martedì 17 aprile 2012

Genova fra i rifiuti !

I video-reportage “Le Storie” del secoloxix.it: una serie di mini-documentari con cui il Decimonono racconta in maniera più approfondita vicende che arrivano da varie parti della Liguria.

Genova - Camicie mai indossate, scarpe seminuove, borsette da donna. Ma anche cassette di arance, buste di insalata e scatole di the. Rifiuti per la maggioranza dei genovesi, piccoli grandi tesori per chi non ha nulla, e trascorre le sue giornate e le sue notti sulle strade.
In via Turati, a due passi dal Porto Antico affollato di turisti, c'è un piccolo mondo che ruota attorno ad alcuni bidoni della spazzatura. «Noi la chiamiamo la zona del mercatino - racconta Paolo, 53 anni - perchè tra la rumenta trovi davvero di tutto. Al punto che poi alcuni maghrebini provano anche a rivendere gli oggetti improvvisando delle bancarelle sulla strada»
Ed effettivamente basta fermarsi a Caricamento e osservare, per scoprire una realtà di necessità e di dolore che i passanti frettolosi nemmeno immaginano.
Sono decine le persone che frugano tra i rifiuti. Il Secolo XIX ha raccolto alcune delle loro storie in un video. I più si limitano a poche parole «Siamo poverini, cos'altro dobbiamo fare?» ma qualcuno si ferma a parlare, come un fiume in piena, grato di poter finalmente uscire dall'indifferenza.
Si scoprono così storie di povertà ma non solo. Nino per esempio ha 78 anni e una pensione - racconta - di 1300 euro. Eppure ogni mattina è a Caricamento a frugare nei bidoni della spazzatura: «Si trovano cose interessanti - prova a giustificarsi - e poi la vita continua ad aumentare e arrivare alla fine del mese è sempre più difficile». Mostra il suo bottino della giornata, un sacchetto con della verdura: «Sono erbette di campo - racconta col sorriso - Stasera mi ci preparo una bella cena».
Paolo invece preferisce osservare: «Difficilmente prendo qualcosa - sospira - Da quando mi sono separato vivo su un furgone. Ci ho messo le mie cose, un materasso, ed è diventato la mia casa». Di giorno lavora in un ufficio: «Loro sanno dove vivo - racconta - Del resto, col mio stipendio devo pagare gli alimenti a mia figlia che non è minorenne. Ma a me va bene così: non sguazzo nell'oro ma sono felice lo stesso».
Anna invece non vuole rivelare la sua età e la sua storia. «Ne ho passate di tutti i colori - si giustifica - E del resto anche qui non sono molto fortunata. Gli altri arrivano sempre prima di me. Ogni tanto trovo qualcosa ma mai roba di valore».
I rifiuti più interessanti arrivano al mattino. «A Caricamento - racconta Paolo - gettano i rifiuti i supermercati e le bancarelle di frutta e verdura della zona. Magari si tratta di alimenti appena scaduti ma ancora buoni da mangiare: per questo li aspettano tutti».
Ma in questi bidoni non si raccoglie solo cibo: «Questa zona è abitata da persone ricche - spiegano in coro Anna e Paolo - che quando decidono di fare ordine o traslocano buttano via roba nuova. Guardi qui: questa camicia sembra non essere mai stata indossata, e questa borsa è praticamente perfetta. Chi ha i soldi non si rende neppure conto che questi non sono rifiuti. Per noi sono veri e propri tesori».

fonte :  http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/03/28/AP5eC3BC-vite_tra_rifiuti.shtml#axzz1sJnLWsaB

lunedì 2 aprile 2012

Complimenti !


Como, 31 marzo 2012 - Con la notte appena trascorsa, si è concluso il progetto “Emergenza Freddo 2102”, avviato a Como a inizio gennaio. L’obiettivo era offrire un’accoglienza notturna, nei mesi più freddi dell’anno, alle persone senza dimora che non trovavano posto nelle strutture di accoglienza già presenti in città. Durante questi tre mesi, sono state accolte quasi cento persone, in prevalenza uomini, e con una presenza di undici donne.
Gli ospiti, accolti nelle tende installate nell’area adiacente alla Chiesa di Sant'Abbondio, hanno rappresentato un gruppo eterogeneo per nazionalità ed età: 25 le diverse nazioni di provenienza (un quarto degli ospiti era italiano), con una decina di ospiti di età inferiore ai 26 annilo stesso numero più di 55, mentre la fascia di età più rappresentata è stata quella fra i 36 e i 45 anni.
Il progetto ha dato la possibilità ai senzatetto di sostare all’interno del “Tendone”, per periodi diversi, dalla sola giornata fino alla totalità del periodo, cioè quasi tre mesi. Il progetto, realizzato con l’installazione dicinque tende, una roulotte e un camper, per un totale di quaranta posti letto, è frutto della collaborazione fra ben diciassette enti ed associazioni, e ha visto impegnati oltre trecento volontari che si sono alternati nell’accoglienza serale e notturna degli ospiti.
“Un’esperienza – afferma la Croce Rossa Italiana di Como - che, dalle parole dei volontari, è risultata coinvolgente e positiva, anche e soprattutto per le relazioni instaurate con gli ospiti, in un clima generalmente sereno. Anche gli ospiti stessi sembrano aver apprezzato l’accoglienza e lo spirito che ha caratterizzato il progetto”. Il Comitato Provinciale di Como della Croce Rossa Italiana, a nome di tutti gli Enti coinvolti, esprime soddisfazione per come è stata organizzata e gestita l’iniziativa, e sottolinea in particolare l’importanza della finalità del progetto: rispondere con un intervento concreto all’emergenza climatica che espone al rischio, anche della propria vita, chi vive senza dimora. Ma evidenzia anche la forza della collaborazione: forse per la prima volta a Como, è stato possibile aggregare un numero così elevato di soggetti, pubblici e privati. Si è trattato di un esempio positivo di integrazione e di sinergia in vista di un medesimo obiettivo.

