Curiosità a spasso !
sabato 26 marzo 2011
mercoledì 23 marzo 2011
I pendolari più affezzionati.
Otre 40 mila sono giovani e stranieri
Il 73% sono uomini; il 27% donne. Il 22% italiano ed il 78% straniero. Numerosissimi i nord africani: Marocco, Eritrea, Egitto, Somalia, Algeria e Tunisia. Ma anche molti braccianti di Rosarno che, dopo le rivolte dell'anno scorso, sono sistemati sulle panchine lungo i binari. I boss sono est europei
ROMA - Puzzano e usano i binari o gli angoli della stazione come fossero il loro bagni. S'accampano sulle panchine o davanti alle porte dei negozi. Mendicano. Rubano. Le ferrovie ne risentono, per il "danno" d'immagine delle stazioni cittadine. Polizia e autorità locali li arrestano. Oppure alzano le spalle e, per dovere istituzionale, si danno un po' da fare per assisterli. Sono 76.794 i clochard che vivono in 10 stazioni d'Italia: Roma, Milano, Napoli, Catania, Foggia, Bologna, Firenze, Chivasso, Pescara e Genova. Il 73% sono uomini; il 27% donne. Il 22% italiano ed il 78% straniero. Numerosissimi i nord africani (Marocco, Eritrea, Egitto, Somalia, Algeria e Tunisia). Tra questi anche molti braccianti di Rosarno che, dopo le rivolte dell'anno scorso, hanno lasciato la Calabria e si sono sistemati sulle panchine delle stazioni d'Italia.
Numerosi gli est europei. Arrivano da Romania, Polonia, Ucraina, che di solito assumono immediatamente il ruolo di "boss" nelle stazioni. Occupano i posti letto migliori, quelli vicino ai tombini da cui esce l'aria calda che esala dalle griglie sotto le quali corrono i metro. In crescita anche gli afghani, spesso minorenni non accompagnati (in particolare a Milano e Roma). I Rom sono invece pochi, ma tutti concentrati nelle aree di Genova Cornigliano e Chivasso. Roma si conferma la città con un maggior numero di barboni di etnie diverse, mentre a Rimini, Pescara e Genova i clochard sono soprattutto italiani.
L'indagine dell'Osservatorio.
E' questa la mappa dei barboni d'Italia stilata dall'Osservatorio nazionale 1 sul disagio e la solidarietà che nell'indagine "Mind the gap, oltre la Linea Gialla" ha individuato il numero medio di presenze, la variazione nelle diverse fasce orarie e le abitudini dei senza-casa di casa nostra.
Prima sorpresa. Sono, per il 54%, persone giovani, tra i 18 ed i 40 anni e per il 31% tra i 41 ed i 60 anni. Solo il 5% delle persone registrate risulta avere più di 60 anni. I minori non accompagnati sono l'1% del totale. Se sono italiani hanno alle spalle storie di abbandono, perdita dei legami socio affettivi, espulsioni dal contesto sociale, economico e lavorativo. Si parla di giovani tossicodipendenti, donne abbandonate, anziani, ex carcerati, deospedalizzati, spesso affetti da patologie psichiche. Le donne sono tendenzialmente est europee e il loro vagabondaggio è spesso provvisorio, legato ai tempi di attesa per una sistemazione come colf e badanti. Qualche eccezione, come nella stazione di Firenze, dove le donne sono più della media. Forse perché, fino a pochi anni fa, l'associazione "Acisijf, protezione della giovane 2" gestiva servizi dedicati soprattutto all'utenza femminile.
L'homelessness è un "rito di passaggio". In attesa dell'inserimento nella nuova società. E' come se - si legge nella ricerca - dormire tra le pezze e i cartoni sia un punto di partenza verso una migliore condizione di vita. Anche se poi non tutti lasciano la strada. La ragione sta nel fatto che le stazioni sono autentiche fonti di denaro. C'è molta gente che circola e a furia di stendere la mano, qualche spicciolo si ottiene sempre, oppure un panino o un caffé al bar. Le stazioni sono illuminate e riscaldate. Come le case. Spesso poi le ferrovie si trovano al centro della città. Questo spiega, ad esempio, l'alta frequentazione notturna di Roma Termini che, pur restando chiusa dalle 24 alle 5 di mattina, è sempre abitata da persone che trascorrono la notte nelle aree perimetrali esterne.
