe diventato leggenda, l’indigente torcia umana. I ragazzi videro così, per quella sera, i propri piani rovinati.

Una manata volò quanto più forte sul viso del primo ragazzo. Attenzione: i ragazzi erano tre. Volò con forza, quella della riscossa, ed al primo contatto con il quale il palmo si portò alla guancia questa fu interamente carbonizzata. Il ragazzo, uno dei tre, se ne rimase a terra inerme con metà viso incenerito, gran parte del viso rovinato per sempre. Peggio che un sasso dal cavalcavia, per l’appunto. Lo colpì e lo uccise. Lo colpì e le fiamme fecero quello che dovevano, fino al cervello arrivarono, bruciarono la pelle prima, si ficcarono nel cranio e lo uccisero. Il Barbone in Fiamme e la sua vittima a terra. Aveva fatto bene? Non sapeva se la definizione vittima fosse giusta. Ignorava la bontà del gesto. I suoi amici, i quasi-fratelli, quelli che non l’avevano mai lasciato solo, lo lasciarono solo. Cominciarono loro a sbalzare, catapultandosi e sobbalzando da una parte all’altra. Sembrava un ritrovo di idioti in preda ad una crisi. Distanti, se ne andarono così lontani da essere impossibile il loro tallonamento. Ed allora all’uomo incenerito non restò che dare un calcio nel costato del ragazzo a terra. Forse era già morto, ma non vi saprei dire esattamente per quale motivo.

Col tempo si seppe che forse il Barbone in Fiamme non moriva ed intanto non smetteva di bruciare per il troppo lerciume della sua pelle, per lo spessore del laidume, della marcescenza di tanta sporcizia che da sotto le unghie e poi dappertutto s’era a lui radicata addosso.
L’importante, per il clochard, era che non fosse ancora morto.

Qui scriverò, poi, qualcosa sulla lotta per la sopravvivenza. Di sicuro la più grande idiozia, il più dannoso cancro dell’uomo moderno. Ora non so cosa dirvi a riguardo, al di fuori del mio disprezzo.

Alla fermata dell’autobus nessuno gli disse niente.
Vedevano un uomo bruciare, se ne stavano il più distante possibile dalla fiaccola antropica, ma poi non troppo diversamente da quanto facessero solitamente da quei vecchi che a tutti i costi vogliono parlare di qualcosa: tempo meteorologico o tempo perso, soprattutto.

Altri commenti sulla vita di un Barbone in Fiamme, senza dimenticarsi di esagerare. Esempi di vita pratica: quando il Barbone si siede e liquefa il seggiolino sotto il suo potente sedere bollente, oppure quando beve qualcosa che ancora non gli è evaporato in mano e questo s’infiamma appena è lui stesso a gettarselo in volto. E poi cose di questo genere, tanto per rendere la storia un po’ più lunga.
Poi arrivo al finale. E parlo di Evita.

C’era tutto nel suo nome. Tutto ciò di cui un uomo avrebbe avuto bisogno.
C’era la vita, il principio. C’era una congiunzione. Perché è questo “essere” e questo fece per vivere prima di fare il barbone: scegliere dove mettere le congiunzioni. Dove a queste sostituirò una virgola, dove cancellerò tutto e ricomincerò da capo. La libertà è il metodo. Voi, chi s’adopera in questo mestiere, lo chiamate scrittore.
Evita, si chiama. Evita, la donna per la quale smise di scrivere, di parlare di congiunzioni e fare distinzione tra verbi transitivi ed intransitivi, per la quale divenne quello che era, un clochard come tanti. Perché la lotta per la sopravvivenza non ha senso, perché non ha senso dirsi felici e fingersi tali e se anche quel bel pezzo di fica di Evita decide di non sentirti più, di non darti una seconda possibilità, allora tanto vale morire. No, meglio, diventare un Senzatetto. Non credo esista una categoria umana più coerente dei barboni: amare così tanto da incorrere nell’irrimediabile.
La fissava, la porta di Evita. La fissava dal giardino accanto, spargendo distruzione nelle corolle e fili della vicina di sua maestà Evita. Aspettava che questa uscisse. Quando questo successe, estratto dal suo cantuccio tra aiuole e mattoni, il Barbone in Fiamme si parò davanti ad Evita; lei non capì chi fosse, mugghiando. “Ti amo” disse lui. Ed abbracciandola, gonfio e sicuro, si spensero entrambi. Lì, tra l’indifferenza.

