Visualizzazione post con etichetta senza fissa dimora. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta senza fissa dimora. Mostra tutti i post

lunedì 5 dicembre 2011

Un pò di numeri!


«Ora basta tragedie Un tetto ai clochard»

Sempre nuovi accampamenti in centro

Senza dimora in aumento del 40 per cento 

I volontari mobilitati per offrire rifugio


Per trent' anni Fratel Ettore ha dato rifugio ai diseredati che Milano respingeva, accogliendoli con minestre fumanti e abiti puliti in un locale a dir poco fané ma davvero caloroso, sotto i ponti della Stazione Centrale. Senza tetto e barboni, si incontravano in via Sammartini 114. Tra pochi giorni - il 16 dicembre -, sarà inaugurato nello stesso luogo un nuovo rifugio che la Caritas Ambrosiana ha destinato al ricovero notturno dei senza fissa dimora. Un categoria che si stima in aumento in città del 40 per cento. Offerta insufficiente «Si tratta di 56 posti letto, una piccola risposta a un grande bisogno. Servirebbe un' attenzione più diffusa - Commenta Raffaele Gnocchi, responsabile dell' Area Grave Emarginazione Adulta e Senza Fissa Dimora della Caritas -. Chiunque può trovarsi in difficoltà economica e perdere le relazioni, scoprendo cos' è la povertà pendolare e forse avviandosi a una vita di strada». Un quarto degli utenti dei 59 centri d' ascolto Caritas sono italiani. I disoccupati di breve periodo sono il 39,9%, quelli di lungo periodo il 24%. Le richieste sono aumentate del 10,7% dal 2007, e del 59% dal 2002. Il 50% non riesce a far quadrare il bilancio. Mentre a Milano cresce il numero di bisognosi, e i luoghi che li accolgono non è sufficiente (4.000 vivono in strada, 1.359 i posti letto), c' è chi, in silenzio, da anni, apre la porta a chi bussa. Padri separati I Fratelli di San Francesco d' Assisi Onlus (www.fratellisanfrancesco.it) gestiscono tra via Saponaro e lo Scalo Romana, quattro edifici per un totale di 700 posti letto. Un ambulatorio con oltre 100 medici volontari, e molto altro. «Le mie case quando fa freddo sono come fisarmoniche. Meglio dormire al caldo in un sacco a pelo, o per strada sotto la neve? Quando vengono i burocrati glielo dico: "Guarda che questi cento in più, te li mando in salotto". All' emergenza si risponde con l' emergenza, non con i moduli», dice padre Clemente Moriggi, un tipo di frate piuttosto schietto. Dopo quarant' anni di accoglienza diurna, e 15 nei centri notturni, con l' aiuto di 500 volontari, padre Clemente, è una banca-dati umana: «Il progetto che chiamiamo "Dal cartùn al matùn", dal cartone al mattone, per chi non sa il milanese, ha levato dalla strada il 33% di chi ci ha chiesto aiuto. Se non diamo un tetto, non risolviamo nulla. Ma i posti non bastano: dal 15 novembre, inizio del piano antifreddo, ho già respinto 60 persone». Il frate, inarrestabile, racconta che molti homeless non gradiscono le normali regole di convivenza, e scelgono la strada. Ma più della metà degli 80 senzatetto che vivevano negli scantinati del Policlinico, hanno accettato aiuti e case Aler, mentre i 70 italiani che con i cani «abitavano» alla stazione di Greco, hanno detto no al dormitorio. «Il 35% degli ospiti in questo momento sono italiani e su 700, sono 70 i padri separati, che se non trovano uno sbocco, saranno i futuri clochard - aggiunge il frate -. Gli altri? Tra gli stranieri molti richiedenti asilo». Reinserimento difficile La città degli invisibili non si ferma mai. Di notte otto unità mobili setacciano Milano e portano senzatetto semi-assiderati a Suor Cristina, al centro di viale Isonzo 11. Quando è buio, è il solo posto che dà accoglienza. Il giorno dopo c' è la visita medica all' ambulatorio di via Bertoni, il test Mantoux a Villa Marelli e solo dopo, l' assegnazione a un dormitorio. «Il reinserimento degli adulti senza fissa dimora è un terno al lotto: dove possiamo mandarli a lavorare e a vivere se non c' è lavoro e non ci sono case? Abbiamo 22 posti letto tra centro maschile e femminile, alla Comasina - conclude Erika Filipovska dell' Associazione Cena dell' Amicizia (www.cenadellamicizia.it), nata nel 1968 dall' invito a cena che un gruppo di amici fece a un barbone, e che da allora si ripete ogni martedì -. Abbiamo appartamenti di terza accoglienza, dov' è possibile fermarsi più a lungo: ma poi? Ci vorrebbero tante strutture come la nostra, e molto più grandi. Gli adulti emarginati vengono dopo tutte le categorie sociali: dopo gli anziani, dopo i bambini, dopo i disabili».