Genova Cornigliano non chiude. E questo spiega anche la scarsa frequentazione nelle ore notturne della stazione di Genova Cornigliano che, pur non osservando orari di chiusura, è situata al di fuori dal centro cittadino. Di solito poi la stazione è pulita. I facchini svuotano i cestini e lavano i bagni. Ed è sicura perché ci sono i vigilanti, i carabinieri, la finanza, i ferrovieri e le telecamere. Infine, ci sono gli altri senza dimora. Così, tutti insieme, la Gare diventa anche un po' comunità.
Una comunità urbana virtuale. Ogni anno 500 milioni di viaggiatori partono e arrivano, corrono affannati verso i treni di una delle 2400 stazioni d'Italia. Fanno colazione nei bar delle gare, comprano il giornale. La ferrovia è un luogo di passaggio ma non per i clochard. Per loro si tratta di spazi multidimensionali, dove necessità e opportunità si incontrano, dando vita ad una vera e propria "comunità urbana virtuale". Mentre i turisti sono in transito, i senza-dimora, spiega il sociologo polacco Zygmunt Bauman, trovano nella stazione l'approdo provvisorio di un'esistenza che non offre alternative. Dalla ricerca emerge infatti che, in Italia, c'è chi baratterebbe volentieri il suo posticino in stazione per un letto vero. Peccato che strutture e alloggi di prima accoglienza non riescano ad accoglierli tutti.
fonte: http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2011/03/22/news/pezzo_stazioni-13963659/
domenica 20 marzo 2011
Clochard e degrado nella casa «infinita»
Da 40 anni lo stabile di via Pianell è abbandonato. «Promesse non mantenute dal Comune»
La protesta del Consiglio di zona 9. Nel secolo scorso ospitava ragazze madri con i bimbi
Clochard e degrado nella casa «infinita»
All'inizio del secolo scorso è stato un bell'esempio del welfare meneghino. Lo stabile comunale al 15 di via Pianell ha ospitato per decenni le ragazze madri con i loro piccini. In lontananza, dal tetto dell'edificio fatiscente, dove spuntano brandelli di palificazione in cemento armato, a memoria di uno dei tanti progetti di recupero, avviati e misteriosamente interrotti, s'intravedono la Collina dei ciliegi e gli squadrati palazzoni grigi che portano la firma dell'architetto Gregotti, alla Bicocca. A ricordarci che via Pianell non è più la periferia della città. Marco Oliverio vive in una palazzina ristrutturata dinanzi al rudere, della quale è anche amministratore. Da sei anni scrive a Polizia municipale, Demanio, vigili del fuoco, questura. «Tutti dicono di essere a conoscenza del problema, nessuno sa dirci cosa si può fare e se c'è un progetto». L'ingresso da via Pianell è stato murato. Inutilmente murato. Perché nello stabile diroccato si entra facilmente da via Ugolini. Ci sono due corpi di fabbrica, uniti da una scala che sale di tre piani, cinquecento metri quadrati a piano, già divisi come fossero undici piccoli appartamenti. Perché questo avrebbero dovuto diventare secondo un documento del Comune datato 1999 e intitolato: «Recupero e ristrutturazione dell'edificio da destinare a residenza pubblica da finanziare con le risorse regionali dell'edilizia sovvenzionata». Undici piccoli appartamenti e, fuori, nel cortile, laboratori artigianali.
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Lo stabile abbandonato di via Pianell (foto Nicola Vaglia) |
fonte: http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_marzo_15/clochard-degrado-190226517927.shtml
W l'Italia!
150 Unità Italia: uomo di suicida al Vittoriano
Un uomo di circa 50 anni, sembra un clochard, è precipitato da una terrazza dell'Altare della Patria, mentre in tutta Roma erano ancora in corso i festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia.