Emanuele Podestà (Genova, 11 maggio 1987) La Leggenda del Barbone in Fiamme da "La Vera Storia del Fegato di C. Bukowski", 2009, HabanerO

giovedì 24 febbraio 2011

Il sogno !

Ma perché sognare qualcosa di meglio ? Qualcuno ci dice che cosa è meglio o peggio che dobbiamo valutare ? Chi impone le valutazioni ? Siamo alla ricerca di qualcosa di meglio ma non sappiamo cosa ! Oppure cerchiamo il meglio degli altri ! Fermiamoci e accendiamo il cervello magari qualche barbone ha scelto !

mercoledì 17 novembre 2010

Gran minestra!

Beggar’s Food Barboni gourmet a Milano

Barboni. Di solito chiedono, implorano, mendicano, ma cosa succede quando la situazione si capovolge, quando a offrire buoni piatti caldi agli infreddoliti passanti milanesi sono proprio loro. Scopritelo guardando il video di Franca Formenti, l’artista che ha coinvolto Dissapore in questo insolito esperimento.

Fin dai tempi del ready made il senso del fare artistico si è costruito sostanzialmente su due coordinate: l’intenzione dell’artista, che riconosce come “arte” il suo operare, e uno spazio espositivo riconosciuto come attinente al “sistema dell’arte”, una galleria, uno spazio pubblico o altro, comunque in qualche modo legati a un promotore, un curatore, uno sponsor di mostre. Un atto soggettivo e uno spazio “di garanzia”.

Quando Christine Hill, approdata in Germania agli inizi degli anni ‘90, si mise a pulire la strada dove abitava ad ore fisse della giornata, simili e diverse da quelle abituali degli operatori ecologici comunali, operò una torsione forte di quelle coordinate. Arte di strada si era sempre fatta, non c’è bisogno di richiamare Bansky o Keith Haring; ma il gesto compiuto, in genere, era un gesto “istituzionalmente” riconoscibile come gesto “artistico”, pittura spray o disegno, e i conti alla fine tornavano. Tanto è vero che quei graffiti metropolitani sono alla grande nel mercato dell’arte, una volta acquisito il nome di genere: “Street art”.

La Hill invece inglobava nel lavoro dell’artista attività altre che, nell’essere assunte come artistiche, ne erano potenziate in visibilità. Gli abiti di seconda mano che si mise a vendere nelle sue Volksboutiques dichiaravano esplicitamente lo statuto di merce interna all’opera d’arte, e contemporaneamente esaltavano l’usato come merce dialogica, pluridentitaria, discorsiva, parlavano ecologicamente di riciclaggio e circuiti alternativi. La ricchezza della cultura veniva assimilata per immersione, utilizzata con le pratiche “astute” (smart) teorizzate da de Certeau, metaforizzata per mutare registro rispetto all’ordine dominante, usata tatticamente da bricoleuse. Il fare artistico era tutt’uno con le modalità del relazionarsi. Un’arte intrinsecamente performativa.

Più che dare forma a realtà immaginarie, tale arte relazionale vuole porsi come modo di vita e modello di azione all’interno della realtà esistente. Si tratta di pratiche spesso correlate alla compressione spazio-temporale della globalizzazione, e perciò segnate da istanze intersoggettive e conflitti identitari, anche se l’esigenza preminente resta una elaborazione comune del significato, tra artista e suoi pubblici: e dunque pratiche “artistiche” a tutti gli effetti.

Rirkrit Tiravanija, un artista di origine thailandese ormai molto affermato, incarna bene questa ambiguità generosa, tra l’accettare di consumarsi come dono effimero e completo di sé, e l’ambizione di proporsi come modello etico. Tiravanija lavora sul cibo e le sue opere sono, per scelta estetica precisa, performance; dunque processi “liminoidi”, come direbbe Victor Turner, azioni in progress che modificano se stessi e la realtà esterna per il solo fatto di prodursi.