Anna Tagliacarne

fonte:  http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/04/Ora_basta_tragedie_tetto_clochard_co_7_111204036.shtml

sabato 16 ottobre 2010

Guardare e ascoltare!

La città con gli occhi di un senza fissa dimora

Vivere sulla propria pelle la povertà, quella vera, quella che ti fa dormire per strada, al freddo e mangiare gli avanzi. Torna a Roma, per il decimo anno consecutivo “La Notte dei Senza Dimora”, la storica manifestazione che chiama a raccolta le associazioni romane che lavorano quotidianamente con le persone senzatetto. In occasione della Giornata Mondiale ONU per la lotta alla povertà, sabato 16 e domenica 17 ottobre 2010 a Roma, un workshop e poi una serata di cultura, musica invoglieranno i cittadini a riflettere sui fenomeni connessi al disagio abitativo.

Si comincia con i lavori di “Non è solo un tetto!”, all’Antico Ospedale San Gallicano (16 ottobre, ore 10.30) dove ci si muoverà tra dibattiti e tavole rotonde, documentari, rappresentazioni di teatro-reportage e concerti seguendo le testimonianze e le storie di chi vive la sua vita ai margini della città. Durante l’evento verrà presentato Wheelly, un prototipo di “rifugio” mobile e trasportabile realizzato dagli architetti del progetto Zo_loft per le persone senza dimora. Previsti, fra gli altri, gli interventi di Aldo Morrone, direttore generale INMP (Istituto Nazionale Migranti e Povertà), Don Roberto Sardelli, Alessandro Radicchi, direttore dell'ONDS (Osservatorio Nazionale Disagio Sociale). Il 17 ottobre invece si invitano tutti i residenti a dormire per una notte in piazza, a San Lorenzo, come atto simbolico per dire no alla povertà e per denunciare le mancanze dell’assistenza, sensibilizzare i cittadini e coinvolgere nella vita sociale chi vive isolato dai centri luccicanti delle nostre metropoli.

Tra le tante iniziative correlate alla manifestazione “Portami a fare un giro”, un’esplorazione dei luoghi della città con gli occhi dei senza dimora. Poi una cena sociale offerta dalle associazioni, aperta a tutti e movimentata dalla Banda Popolare di Testaccio. La serata continua con la premiazione de “La vita di un senza dimora”, concorso di poesie e racconti ispirati dall’esperienza di vivere in strada. Infine musica con il concerto dei Vintage Factory. Ma, soprattutto, a mezzanotte sacco a pelo e si dorme in piazza.

www.lanottedeisenzadimora.it

fonte: http://www.unita.it/news/sociale/104559/la_citt_con_gli_occhi_di_un_senza_fissa_dimora

lunedì 2 agosto 2010

Concorso!!!

Un concorso letterario per raccontare la vita di chi non ha casa


Un appello alle realtà sociali: carta, penna e storie di vita.

Anche Redattore Sociale parla di noi

ROMA – Un concorso di narrativa e poesia per riflettere sulla questione di chi non ha casa: ecco la novità della “Notte dei senza dimora”, giunta quest’anno alla sua decima edizione. I partecipanti al concorso dovranno narrare, in prosa o rima, la vita di una persona senza dimora. Le prime cinque opere selezionate verranno incluse in un’antologia scaricabile on-line, il cui ricavato servirà per finanziare la manifestazione, e le due opere premiate saranno lette durante l’evento. “Nel corso degli anni ci siamo avvalsi di vari strumenti per promuovere la manifestazione: arte di strada, teatro, mostre fotografiche – spiega Girolamo Grammatico, volontario della Casa di Cartone, una delle associazioni che partecipano al coordinamento per la Notte dei senza dimora. – Quest’anno abbiamo pensato a una maggiore partecipazione dei cittadini. Da qui l’idea di coinvolgerli in un percorso di riflessione, culminante nella produzione di racconti sulla vita di un senza dimora”. “Non ci sono premi – sottolinea Grammatico –. L’obiettivo della Notte è informare e sensibilizzare i cittadini, e così anche quello del concorso: far sì che le persone che partecipano prendano consapevolezza della situazione di chi vive in strada”.