Un uomo di circa 50 anni, sembra un clochard, è precipitato da una terrazza dell'Altare della Patria, mentre in tutta Roma erano ancora in corso i festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Ci sarebbe una testimone che avrebbe visto l'uomo sulla balaustra della terrazza del Vittoriano, particolare che appunto farebbe pensare che il clochard si sarebbe suicidato. La terrazza era situata al secondo piano, e l'uomo sarebbe morto sul colpo dopo un volo di circa 30 metri. Sul posto immediatamente i sanitari del 118 e carabinieri, che stanno cercando di rintracciare i familiari dell'uomo.
fonte: http://www.mainfatti.it/Roma/150-Unita-Italia-uomo-di-suicida-al-Vittoriano_035242033.htm
sabato 12 marzo 2011
Progetto Homeless
L’obiettivo prioritario e fondamentale è quello di dare accoglienza notturna e diurna a persone senza dimora, cercando di offrire una risposta immediata ai bisogni primari dell’utenza. Si cerca inoltre di favorire la promozione del diritto di cittadinanza con azioni complesse rispondenti alle domande e ai bisogni diversificati dei soggetti stessi. Il progetto si articola in tre diverse aree di intervento che comprendono distinti moduli di azioni:
Area accoglienza
Moduli asilo notturno e servizio diurno
Area segretariato sociale
Moduli sportello d'ascolto e unità di strada
Area Mediazione
Modulo mediazione
Soggetto pubblico titolare
Società della salute Zona Pisana
Soggetti attuatori
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Cooperativa Sociale Il Simbolo
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Cooperativa Sociale Il Cerchio
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Cooperativa Sociale Il Melograno
Collaborano con il Progetto Homeless :
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Caritas Diocesana di Pisa
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Associazione Amici della strada
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Associazione La Ronda della Solidarietà
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Associazione Il Simbolo
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Comunità di S. Egidio
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Azienda Regionale per il diritto allo studio di Pisa
fonte: http://www.progettohomeless.it/joomla/
martedì 8 marzo 2011
Manifestazione a Linz di solidiarieta' con i mendicanti
Austria: divieto accattonaggio (ANSA) - VIENNA, 7 MAR
Piu' di 300 persone sono scese in piazza lo scorso fine settimana a Linz,in Austria,chiedendo l'elemosina per protestare contro la nuova legge che impone il divieto di accattonaggio nel Land. Divieto che sara' esteso praticamente a tutta l'Austria.''Lottate contro la poverta',non contro i poveri'',c'era scritto su un cartello dei dimostranti sfilati nel centro di Linz in segno di solidarieta' con i mendicanti.
Giovedi' prossimo,il governo dell'Alta Austria introdurra' probabilmente il divieto.
fonte: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/03/07/visualizza_new.html_1559029970.html
lunedì 7 marzo 2011
Sicilia
Tra speranza e pane caldo
Un pasto per i clochard
Mentre si parla intanto continuano ad entrare nella stanza i volontari con pizza e cassate. Appare così agli occhi uno spettacolo insolito, ma prova della riuscita dell´iniziativa: gente comune, ben vestita seduta accanto ai barboni, tutti in silenzio con le candele bianche in mano ad ascoltare le decine di nomi di chi non c´è più, scanditi al microfono dall´altare.
“Queste persone vivono nell´ostilità e nel disprezzo di chi li circonda e portano sulle spalle il dramma di una vita ferita, per questo il rapporto con loro è spesso difficoltoso. Ninetta per esempio è una dei pochissimi casi in cui nonostante il tempo non siamo riusciti stabilire un rapporto di amicizia, continua tuttora a lanciarci scarpe e bottiglie quando ci vede, ma nonostante tutto sa che ci siamo anche per lei.”
La Comunità Sant´Egidio distribuisce una volta a settimana circa 80 pasti, e mette a disposizione un servizio doccia, grazie al contributo di tre squadre itineranti di volontari. È in queste notti di solidarietà che si è creata la forte collaborazione con la “Missione di Speranza e Carità”. Di Biagio Conte si è detto tutto il bene e il male possibile, ma la concretezza dei risultati della sua Missione, dissipa ogni maligno bisbiglio. Dal 1991 il missionario laico si è circondato di collaboratori e volontari, ha preso forma una comunità all´interno della quale tutti si chiamano fratelli e sorelle, e all´insegna di questa fratellanza si sono allargate le braccia ai più poveri.