Perciò ogni sua esposizione si esaurisce spesso nella serata inaugurale, in cui l’artista prepara squisite polpette thai, ibridate con le contingenze locali, che arricchiscono il piatto degli umori e dei colori della cultura ospitante: un condimento, un ingrediente tipico, come attenzione al gusto dei presenti e come dono necessariamente glocal. Ma, attenzione, anche questo donarsi è in realtà dentro un circuito commerciale protetto: sia che avvenga in una galleria privata, sia in uno spazio pubblico, la sua connotazione “artistica” è garantita da curatori, esperti, galleristi, collezionisti, promotori e pubblico del vernissage.

Franca Formenti lavora anche lei col cibo, ma in un’ottica di deriva post-situazionista. I pubblici a cui indirizza le sue performance non sono quelli selezionati dell’arte, come quelli di Tiravanija. E d’altra parte le azioni di strada non lasciano tracce permanenti né possono essere ricondotte all’ordine economico-simbolico della merce-opera d’arte come è capitato per la Street Art.

Un’arte senza luoghi deputati, senza segni perenni; un’arte che abolisce ogni spazio “di garanzia” e si espone come puro rischio performativo, perché adotta la logica sconfinata della rete: il brainframe della rete. Vive il flusso e resta nel flusso. Agisce sui desideri e sulle pratiche di consumo con occhio smart, critica il modello commerciale ma non per contrapporgli quello del dono, bensì per smascherarne la pervasività.

Per insinuare come non ci sia possibilità di uscire dalla logica dello sfruttamento e del profitto, anche quando essa assume la seduttività del dono, e del dono di cibo: vitalità del negativo, almeno concettualmente, 50 anni dopo. E con l’aggiunta, rispetto ad allora, della consapevolezza che il medium è il messaggio: il che, nel linguaggio della critica contemporanea, si chiama “critica istituzionale”.

Dietro le proposte di Franca Formenti riassumibili nel Food Power, come la Street Food Escort o in questo caso, il Beggar’s Food, non c’è alcuna istituzione dell’arte, alcun committente né curatore-mediatore-sacerdote. Come ogni networking open source istituisce invece un nuovo spazio pubblico, dove il sapere si elabora e si condivide orizzontalmente sulla base di appartenenze macroconflittuali. Fuori dalle gallerie, la promozione e la diffusione avvengono col passaparola, per contiguità, senza costrizioni sintattiche.

Anche il committente può colorarsi del gusto fake dell’etica hacker, istituendo ulteriori livelli di narrazione, ulteriori link di conflittualità. Quel fake che solo la rete rende possibile, in una invenzione del quotidiano che mescola esperienze di blog, competenze tecniche e luoghi della qualità per attraversamenti da bracconiere: poachers, direbbe Mark Jenkins.

Per Beggar’s Food Formenti si è rivolta a Dissapore, uno dei network più autorevoli dedicati al cibo. Con la loro complicità ha ideato un progetto in cui il sito Dissapore si fingeva imprenditore, tanto da fornire il logo all’iniziativa dell’artista, per avallarne la credibilità in pubblico.

Secondo il progetto un certo numero di barboni sarebbe stato addestrato a creare squisiti piatti caldi da offrire per strada ai passanti nelle fredde sere invernali. Un dono, in apparenza. Un dono che già in sé capovolge il senso comune e l’ordine sociale, in cui è il barbone a dover chiedere cibo. Tuttavia un tale capovolgimento, così vistoso da apparire rivoluzionario, non sradica la legge del profitto.

Gli ultimi continuano comunque ad essere sfruttati, ci insegna il progetto Formenti, dal momento che la scommessa imprenditoriale si fonda sul giusto calcolo che l’elemosina, la mancia per la gradita squisita minestra calda, sarebbe sicuramente molto più ricca di quanto non fosse stata se lasciata al solo buon cuore dell’eventuale samaritano. Più ricca di una semplice elemosina a senso unico, in pura perdita, fatta da chi è abituato a comprare, a scambiare beni con denaro. Lo scambio di cibo con denaro è meno osceno del ricevere cibo da chi non ne ha.

