mercoledì 23 marzo 2011

I pendolari più affezzionati.

Clochard d'Italia, il popolo delle stazioni
Otre 40 mila sono giovani e stranieri

Il 73% sono uomini; il 27% donne. Il 22% italiano ed il 78% straniero. Numerosissimi i nord africani: Marocco, Eritrea, Egitto, Somalia, Algeria e Tunisia. Ma anche molti braccianti di Rosarno che, dopo le rivolte dell'anno scorso, sono sistemati sulle panchine lungo i binari. I boss sono est europei

ROMA - Puzzano e usano i binari o gli angoli della stazione come fossero il loro bagni. S'accampano sulle panchine o davanti alle porte dei negozi. Mendicano. Rubano. Le ferrovie ne risentono, per il "danno" d'immagine delle stazioni cittadine. Polizia e autorità locali li arrestano. Oppure alzano le spalle e, per dovere istituzionale, si danno un po' da fare per assisterli. Sono 76.794 i clochard che vivono in 10 stazioni d'Italia: Roma, Milano, Napoli, Catania, Foggia, Bologna, Firenze, Chivasso, Pescara e Genova. Il 73% sono uomini; il 27% donne. Il 22% italiano ed il 78% straniero. Numerosissimi i nord africani (Marocco, Eritrea, Egitto, Somalia, Algeria e Tunisia). Tra questi anche molti braccianti di Rosarno che, dopo le rivolte dell'anno scorso, hanno lasciato la Calabria e si sono sistemati sulle panchine delle stazioni d'Italia.

Numerosi gli est europei. Arrivano da Romania, Polonia, Ucraina, che di solito assumono immediatamente il ruolo di "boss" nelle stazioni. Occupano i posti letto migliori, quelli vicino ai tombini da cui esce l'aria calda che esala dalle griglie sotto le quali corrono i metro. In crescita anche gli afghani, spesso minorenni non accompagnati (in particolare a Milano e Roma). I Rom sono invece pochi, ma tutti concentrati nelle aree di Genova Cornigliano e Chivasso. Roma si conferma la città con un maggior numero di barboni di etnie diverse, mentre a Rimini, Pescara e Genova i clochard sono soprattutto italiani.

L'indagine dell'Osservatorio.
E' questa la mappa dei barboni d'Italia stilata dall'Osservatorio nazionale 1 sul disagio e la solidarietà che nell'indagine "Mind the gap, oltre la Linea Gialla" ha individuato il numero medio di presenze, la variazione nelle diverse fasce orarie e le abitudini dei senza-casa di casa nostra.

Prima sorpresa. Sono, per il 54%, persone giovani, tra i 18 ed i 40 anni e per il 31% tra i 41 ed i 60 anni. Solo il 5% delle persone registrate risulta avere più di 60 anni. I minori non accompagnati sono l'1% del totale. Se sono italiani hanno alle spalle storie di abbandono, perdita dei legami socio affettivi, espulsioni dal contesto sociale, economico e lavorativo. Si parla di giovani tossicodipendenti, donne abbandonate, anziani, ex carcerati, deospedalizzati, spesso affetti da patologie psichiche. Le donne sono tendenzialmente est europee e il loro vagabondaggio è spesso provvisorio, legato ai tempi di attesa per una sistemazione come colf e badanti. Qualche eccezione, come nella stazione di Firenze, dove le donne sono più della media. Forse perché, fino a pochi anni fa, l'associazione "Acisijf, protezione della giovane 2" gestiva servizi dedicati soprattutto all'utenza femminile.

L'homelessness è un "rito di passaggio". In attesa dell'inserimento nella nuova società. E' come se - si legge nella ricerca - dormire tra le pezze e i cartoni sia un punto di partenza verso una migliore condizione di vita. Anche se poi non tutti lasciano la strada. La ragione sta nel fatto che le stazioni sono autentiche fonti di denaro. C'è molta gente che circola e a furia di stendere la mano, qualche spicciolo si ottiene sempre, oppure un panino o un caffé al bar. Le stazioni sono illuminate e riscaldate. Come le case. Spesso poi le ferrovie si trovano al centro della città. Questo spiega, ad esempio, l'alta frequentazione notturna di Roma Termini che, pur restando chiusa dalle 24 alle 5 di mattina, è sempre abitata da persone che trascorrono la notte nelle aree perimetrali esterne.

Genova Cornigliano non chiude. E questo spiega anche la scarsa frequentazione nelle ore notturne della stazione di Genova Cornigliano che, pur non osservando orari di chiusura, è situata al di fuori dal centro cittadino. Di solito poi la stazione è pulita. I facchini svuotano i cestini e lavano i bagni. Ed è sicura perché ci sono i vigilanti, i carabinieri, la finanza, i ferrovieri e le telecamere. Infine, ci sono gli altri senza dimora. Così, tutti insieme, la Gare diventa anche un po' comunità.

Una comunità urbana virtuale. Ogni anno 500 milioni di viaggiatori partono e arrivano, corrono affannati verso i treni di una delle 2400 stazioni d'Italia. Fanno colazione nei bar delle gare, comprano il giornale. La ferrovia è un luogo di passaggio ma non per i clochard. Per loro si tratta di spazi multidimensionali, dove necessità e opportunità si incontrano, dando vita ad una vera e propria "comunità urbana virtuale". Mentre i turisti sono in transito, i senza-dimora, spiega il sociologo polacco Zygmunt Bauman, trovano nella stazione l'approdo provvisorio di un'esistenza che non offre alternative. Dalla ricerca emerge infatti che, in Italia, c'è chi baratterebbe volentieri il suo posticino in stazione per un letto vero. Peccato che strutture e alloggi di prima accoglienza non riescano ad accoglierli tutti.

fonte: http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2011/03/22/news/pezzo_stazioni-13963659/

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