Tre comunità, in via Archirafi (sede centrale della Missione) e in via Decollati destinate agli uomini, via Garibaldi per le donne, offrono accoglienza a più di 700 persone, alle quali vengono assicurati tre pasti al giorno, visite mediche e l´acquisizione della capacità di autogestirsi. Molta gente tuttavia rifugge la convivenza, forse anche per orgoglio o per timore. La Missione si occupa anche di loro: ogni notte un furgoncino di volontari, giovani studenti per la maggior parte, gira per le strade donando a tutti i senzatetto che incontra, pasti caldi, panini, latte e coperte.
“A questa gente è il conforto quello che diamo soprattutto” – dicono i Fratelli di Biagio Conte – “l´amicizia che noi offriamo è la condizione necessaria per superare la loro iniziale diffidenza. Col tempo imparano a considerarci un punto di riferimento e iniziano a frequentare la nostra comunità”. “C´è tanta indifferenza nella società, ma allo stesso tempo è evidentemente vivo uno spirito solidale diffuso, senza il quale nulla di tutto questo sarebbe possibile”.
fonte: http://www.livesicilia.it/2011/03/06/tra-speranza-e-pane-caldo-un-pasto-per-i-clochard/
Film!
Un atto di ribellione da parte di un operaio immigrato che spezza la monotonia di gesti quotidiani ripetitivi. Questa la storia del corto Il grillo di Stefano Lorenzi con un attore d’eccezione come Birol Unel
Birol Unel, è inusuale che attori famosi come lei si interessino al lavoro di registi giovani?
Non è importante il fatto che un regista sia giovane o meno, quello che conta è condividere una visione insieme e trovare la giusta alchimia. Anche Fatih Akin, quando girò La sposa turca non era ancora conosciuto. Io penso, però che l’intesa tra il regista e l’attore e la storia che si vuole raccontare siano ancora più importanti dell’esperienza. Ho scelto di lavorare ne Il grillo, perché è un po’ difficile trovare un’idea così intensa e particolare. Inoltre mi aveva colpito che racchiudesse in sé un mistero.
In questo lavoro interpreta il ruolo di un immigrato e anche lei si è trasferito in Germania dalla Turchia all’età di 6 anni. Com’è stato il suo processo d’integrazione?
I miei parenti non sono emigrati, sono stati invitati da un datore di lavoro a trasferirsi in Germania. Per quanto mi riguarda, invece, mi considero solo un attore, non un migrante o un immigrato. Non mi interessa il tema. Sono un attore internazionale. Lavoro in tanti Paesi. Per me non è importante il tema della nazionalità.
L’hanno definita il Klaus Kinski turco. Lei che ne pensa, trova delle affinità con il grande attore?
Quando l’ho sentito la prima volta mi ha molto divertito. Di Kinski c’è n’è uno, lui è stato unico. Forse però condividiamo la stessa intensità e energia. Di lui dicevano che era una persona molto problematica ma alla fine ha fatto molti bei film e li ha portati tutti a termine meravigliosamente.
Terra è una testata ecologista. Quanto la riguardano le tematiche ambientali?
Mi sento un ecologista ma non sono un verde. L’argomento è importante. Cerco anche di contribuire in qualche modo all’ambiente. Per esempio faccio parte di un’iniziativa per la salvaguardia della “Valle delle farfalle” vicino Fethiye in Turchia: sono diventato uno degli sponsor di questo posto magico dove vivono le “brown tigers”, un tipo di farfalle.
Noi occidentali siamo cresciuti con l’idea che eravamo portatori di civiltà mentre i Paesi islamici erano poco sviluppati e retrogradi. Oggi gli italiani si ritrovano con un premier “sultano” che fa le feste nell’harem, mentre in Maghreb giovani arabi fanno una rivoluzione non religiosa. La storia ha ribaltato le parti?
Io non mi intendo di politica, non la pratico, non la seguo. A me Berlusconi sembra solo un boss, un moderno Al Capone. Ha potere e soldi oltre ogni limite ma non mi pare che faccia nulla per il Paese. I giovani arabi che si ribellano contro la dittatura fanno la cosa giusta. Speriamo finisca bene.
Si è sostenuto a lungo che Islam e democrazia fossero incompatibili.
Mi pare che in Libano diverse religioni convivano pacificamente. Lo scontro di civiltà è una bugia sostenuta da esseri cinici a cui interessa solo il business della guerra.
La Turchia in questo senso è sempre stata all’avanguardia.