Meno perturbante. Meglio abbondare nell’elemosina di ritorno, se in tal modo si può sconfiggere l’imbarazzo di un ordine sociale sconvolto. Meglio “pagare” il mendicante per il suo servizio che riconoscerne la sovranità legata ad un gesto di puro dispendio. Meglio evitare di ragionare sul dispendio: troppo disordinante. Su queste leve di psicologia sociale il progetto Formenti agisce come un grimaldello. Il profitto di chi si fa suo imprenditore è garantito: l’organizzazione della fame e i criteri della distribuzione di cibo sono un business nel mondo spietato delle leggi di mercato. E i senza cibo resteranno tali anche quando lo produrranno per la comunità.

Una metafora, una splendida metafora di quanto accade in questa globalizzazione. Una pratica smart da bricoleuse e un’azione etico-politica di grande impatto e portata conflittuale poiché equipara, nell’evidenza delle azioni e dei meccanismi di reciprocità, la quotidianità dello spazio pubblico con il territorio del conflitto.

Luisa Valeriani insegna Sociologia delle Arti e della Moda alla Sapienza di Roma, e dal 2009 anche Creatività e circuiti dell’Arte all’Università iulm di Milano. Si è occupata di avanguardie, di cinema, di mode, di consumi culturali in genere.

sabato 16 ottobre 2010

Guardare e ascoltare!

La città con gli occhi di un senza fissa dimora

Vivere sulla propria pelle la povertà, quella vera, quella che ti fa dormire per strada, al freddo e mangiare gli avanzi. Torna a Roma, per il decimo anno consecutivo “La Notte dei Senza Dimora”, la storica manifestazione che chiama a raccolta le associazioni romane che lavorano quotidianamente con le persone senzatetto. In occasione della Giornata Mondiale ONU per la lotta alla povertà, sabato 16 e domenica 17 ottobre 2010 a Roma, un workshop e poi una serata di cultura, musica invoglieranno i cittadini a riflettere sui fenomeni connessi al disagio abitativo.

Si comincia con i lavori di “Non è solo un tetto!”, all’Antico Ospedale San Gallicano (16 ottobre, ore 10.30) dove ci si muoverà tra dibattiti e tavole rotonde, documentari, rappresentazioni di teatro-reportage e concerti seguendo le testimonianze e le storie di chi vive la sua vita ai margini della città. Durante l’evento verrà presentato Wheelly, un prototipo di “rifugio” mobile e trasportabile realizzato dagli architetti del progetto Zo_loft per le persone senza dimora. Previsti, fra gli altri, gli interventi di Aldo Morrone, direttore generale INMP (Istituto Nazionale Migranti e Povertà), Don Roberto Sardelli, Alessandro Radicchi, direttore dell'ONDS (Osservatorio Nazionale Disagio Sociale). Il 17 ottobre invece si invitano tutti i residenti a dormire per una notte in piazza, a San Lorenzo, come atto simbolico per dire no alla povertà e per denunciare le mancanze dell’assistenza, sensibilizzare i cittadini e coinvolgere nella vita sociale chi vive isolato dai centri luccicanti delle nostre metropoli.

Tra le tante iniziative correlate alla manifestazione “Portami a fare un giro”, un’esplorazione dei luoghi della città con gli occhi dei senza dimora. Poi una cena sociale offerta dalle associazioni, aperta a tutti e movimentata dalla Banda Popolare di Testaccio. La serata continua con la premiazione de “La vita di un senza dimora”, concorso di poesie e racconti ispirati dall’esperienza di vivere in strada. Infine musica con il concerto dei Vintage Factory. Ma, soprattutto, a mezzanotte sacco a pelo e si dorme in piazza.

www.lanottedeisenzadimora.it

fonte: http://www.unita.it/news/sociale/104559/la_citt_con_gli_occhi_di_un_senza_fissa_dimora

lunedì 11 ottobre 2010

NO Comment......