lunedì 19 marzo 2012

Questa poi....!!!


FARE DEI CLOCHARD, PUNTI DI ACCESSO ALLA RETE



IL PROGETTO – Le persone coinvolte nel progetto indossano una t-shirt con su scritto, in inglese il loro nome e il numero da contattare tramite SMS per ottenere il codice di accesso. Si, sono degli hotspot. Li si ferma, li si paga una tariffa forfettaria e si accede a Internet per tutto il tempo necessario. Quest’iniziativa è stata creata in occasione del Southwest Interactive (SXSW), una serie di conferenze sulla rete, l’innovazione e le start up. In totale i partecipanti di questo progetto sono 13, e girano per il centro congressi con indosso queste magliette. Il costo è di 2 dollari per 15 minuti di connessione via cellulare.
SONO UN HOTSPOT - L’obiettivo è quello di dare dei soldi a queste persone per evitare che si lascino andare all’accattonaggio di strada. Il denaro speso per collegarsi a Internet attraverso il punto di accesso che ogni senzatetto ha in tasca viene trasferito allo stesso senzatetto, che può così raccogliere qualche soldo e intanto fare amicizia con i clienti occasionali. Del gruppo fa parte anche Clarence: è originario di New Orleans e preferisce il termine “senza casa” a senzatetto. Ha perso la sua abitazione a causa dell’uragano Katrina e da allora versa in difficili condizioni finanziarie. Mostra sereno la sua t-shirt preparata da BBH: “Sono Clarence, un hotspot 4G. Ringrazio coloro che ci stanno aiutando e ci vengono incontro”.
IL PRECEDENTE – Ma l’autore, Tim Carmody, si fa una domanda abbastanza naturale. Perché? Queste persone come faranno a caricare o gestire l’hotspot che si portano appresso? Prima di lanciare Homeless Hotspot, la BBH Labs ha lanciato “Underheard in New York”, un progetto finalizzato nella donazione a quattro senzatetto di altrettanti telefoni cellulari, account Twitter e una connessione illimitata grazie alla quale avrebbero potuto scrivere qualsiasi cosa. Uno dei quattro, Danny, è riuscito grazie alla piattaforma di microblogging a riunirsi con sua figlia, che aveva perso di vista. Il progetto durò 60 giorni, ed è la prova che esistono modi per aiutare i senza tetto. L’organizzazione aveva promesso poi un passo avanti per un’ “emancipazione” dei senza tetto.
SENZA CRITERIO - E’ giusto creare un’interazione positiva tra la gente e i senza tetto. Ma resta un solo dubbio: lo si fa per aiutarli o è una semplice campagna pubblicitaria? Quando ci fu il “prestito” dei quattro telefoni, Underheard in NY non diede un adeguato insegnamento di ciò che sono i social network. Andate e divertitevi. Basta. Tanto che rimasero sorpresi dal risultato. Avevano imparato da soli. Ma che ne è stato di loro? Saliti alla ribalta e poi gettati via. Quando i quattro paladini dell’informatizzazione per i senza tetto sono diventati importanti, ecco che sono stati dimenticati. Finito il progetto. Chiuso.
AIUTO O MARKETING? - Oggi invece, con la scusa dell’integrazione, si fanno girare 13 senzatetto in maglietta con su i dati di accesso a un hotspot con la scusa di coinvolgere attivamente queste persone, come se vendessero dei giornali all’angolo della strada. Solo che anziché dare carta stampata, propongono un servizio. Il dubbio è che queste persone vengano spinte a girare, a camminare, a pubblicizzare un progetto al quale di loro non interessa nulla. Non pensa né al loro passato né al loro futuro. Dà l’immagine di un senza tetto utile solo quando fornisce un servizio: finita la festa, può tornare al suo cantuccio.