Non seguo la politica turca. So che loro mi amano, si vantano dei miei successi. Ma io non ho nessun interesse a diventare un eroe nazionale. Non voglio averci nulla a che fare. Sono solo un clochard.
Nelle sue interviste però sembra aver mantenuto un rapporto forte con alcune figure della sua infanzia. In particolare sua nonna. Parliamo di persone molto anziane. Che lavorano la terra. Che sono la terra del Paese. Dobbiamo salvarle. Io sento che vengo da lì.
fonte: http://www.terranews.it/news/2011/03/sono-solo-un-clochard
Films
Un atto di ribellione da parte di un operaio immigrato che spezza la monotonia di gesti quotidiani ripetitivi. Questa la storia del corto Il grillo di Stefano Lorenzi con un attore d’eccezione come Birol Unel
Birol Unel, è inusuale che attori famosi come lei si interessino al lavoro di registi giovani?
Non è importante il fatto che un regista sia giovane o meno, quello che conta è condividere una visione insieme e trovare la giusta alchimia. Anche Fatih Akin, quando girò La sposa turca non era ancora conosciuto. Io penso, però che l’intesa tra il regista e l’attore e la storia che si vuole raccontare siano ancora più importanti dell’esperienza. Ho scelto di lavorare ne Il grillo, perché è un po’ difficile trovare un’idea così intensa e particolare. Inoltre mi aveva colpito che racchiudesse in sé un mistero.
In questo lavoro interpreta il ruolo di un immigrato e anche lei si è trasferito in Germania dalla Turchia all’età di 6 anni. Com’è stato il suo processo d’integrazione?
I miei parenti non sono emigrati, sono stati invitati da un datore di lavoro a trasferirsi in Germania. Per quanto mi riguarda, invece, mi considero solo un attore, non un migrante o un immigrato. Non mi interessa il tema. Sono un attore internazionale. Lavoro in tanti Paesi. Per me non è importante il tema della nazionalità.
L’hanno definita il Klaus Kinski turco. Lei che ne pensa, trova delle affinità con il grande attore?
Quando l’ho sentito la prima volta mi ha molto divertito. Di Kinski c’è n’è uno, lui è stato unico. Forse però condividiamo la stessa intensità e energia. Di lui dicevano che era una persona molto problematica ma alla fine ha fatto molti bei film e li ha portati tutti a termine meravigliosamente.
Terra è una testata ecologista. Quanto la riguardano le tematiche ambientali?
Mi sento un ecologista ma non sono un verde. L’argomento è importante. Cerco anche di contribuire in qualche modo all’ambiente. Per esempio faccio parte di un’iniziativa per la salvaguardia della “Valle delle farfalle” vicino Fethiye in Turchia: sono diventato uno degli sponsor di questo posto magico dove vivono le “brown tigers”, un tipo di farfalle.
Noi occidentali siamo cresciuti con l’idea che eravamo portatori di civiltà mentre i Paesi islamici erano poco sviluppati e retrogradi. Oggi gli italiani si ritrovano con un premier “sultano” che fa le feste nell’harem, mentre in Maghreb giovani arabi fanno una rivoluzione non religiosa. La storia ha ribaltato le parti?
Io non mi intendo di politica, non la pratico, non la seguo. A me Berlusconi sembra solo un boss, un moderno Al Capone. Ha potere e soldi oltre ogni limite ma non mi pare che faccia nulla per il Paese. I giovani arabi che si ribellano contro la dittatura fanno la cosa giusta. Speriamo finisca bene.
Si è sostenuto a lungo che Islam e democrazia fossero incompatibili.
Mi pare che in Libano diverse religioni convivano pacificamente. Lo scontro di civiltà è una bugia sostenuta da esseri cinici a cui interessa solo il business della guerra.
La Turchia in questo senso è sempre stata all’avanguardia.
Non seguo la politica turca. So che loro mi amano, si vantano dei miei successi. Ma io non ho nessun interesse a diventare un eroe nazionale. Non voglio averci nulla a che fare. Sono solo un clochard.
Nelle sue interviste però sembra aver mantenuto un rapporto forte con alcune figure della sua infanzia. In particolare sua nonna. Parliamo di persone molto anziane. Che lavorano la terra. Che sono la terra del Paese. Dobbiamo salvarle. Io sento che vengo da lì.
mercoledì 2 marzo 2011
Soffi !