Sepolto a Vernazza Pavel Trubacs, il clochard ucciso alla stazione.













Cinque terre - riviera di levante
.
Le sue ceneri staranno per sempre alle Cinque Terre.
E' infatti stato sepolto nel cimitero di Vernazza, il corpo di Pavel Trubacs, il clochard slovacco di 56 anni ucciso a calci e pugni tre settimane fa, mentro stava dormendo all'interno della sala d'aspetto della stazione di Corniglia. Dall'obitorio della Spezia il corpo è stato trasferito al camposanto per la sepoltura alla quale hanno presenziato sindaco e vice-sindaco, alcuni consiglieri comunali e qualche abitante. E' stata dunque l’amministrazione a provvedere alla procedura mentre nessuna della famiglia originaria era presente.

lunedì 4 ottobre 2010

Un pò di cultura!

Booksblog ci segnala un libro da leggere per capire un fenomeno e per conoscere una storia di emarginazione da chi l’ha vissuta in prima persona. E’ il libro autobiografico di un clochard milanese, “Le viscere della citta”, (Mursia editore), scritto da Mario De Nicolais.

Morto nel 97 all’età di 80 anni, Mario è quello che si dice un grande uomo. La sua è una storia che potrebbe riempire una fiction televisiva; un uomo che visse tre vite: figlio del questore di Milano nel primo dopoguerra, poi imprenditore fallito e infine barbone nella Milano di oggi per 4 anni. A sessant’anni il riscatto: volontario a sua volta nella parrocchia di san Carlo al Corso e promotore di iniziative a favore degli emarginati.

Prima della sua morte al Corriere mandò una lettera che concludeva così:

Io penso che Milan l’è on gran Milan e chissà che prima o poi non sorga una classe dirigente degna di questo nome in grado di difenderci dalle ruberie del resto d’Italia e che finalmente, per migliorare la vita di chi è stato meno fortunato di altri, si possa essere in grado di utilizzare le nostre risorse, che sono sempre notevoli

Di lui racconta Antonio Papi Rossi, presidente della Cena dell’Amicizia, storica associazione che si occupa di senza dimora: “Era un uomo straordinario. Conosceva bene anche gli angoli più remoti della città dove sapeva che c’erano un uomo o una donna abbandonati a se stessi. Andava da loro, sapeva ascoltarli e condivideva la loro vita da emarginati”.






mercoledì 22 settembre 2010

Come sparare sulla croce rossa!

Clochard ucciso,arresto presunto omicida

Testimoni hanno assistito alla furia del dominicano

22 settembre, 11:25
Clochard ucciso,arresto presunto omicida

(ANSA) - LA SPEZIA
I carabinieri hanno arrestato un dominicano per l'omicidio di un barbone, ucciso alla stazione ferroviaria di Corniglia (La Spezia). I militari hanno ricostruito la colluttazione che il dominicano avrebbe avuto con la sua vittima, uccisa con calci, pugni, e con un bastone.

Secondo quanto si e' appreso, alcuni testimoni avrebbero fornito dettagli sulla dinamica e per l'individuazione dell'assassino. Si tratta di persone che sarebbero rimaste perfino intimidite dalla furia dell'uomo.

fonte: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/09/22/visualizza_new.html_1760478568.html

lunedì 30 agosto 2010

Buon appetito!

Aggiungi un posto a tavola (per 200 clochard)

