martedì 25 marzo 2008

Consiglio cinematografico

Il maschile, il sé e l'altro da sé in "Tom White"

Il soggetto di “Tom White”, ovvero quello di uomini non ancora di mezza età pervasi da un malessere talmente profondo, talmente travolgente, talmente assoluto da coinvolgere tutto quello che li circonda, ha conosciuto varie declinazioni cinematografiche nel corso di questi ultimi quindici anni in cuila mascolinità è entrata in uno stato di crisi che non è eccessivo definire permanente e radicale.Operai più o meno qualificati, impiegati, e liberi professionisti insoddisfatti del loro lavoro, stanchi delle loro famiglie, frustrati da un quotidiano sempre uguale, monotono, privo di imprevisti, pianificato nel dettaglio, diventano estranei a se stessi e cercano le soluzioni più disparate per fare i conti con la propria perdita d’identità. Alcuni restano a casa ed evadono dalla piattezza delle loro esistenze abbellendo la realtà con l’immaginazione (“American Beauty”, Sam Mendes, 1999), altri si inventano una vita di scorta più violenta, sregolata ed elettrizzante (“Fight Club”, David Fincher, 1999), altri ancora si lasciano tutto alle spalle e si mettono “sulla strada” alla ricerca di un Sé di cui il viaggio è da sempre esplicita ed eloquente metafora (“Lunedì mattina”, Otar Iosseliani, 1999). In “Tom White” il regista australiano Alkinos Tsilimidos opta per quest’ultima variazione sul tema, ma fa del vagabondaggio di Tom (Colin Friels) tra St Kilda e Port Melbourne un espediente per esplorare le vite di quattro sconosciuti che incrociano accidentalmente il suo cammino, più che un viaggio animato da un movimento reale. Ecco allora che al tema della messa in questione del ruolo maschile convenzionale, si sovrappone quello altrettanto attuale della casa o della mancanza di una casa, perché qui i personaggi che interrompono fugacemente la solitudine di Tom sono, nessuno escluso, senzatetto, emarginati, miserabili. Un giovane uomo da marciapiede (Matt/Dan Spielman), una tossicomane (Christine/Loene Carmen), un barbone alcolizzato (Malcolm/Bill Hunter) e uno sniffatore di colla che è poco più di un bambino (Jet/Jarryd Jinks). Concetti come l’appartenenza, la collocazione, il radicamento sono inapplicabili a quell’universo parallelo che Matt definisce opportunamente un “paese straniero”, in cui non a caso Tom resta ripetutamente privo di un nome solo per essere “ribattezzato” di volta in volta. Tom che un tempo viveva in una confortevole casa di periferia e aveva una moglie e due figli; Tom che lavorava come progettista ma aspirava a fare l’architetto e che adesso non sa più chi o cosa sia. La domanda “chi sei?” è infatti la frase più ricorrente del film e la mancanza di nome del protagonista è la manifestazione letterale della sua mancanza di una storia personale, vale a dire della sua perdita di identità. La depersonalizzazione e la frantumazione dell’identità di Tom, Tsilimidos le mette in evidenza fin dall’inizio della pellicola attraverso una ripresa fatta dall’interno di un’uccelliera che genera un’immagine scissa di Colin Friels, in un’atipica ma significativa inquadratura in split-screen . E se il disorientamento a cui alludono già i titoli di testa attraverso la canzone di Paul Kelly, “I am your true shepherd”, farebbe supporre che stiamo per assistere alla parabola della pecora smarrita ricondotta a casa dal buon pastore, il lavoro del film è proprio quello di rovesciarne i presupposti. Perché qui a guidare verso la consapevolezza e a riportare sulla “retta via” l’uomo che ha perso il cammino, sono gli ultimi della terra, i reietti, quelli che hanno imboccato un’altra strada da tempo e non hanno più nessuno che corra a cercarli. Ammesso che una retta via esista e che lo scopo del film sia quello di indicarne la direzione. Che il protagonista torni ad essere l’uomo che era o decida di assumere un’altra identità alla fine del viaggio, evidentemente, non è la preoccupazione principale di “Tom White” che, infatti, non presenta il classico scioglimento dell’intreccio né un epilogo definitivo. Ciò che importa è che l’incontro e lo scambio con l’altro da sé qui avvengono al di fuori del consesso sociale, al di là dell’ordine costituito, in quel paese straniero che è terra di tutti e terra di nessuno, che è luogo di frammentazione e insieme di appartenenza. In questo altrove i confini dell’identità si sfaldano e il fragile Io moderno riconosce anche la propria differenza.
Titolo originale: “Tom White”; Regia: Alkinos Tsilimidos;
Sceneggiatura: Daniel Keene; Fotografia: Toby Oliver;
Montaggio: Ken Sallows;
Musiche: Ralph Rieckermann;
Scenografia: Dan Potra;
Costumi: Jill Johanson;
Produzione: Fandango Australia, Rescued Films; Distribuzione: Fandango;
Interpreti: Colin Friels, Dan Spielman, Loene Carmen, Bill Hunter, Jarryd Jinks, Rachael Blake, David Field;
Origine: Australia;
Anno: 2004;
durata: 106’
http://www.imdb.com/title/tt0360798/

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