La manifestazione nasce a Milano nel 2000: prendendo spunto dall’Euro-sleep out, meeting nato negli anni ’90, Terre di Mezzo Onlus realizza la prima Notte dei senza dimora, in cui i cittadini, muniti di cuscini e sacco a pelo, si organizzano per dormire all’aperto. L’anno successivo l’iniziativa si allarga a Roma, coinvolgendo poi le piazze delle principali città italiane che, ogni 17 ottobre nella Giornata mondiale contro la povertà indetta dall’ Onu, vedono la presenza di numerosi cittadini pronti a dormire all’addiaccio. Alla base dell’iniziativa l’idea che la condivisione, anche se solo per una notte, di una situazione di precarietà abitativa avvicina i cittadini alle problematiche dei senza dimora, contribuendo a vincere timori e pregiudizi. Con il concorso, si vuole far sperimentare questa nuova prospettiva anche a chi, eventualmente, non dormirà in piazza il 17 ottobre prossimo, “ma avrà fatto comunque, scrivendo, delle proprie riflessioni sulla tematica – aggiunge Grammatico. – Nell’Anno europeo della lotta alla povertà – conclude il volontario – la sensibilizzazione appare sempre più importante, in un contesto di scarsità sia di fondi istituzionali sia di partecipazione cittadina”.

I lavori dovranno essere presentati entro il 12 settembre.

Bando e informazioni al sito www.lanottedeisenzadimora.it/concorso-letterario/

(Serena Chiodo)

fonte: http://www.lanottedeisenzadimora.it/

giovedì 31 dicembre 2009

Senza fissa dimora, senza diritti

Nell’edizione del 1993 del Rapporto Feantsa (Federation Européenne d’Associations Nationales Travaillant avec les Sans-Abri) sulla situazione italiana, a cura di Antonio Tosi e Costanzo Ricci, viene proposta una definizione di persona senza fissa dimora suddivisa in tre categorie: persone prive di qualsiasi sistemazione, persone in sistemazioni provvisorie del settore pubblico o volontario e persone che si trovano in situazioni abitative marginali fortemente sotto-standard. Secondo le stime dell’OMS sono circa 3 milioni le persone senza fissa dimora nei paesi dell’Unione Europea. Un dramma che si consuma sullo sfondo di un mondo industrializzato economicamente sempre più prospero (un PIL pro-capite che è raddoppiato tra il 1980 ed il 1995 in 12 paesi dell’Unione Europea). In Italia si calcola che le persone senza fissa dimora siano tra le 170.000 e 280.000, di cui 100-120.000 vivono in alloggi impropri, 60.000 vivono in forme di coabitazione forzata, 100.000 vivono in dormitori e 20.000 sono prive di qualsiasi riparo. Questi ultimi sono presenti soprattutto nelle grandi aree metropolitane (6.000 in una città come Roma e poco meno di 2.000 a Firenze).

I senza fissa dimora hanno sconvolto la gerarchia dei bisogni, che secondo la vecchia teoria di Maslow si distinguono in: primari, che riguardano la povertà materiale; secondari, che riguardano la povertà istituzionale e terziari, anche definiti bisogni di relazione, che dipendono dalla qualità del rapporto umano. I senza fissa dimora scelgono infatti di rimanere persone dipendenti soprattutto dalla comunità, più che dai bisogni materiali (primari) ed istituzionali (secondari). I senza fissa dimora sono essenzialmente delle persone che scelgono liberamente di non dipendere dai bisogni materiali, accettando di vivere una vita di povertà assoluta, non dipendendo dalle istituzioni ed avendo percepito la distanza tra quello che poteva offrire un’istituzione e quello di cui avevano realmente bisogno. Nella loro vita c’è quasi sistematicamente un episodio di trauma relazionale di diverso tipo che ha generato una serie di bisogni ai quali le risorse della comunità non hanno saputo rispondere. Ma guardando al di là dell'idea romantica del barbone che vive la strada per scelta, con l'idea consapevole di godere di una propria libertà, si evidenzia anche la fragilità di persone che hanno conosciuto il carcere, l'alcolismo, la disgregazione del nucleo familiare, la disoccupazione, il fallimento economico, la prostituzione e la difficoltà di vivere in una società dalla quale ci si sente esclusi. Solo una risposta valida e credibile al trauma relazionale iniziale può permettere dunque la riapertura di quelle porte che possono far entrare risorse sul piano materiale ed istituzionale e ristabilire un dialogo attivo e costruttivo con il tessuto sociale circostante. Sempre più spesso si tratta di donne e di una popolazione giovane, a volte con problemi di dipendenza da alcol o sostanze stupefacenti o con problemi psichici.