Domani duecento clochard milanesi festeggeranno al ristorante la fine dell’estate con i City Angels. I senza tetto si ritroveranno infatti in un ristorante nel pieno centro della città, dove potranno una volta tanto fare un pasto completo, serviti di tutto punto da alcuni volti noti dello spettacolo e della politica, con un piccolo spettacolo offerto da un cantante e da un prestigiatore.
«Agosto è il mese più difficile per i senzatetto: hanno meno assistenza e si sentono più soli, chi può lascia la città - . - Per questo festeggiamo con loro la fine della stagione per loro più brutta» spiega Mario Furlan, fondatore degli «Angeli». Nell’occasione Furlan farà il punto di quanto è successo sulle strade di Milano in agosto e di cosa potrà succedere in autunno.
I clochard si troveranno a mezzogiorno di lunedì 30 agosto al ristorante Da Gennaro - Ciardi di via San Raffaele 6, accanto alla Rinascente, a 100 metri dal Duomo. Il ristorante accoglierà gratuitamente, a proprie spese, i senza fissa dimora: una prova che la Milano «con il cuore in mano» esiste ancora.
Ad allietare i clochard la musica di Salvatore Ranieri, il Cantante della Solidarietà, e i giochi del prestigiatore Mago Hermy. Verranno serviti ai tavoli dagli assessori comunale Mariolina Moioli, Servizi sociali, e provinciale Stefano Bolognini, Sicurezza. Tra gli improvvisati «commis di cucina» anche l’attore Manuel Frattini, il presentatore Cesare Cadeo, la grafologa Candida Livatino. Sarà presente anche l'attore Francesco Lombardi detto Ghibli, che farà nell’occasione la sua prima apparizione pubblica dopo essere finito in ospedale per avvelenamento: nei giorni scorsi aveva infatti bevuto una bottiglietta d’acqua inquinata con l’ammoniaca. Non potevano infine mancare da Daniela Javarone, presidente dell’Associazione milanese amici della lirica, membro del consiglio direttivo dell’associazione nazionale «Lirica Domani», nonché madrina dei City Angels, insieme al presidente onorario dell’Associazione, Giancarlo Giavardi. Tutti rigorosamente in divisa da «Angeli», maglietta rossa e ebasco azzurro.
Domani duecento clochard milanesi festeggeranno al ristorante la fine dell’estate con i City Angels. I senza tetto si ritroveranno infatti in un ristorante nel pieno centro della città, dove potranno una volta tanto fare un pasto completo, serviti di tutto punto da alcuni volti noti dello spettacolo e della politica, con un piccolo spettacolo offerto da un cantante e da un prestigiatore.
«Agosto è il mese più difficile per i senzatetto: hanno meno assistenza e si sentono più soli, chi può lascia la città - . - Per questo festeggiamo con loro la fine della stagione per loro più brutta» spiega Mario Furlan, fondatore degli «Angeli». Nell’occasione Furlan farà il punto di quanto è successo sulle strade di Milano in agosto e di cosa potrà succedere in autunno.
I clochard si troveranno a mezzogiorno di lunedì 30 agosto al ristorante Da Gennaro - Ciardi di via San Raffaele 6, accanto alla Rinascente, a 100 metri dal Duomo. Il ristorante accoglierà gratuitamente, a proprie spese, i senza fissa dimora: una prova che la Milano «con il cuore in mano» esiste ancora.
Ad allietare i clochard la musica di Salvatore Ranieri, il Cantante della Solidarietà, e i giochi del prestigiatore Mago Hermy. Verranno serviti ai tavoli dagli assessori comunale Mariolina Moioli, Servizi sociali, e provinciale Stefano Bolognini, Sicurezza. Tra gli improvvisati «commis di cucina» anche l’attore Manuel Frattini, il presentatore Cesare Cadeo, la grafologa Candida Livatino. Sarà presente anche l'attore Francesco Lombardi detto Ghibli, che farà nell’occasione la sua prima apparizione pubblica dopo essere finito in ospedale per avvelenamento: nei giorni scorsi aveva infatti bevuto una bottiglietta d’acqua inquinata con l’ammoniaca. Non potevano infine mancare da Daniela Javarone, presidente dell’Associazione milanese amici della lirica, membro del consiglio direttivo dell’associazione nazionale «Lirica Domani», nonché madrina dei City Angels, insieme al presidente onorario dell’Associazione, Giancarlo Giavardi. Tutti rigorosamente in divisa da «Angeli», maglietta rossa e ebasco azzurro.

Fonte : http://www.ilgiornale.it/milano/aggiungi_posto_tavola_200_clochard/29-08-2010/articolo-id=469872-page=0-comments=1