venerdì 24 aprile 2009

Consiglio cinematografico!

Il genio barbone

Hollywood svela il talento di Ayers il violinista malato di schizofrenia.

LOS ANGELES — Non è certo la Hol­lywood dello slogan edonistico «born to shop» (nata per comprare) quella proposta da The Soloist diretto da Joe Wright. Il film è stato fortemente volu­to da Spielberg che aveva acquistato per la Dreamworks i diritti del libro, una storia vera scritta da Steve Lopez, columnist del Los Angeles Times. Jamie Foxx dopo Ray si è trasfor­mato in un musicista di grande talen­to anche se è un senzatetto malato di schizofrenia. Robert Downey jr. inter­preta un giornalista.
Entrambi gli at­tori hanno raccontato in The Soloist anche molte pagine della città che amano e dove vivono entrambi: Los Angeles. «Un agglomerato multietnico — dice Robert — con squilibri abissali, ma anche capace di arricchirti e of­frirti qualche sogno e redenzione. Di nuovo nei panni di un giornalista, af­fronto una di quelle storie che ci sfio­rano inavvertite, perché non fanno clamore, ma sono capaci di risveglia­re le coscienze». Racconta Foxx: «Avevo già girato con Tom Cruise a Downtown Collateral, ma questa vol­ta la mia immersione emotiva è stata totale. Quando sono arrivato a L.A. ero poverissimo: vivevo in una came­ra ad Alvarado Street, vedevo e parla­vo con gli homeless di Downtown ogni giorno. E’ stato fondamentale per me entrare nei panni di Natha­niel Ayers, ex studente della Juilliard School e poliedrico musicista che pre­cipita nella schizofrenia e vive nelle strade con il suo strumento musica­le, ormai con solo due corde».
Cosa c’entra, dunque, Ludwig van Beethoven con la Lamp Community degli homeless di L. A., con un afroa­mericano schizofrenico, in possesso solo di un carrello con povere cose e di un violoncello scordato? Nathaniel ha 47 anni, vive tuttora suonando (an­che la viola e il violino) dove gli capi­ta, facendo lavoretti e diversi proven­ti del film andranno a lui e alla Lamp Community. Non è esagerato afferma­re che tutta Los Angeles aspetta con emozione il film al quale hanno pre­so parte come comparse o con signifi­cativi ruoli oltre 500 veri barboni. I motivi sono tanti e intrecciano gior­nalismo, musica (la colonna sonora, con sinfonie e brani di Beethoven e di Bach, è stata composta dall’italia­no premio Oscar Dario Marianelli), sogni perduti. Il Los Angeles Times chiede spesso ai cittadini di racconta­re le loro storie capaci di accendere dibattiti morali ed etici, ma in questo caso è stato il giornalista Steve Lopez a scoprirne una. Perché sentiva il suo­no di un violoncello dalla sua scriva­nia del giornale, a Spring Street, a po­chi passi dal quartiere dei senzatetto.
Racconta Lopez, autore del best sel­ler The Soloist: «Un giorno scoprii chi lo suonava, sotto una statua di Be­ethoven, su una piazzetta vicina alla strada dei diseredati, della droga. Na­thaniel in quel pomeriggio ha parlato con me della sublime bellezza della musica di Beethoven e di Shakespea­re, ha confessato con vulnerabili uma­nità e paura la sua schizofrenia, il so­gno di ascoltare, fors’anche di suona­re Beethoven alla Disney Concert Hall. Diventammo amici, lo siamo tut­tora. Il mio libro narra la svolta che la mia vita ha avuto dopo l’incontro con Nathaniel e viceversa». Confessa Ja­mie Foxx: «Questo film mi è entrato dentro, mi ha quasi fatto ammalare: Nathaniel è un artista, la sua schizo­frenia nasce anche dall’incapacità di conciliare realtà e immaginazione, un malessere familiare agli attori. Con umiltà, prima di parlargli, l’ho spiato nelle strade, nella Lamp Com­munity. Era sempre ricco di una spe­ciale dignità solo perché aveva la sua musica. Mi ha davvero commosso». «Il film — spiega il regi­sta — narra l’incontro di due persone che, pur im­merse nella realtà, si sono isolate, amano uno la musi­ca, l’altro la possibilità di narrare storie. Quando il protagonista sprofonda nella schizofrenia, lo scher­mo offre unicamente colori psichede­lici, luci. Volevo che il pubblico ascol­tasse solo la musica ed 'entrasse' nel­la dissociazione di una mente. Si può cercare salvezza nell’arte, vincendo la solitudine. Ben Hong, il violoncelli­sta della Los Angeles Philharmonic Orchestra, è stato il trainer per Jamie Foxx, che suona diversi strumenti, ma doveva imparare i gesti giusti».

Giovanna Grassi
22 aprile 2009 - Corriere della sera

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