L’espandersi del fenomeno del “barbonismo” e la nascita del concetto di “esclusione sociale”, che ne deriva, sembra dunque essere proporzionale alla spinta verso l’emarginazione esercitata dalla nostra società nei confronti di persone che vivono momenti di fragilità. Ancora una volta, ci troviamo di fronte ad una società escludente, una società priva di una volontà sufficiente per porre rimedio a ferite che potenzialmente potrebbe curare, una società lontana dalla cultura della convivenza. Le politiche sociali e le istituzioni dovrebbero dunque occuparsi più del centro della società che dei margini, perché dovrebbero essere in grado di bloccare i processi di esclusione sociale e nello stesso tempo di attivare dei processi di recupero e di reinclusione sociale. La comunità dovrebbe pertanto diventare l’obiettivo principale dell’intervento, che in varie forme si mobilita, realizzando qualcosa di diverso dai processi di esclusione che gran pare della società civile invece mette in atto sistematicamente in maniera più o meno cosciente. In questo lungo e difficile percorso le istituzioni dovrebbero aiutare la comunità a crescere a prendere coscienza di quante situazioni di disagio dipendono dalla scarsa qualità di vita che la comunità riesce a mettere in atto, quante situazioni di disagio, quante marginalità sono fortemente dipendenti da una comunità che non ha più certi valori di riferimento, una cultura dell’accoglienza, un’attenzione alle generazioni. Fino ad ora poche amministrazioni comunali hanno preso seriamente in carico il problema, usufruendo del Fondo nazionale per le politiche sociali. Tali Comuni si sono attivati per la realizzazione di centri e servizi di prima accoglienza, interventi socio-sanitari e servizi per l'accompagnamento e il reinserimento sociale, i quali vengono affidati nella maggioranza dei casi alle organizzazioni di volontariato, alle istituzioni ecclesiastiche e al privato sociale (cooperative, fondazioni, ecc...), espressione dell’attuale dinamismo della società civile. Preoccupante è anche il fenomeno del cosiddetto " blocco anagrafico", cioè la perdita della residenza e dei documenti di riconoscimento da parte dei senza fissa dimora, la conseguente dichiarazione di scomparsa e l'impossibilità di usufruire dei servizi socio-sanitari, di votare, di beneficiare di pensioni di invalidità. La legge e il regolamento anagrafico di riferimento a livello nazionale concederebbero la possibilità di iscrizione all'anagrafe del Comune in cui la persona ha un domicilio, il luogo quindi sede dei principali affari e interessi, ma spesso gli stessi Comuni hanno interpretato in senso restrittivo tale norma, con conseguenze molto gravi. La situazione di disagio dei senza fissa dimora aumenta comprensibilmente nei mesi invernali. In una grande città come Roma, ad esempio, durante l’inverno appena trascorso, cinque persone sono morte a causa del freddo. Tra di essi anche un giovane di vent’anni.

In questo contesto MdM agisce con la finalità di portare aiuto e solidarietà non solo alle popolazioni vulnerabili di paesi lontani ma anche nelle nostre città. Dal 2003 è attiva a Roma un'unità mobile di MdM che opera nella zona del centro con volontari medici, psicologi ed infermieri . L’Unità mobile è concepita come un servizio di prossimità che ha l’intento di fungere da “ponte” tra le persone, che per varie ragioni sono private del diritto dell’accesso alle cure, e quei servizi sanitari pubblici che tale diritto devono garantire. Gli operatori di Roma limitano l'intervento ai casi di pronta risoluzione o di urgenza, offrendo un'informazione sui rischi per la salute, un orientamento alle strutture pubbliche specializzate per la cura delle varie patologie ed un eventuale accompagnamento, se necessario. MdM sta studiando la possibilità di iniziare anche a Firenze un programma sanitario rivolto alla popolazione senza fissa dimora; un equipe di volontari ha già avviato i primi contatti ed un primo affiancamento con i soggetti che operano nel settore. Nella progettazione della nostra azione possiamo usufruire della lunga esperienza delle altre delegazioni nazionali di MdM, che seguendo la stessa metodologia hanno attivato iniziative di vario tipo rivolte alle persone che si trovano sulla strada. Il 21 dicembre dello scorso anno la delegazione francese, in particolare, si è fortemente mobilitata per avanzare alle istituzioni pubbliche precise richieste, misure semplici e concrete quali il diritto ad un alloggio senza limite di durata per le persone che ne siano prive, abbandonando provvedimenti di emergenza per trovare soluzioni durature in tal senso. I volontari di MdM hanno percorso i quartieri della capitale francese alla ricerca di persone che vivessero e dormissero per la strada, donando loro in totale duecento tende tipo “canadese”. L’iniziativa ha sorpreso una parte dell’opinione pubblica parigina che è sembrata accorgersi della realtà dei “senza tetto” solo a causa della presenza delle tende blu che “disturbavano” il paesaggio urbano del centro della città. Le tende vogliono essere un simbolo, la denuncia dell’assenza di soluzioni concrete e non congiunturali. Abbiamo infatti riconosciuto che il contributo nel settore sanitario, come in altri settori, per essere incisivo a livello di popolazione, richiede il sostegno di politiche pubbliche intelligenti e mirate all’inserimento nella società dei cittadini che vivono in condizioni di emarginazione, passando da interventi di emergenza puramente assistenziali ad interventi duraturi e rispettosi della dignità delle persone.


http://www.mdmcentrosud.org/solidali/MdM_NS_05.htm