domenica 20 febbraio 2011

Un pò di cultura!

"Ecco come ho tradotto lo slang"

di Maria Simonetti

Intervista a Luciana Cisbani, curatrice della versione italiana del romanzo "Da qui vedo la luna" di Maud Lethielleux, ambientato tra gli homeless francesi




«Noi siamo gli addetti alla vita grama non stop, i volontari del campare per strada, la miseria a tracolla...». Racconta la storia - vera - di una clochard il romanzo "Da qui vedo la luna" della francese Maud Lethielleux, in un tono ruvido ma ricco di humour e intensità. L'ha tradotto in italiano per la casa editrice Frassinelli Luciana Cisbani, 49 anni di Crema: non deve esser stato facile per lei districarsi tra gli slang e i modi di dire del linguaggio di strada che usano Moon, la protagonista, e i suoi amici.

Come se l'è cavata, Cisbani?
«È stato un lavoro di certo appassionante per la gran qualità del testo originale, ma molto molto difficile. Perché in Francia il linguaggio argotico, diciamo il gergo parlato, è standardizzato su tutto il territorio, e per tradurre questo in italiano possiamo far ricorso talvolta solo a termini regionali. Ovviamente ho cercato di rispecchiare quanto più fedelmente la scrittura dell'autrice. Nelle prime 30-40 pagine il suo é un parlare sgrammaticato e spesso scorretto che evolve nel corso del romanzo, la protagonista Moon si sta addomesticando attraverso le parole. E man mano acquisisce consapevolezza, anche linguistica.»

In che modo si é documentata sullo slang degli abitanti della strada?
«Io ho quasi 50 anni, i dizionari sono tanto belli e utili ma per questo lavoro ho avuto bisogno di entrare di più nel reale. Ho consultato libri, siti internet, amici e figli degli amici: controllo sempre con i più giovani le mie traduzioni per testi così marcati a livello di linguaggio generazionale e sociale. Ho baciato quella ragazza che, alla mia domanda su come chiamano tra di loro i gruppetti di giovani punk che vivono in strada con i cani, mi ha fornito il bel neologismo "punkettuso"».

Nella nostra Slangopedia c'è "dredduso", un termine che viene da Torino e indica un tipo con i dread locks: abbastanza simile. In effetti nel confronto con la sua traduzione molti termini coincidono nello stesso significato, altri no. Prendiamo il verbo "squattare". In inglese vuol dire occupare (gli squat sono le case che vengono occupate dagli squatters), e lei lo usa in questo senso. A Parma, invece, come risulta nella Slangopedia, squattare vuol dire scoprire, cogliere in flagrante, beccare, sinonimo di sgamare.
«Nel nostro mestiere ci sono due scuole di pensiero: chi sceglie di portare il testo verso il lettore e chi, viceversa, di portare il lettore al testo. Io sono per la seconda, secondo me si può far fare un po' più di fatica al lettore e spingere il linguaggio un po' più in avanti. Ecco perché traduco «non mi vergogno di fare quella che squatta un letto caldo»: qui, come in altri casi, inserisco termini di nicchia, calchi riadattati da altre lingue. Per qualcuno il verbo squattare sarà completamente trasparente, per altri oscuro. Io ho voluto restare fedele alla cifra stilistica di questo personaggio marginale: Moon e i suoi amici non parlano certo un francese strandard. E l'ultima cosa che l'autrice avrebbe voluto era che la sua scrittura venisse "normalizzata"».

Come Moon, la clochard, che scrive una storia e ha paura che le Case Editrici gliela stravolgano. Un altro esempio di bel neologismo inventato da lei é "vita da randa", per dire vita da randagia...
«Sì, è un troncamento fatto da me. Troncare le parole é un procedimento tipico dell'argot, che io ho mantenuto in termini come depre (ssa), non funzia (non funziona), raga (zzi), para (noia). Ho usato un linguaggio neostandard, quello parlato nel nord e centro Italia, con ovvie acquisizioni regionali. Si troveranno quindi anche sciallo, minchione, pirla, infrattare, pischello.»

«C'è qualche termine slang che le é stato cassato dalla casa editrice Frassinelli?
« No, ho lavorato in assoluta libertà. Mi hanno cambiato solo ciulare (rubare) perchè troppo milanese».

fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ecco-come-ho%20tradotto-lo-slang/2144882

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