mercoledì 8 ottobre 2008

Nei panni di un clochard

di Gabriele Menegatti

Quella della settimana scorsa è stata un'inchiesta molto particolare,
probabilmente una delle più impegnative che personalmente mi sono trovato
a vivere da quando svolgo l'attività di reporter per Talk Radio – Voci nella Notte.
L'argomento da noi analizzato riguardava i clochard od homeless o, come si dice
da noi, barboni. In più di un'occasione in passato avevamo affrontato
tale tema, ma questa volta il compito doveva essere svolto in maniera
diversa. Infatti, dopo essermi camuffato in modo tale che anche il
mio vicino di casa avrebbe avuto problemi a riconoscermi, dovevo sostare
sulla strada recitando la parte di un senzatetto. Virgilio, reporter-sociologo,
nel frattempo avrebbe raccontato e commentato in diretta ciò che mi
accadeva, mantenendosi rigorosamente ad una certa distanza.
La nostra avventura è cominciata intorno a mezzanotte e mezza in coincidenza
con l'inizio della trasmissione. Dopo essermi accordato con il mio complice
riguardo dinamiche e tempistica degli interventi con lo studio, mi sono diretto,
armato di cartone e cappello per eventuali elemosine, su via del Corso,
meta scelta come prima tappa del nostro singolare tour.
Il primo forte impatto con la cruda realtà di un barbone l'ho percepito
quasi subito ed i protagonisti di quel brusco ingresso nel mondo dei clochard
sono stati due ragazzi, fidanzati credo. Mentre si avvicinavano alla mia
postazione tenendosi per mano, i nostri sguardi si sono incrociati per alcuni
istanti. Mi sentivo molto imbarazzato, probabilmente un pochino lo erano
anche loro, poi, sempre mantenendo il passo, si sono stretti in un abbraccio,
quasi che reciprocamente cercassero conforto l'uno dall'altra. Non credo
fosse bisogno di sicurezza, ero sdraiato a terra, non mi muovevo, non
potevano aver paura. Piuttosto, sembrava volessero isolare, lasciare fuori
una così brutta e scomoda immagine che si erano trovati davanti, mentre
passeggiavano spensieratamente per il corso.
Dopo aver rotto il ghiaccio con la coppietta sopracitata, ho iniziato sempre
più frequentemente a cercare il contatto, a livello di sguardi ovviamente,
con gli altri passanti. Ciò nonostante uno degli episodi che più mi ha colpito
è stato uno sguardo mancato, cioè una dimostrazione di totale indifferenza
da parte di una ragazza che, oltre a non accorgersi apparentemente di me,
ha ignorato anche il cappello posizionato ad un metro dal sottoscritto,
arrivando addirittura a calpestarlo. E' brutto pensare che l'abbia visto e
di proposito ci sia passata sopra, ma forse è ancora peggio che non si sia
accorta di una persona, in evidente difficoltà, sdraiata per terra su di un
marciapiede neanche troppo largo: Marco Berry delle Iene li chiama invisibili.
Dopo aver costatato che il flusso di persone in via del Corso iniziava a
diminuire, abbiamo deciso di spostarci verso Corso Vittorio, precisamente
all'inizio della via che porta a Campo de’ Fiori. Una volta sistemato
l'armamentario nei pressi del semaforo pedonale, mi sono soffermato
dietro un muretto per qualche minuto con Virgilio, insieme discutevamo
riguardo le mosse successive da adottare. In quel lasso di tempo è avvenuta
la cosa più simpatica della serata, infatti un tassista che stava ascoltando la
trasmissione, ci ha riconosciuto ed ha rallentato per salutarci: come amerebbe
dire Michele, questa è la magia di Talk Radio – Voci nella Notte.
Purtroppo al ritorno in postazione mi attendeva una squallida sorpresa: il
cappello con le monetine (80 centesimi in tutto) da me posizionate per
rendere più credibile il tutto, era sparito.
Beh! complimenti all'autore del gesto eroico,
in tasca avevo qualcosina in più di 80 centesimi e, se me li avesse chiesti, sarei stato felice di aiutarlo.
Poveraccio! (nell'animo).

A quel punto, intenzionato a recuperare la somma persa, ho deciso di iniziare
ad interagire con i passanti chiedendogli l'elemosina. Dopo una lunga serie
di tentativi andati male, forse anche per via del mio aspetto poco
rassicurante, sono riuscito a fermare un signore che, dopo aver frugato
accuratamente nelle tasche, ha tirato fuori una moneta da dieci centesimi.
Prima di porgermela però, ha tenuto a precisare che non era pienamente
d'accordo con quel genere d'azione, dubbioso sul come avrei potuto spendere
quei soldi. Anche se non l'ha espressamente detto, era palese a cosa si
riferisse. Dentro di me ho pensato che comunque sarebbe stato piuttosto
difficile procurarmi dello "sballo" con quella cifra. Però, in ogni caso andava
premiato il gesto, in fondo era l'unico della serata che, anche se in maniera
light, aveva messo mano al portafogli. A quel punto mi sono presentato
spiegandogli che era tutta una messa in scena e, nonostante l'arrivo di Virgilio
in veste di rassicuratore, la nostra "vittima" sembrava essere molto confusa,
rifiutando addirittura la restituzione della monetina: effetto candid camera.
Si erano fatte le tre meno cinque, la serata era giunta al termine, perciò,
una volta salutato lo studio e gli ascoltatori, ci siamo avviati verso la macchina.
Ovviamente due ore e mezza sdraiato su di un marciapiede non possono avermi
insegnato cosa significhi vivere quel tipo di vita, vivere nell'emarginazione e
nell'indifferenza altrui. Nonostante mi fossi immedesimato moltissimo nel
ruolo che stavo interpretando, affrontavo tutto ciò nella consapevolezza
(rassicurante) che quello era solo un incarico di lavoro, era l'operativo della
serata che, se vogliamo, poteva essere vissuto anche come un gioco, forte
del fatto che una volta impartitomi il "rompete le righe" da parte di Michele,
una volta che lo stesso avesse pronunciato il tradizionale "buongiorno Roma",
sarei potuto correre a casa, nella mia confortevole casetta, ad infilarmi sotto
la doccia dopo aver cestinato i panni luridi che indossavo, per tornare ad
essere una persona definibile, da chi mi circonda, "normale".
Però nonostante ciò ho avuto modo di provare delle particolari sensazioni
e di raccoglierne altrettante da quei passanti che, anche senza guardarmi,
dimostravano di aver avvertito la mia presenza. Come ho già detto questa
esperienza non può avermi fatto capire pienamente cosa possa significare
essere un barbone e, sinceramente, spero di non arrivare mai a scoprirlo al
100%... Posso comunque dire di essermi avvicinato, seppur di poco, seppur
per poco, al loro mondo, alla loro condizione e realtà e di essere stato per
un paio d'ore un'invisibile o quanto meno, meno visibile del solito.

(24/09/2007)
http://www.micheleplastino.net/inchieste.aspx?ln=it&id=20

2 commenti:

Unknown ha detto...

Leggo queste cose e mi si riempie il cuore. Mi piacerebbe scambiare 2 chiacchiere con Gabriele, gli chiederei...cosa ti porti via da questa esperienza? in che modo ti sei arricchito?
Perchè da quando ho iniziato a conoscere questa realtà parallela multisfaccettata ed estrema mi sento più ricca e più vera.
Complimenti
elo

barbonionline@gmail.com ha detto...

vorrei dire che quando la vita ti arricchisce di qualcosa significa che è viva!!!
brava elo