Minimi sussurri , lievi movimenti , sguardi persi nel mondo . La vita è un soffio , la morte un grido . Tutto sfugge nell' anima come un sorso di vino
Grazie Don!!!
Don Milardi contro l'accattonaggio in via XX settembre | |
( Genova) | |
L'accattonaggio non va incentivato, scegliete altre forme di carità". Questo l'appello apparso sul portone della chiesa della Consolazione, in via XX Settembre a Genova. Un messaggio duro quello del parroco Mario Millardi. "Molti fedeli si lamentano dell'aggressività dei clochard, bisogna trovare forme di carità più intelligente - ha detto - Se continuano a ricevere soldi così non cambieranno mai vita". Fonte:http://www.primocanale.it/news.php?id=85022 |
Grazie!
Addio Annie Girardot
clochard sul set di Bologna
L'attrice si è spenta a Parigi a 79 anni. Da tempo affetta da morbo di Alzheimer, era stata una delle più prestigiose interpreti fra gli anni Sessanta e Settanta. Sotto le Due Torri aveva girato "Faccia di lepre", film in cui interpretava il ruolo di una senzatetto.
L'attrice, icona del cinema francese e mondiale, si è spenta a Parigi a 79 anni. Da tempo affetta da morbo di Alzheimer, era stata una delle più prestigiose interpreti degli anni Sessanta e Settanta. Jean Cocteau l'aveva definita "il più bel temperamento drammatico del dopoguerra" e anche Bologna aveva avuto modo di conoscerla e di amarla.
Sotto le Due Torri la straordinaria interprete girò "Faccia di lepre", film del '91 diretto da Liliana Gianneschi che tra i suoi interpreti annoverava anche un giovanissimo Felice Andreasi. Una storia al femminile che scava nel disagio e nella follia per raccontare sentimenti come la solidarietà e l'amicizia. L'attrice incarnava i panni di un'anziana barbona, con alle spalle una vita di dolorosi segreti.
La Girardot tornò a Bologna nell'agosto del '99 per la rassegna "Italia taglia" di Tatti Sanguineti. Quell'anno in programma c'erano 32 titoli celebri per essere stati censurati. L'attrice presentò le scene proibite dei film "La donna scimmia" di Marco Ferreri e "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti. Usò parole di affetto e stima per entrambi gli autori e sottolineò come incontrare Visconti le avesse cambiato la vita. Non solo professionalmente, ma anche sul piano personale perchè sul set conobbe Renato Salvatori, l'attore italiano che sarebbe poi diventato suo marito e padre della figlia Giulia. Quando le domande dei giornalisti toccarono il rapporto con Salvatori divenne impaziente. Ricordò come i giornali dell'epoca avessero parlato dell'amore tra "l' intellettuale brutta e il bello cretino" per smontare quelle che considerava vere e proprie offese.
Incantò il pubblico della Cineteca parlando senza lesinare aneddoti e curiosità. Di Visconti ricordò che "sul set era duro ed esigente, ma era anche molto divertente e generoso: a Natale faceva regali a tutti". A Ferreri, un "grande amico" la legava anche l' amore per la buona cucina. "Era un gran goloso. Sua moglie cercava sempre di limitare la sua voracità, con esiti a volte esilaranti. Come quella sera quando Marco, senza farsi vedere, con una dito scavò a poco a poco un tunnel all' interno di un gigantesco dolce finchè questo crollò, ormai completamente svuotato". "Abbiamo riso tanto con lui - ricordò - Ci trovavamo spesso con Tognazzi e Mastroianni. Era una festa continua di gourmet".
Sei anni dopo la sua tappa bolognese l'attrice girò con Haneke il suo ultimo film, "Niente da nascondere". Due anni prima aveva pubblicato l'autobiografia intitolata 'Partir, revenir' (Partire, tornare) forse con la consapevolezza che l'Alzheimer avrebbe presto cancellato ogni ricordo. Sarà poi Giulia, la figlia nata dall'amore con Renato Salvatori, a rivelare il dramma della malattia nel libro "La Memoire de ma mere" (la memoria di mia madre). Oggi a Parigi, città in cui era nata, l'attrice si è spenta.
Fonte: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/02/28/news/addio_annie_girardot_clochard_del_cinema_bolognese-13013636/