NAPOLI— Il primo cedimento c’è stato verso le 8,10 del mattino di  sabato. Una donna esce dall’edificio con gli occhi sgranati. E’  impaurita, si guarda intorno, poi si allontana rapidamente. Passano  venti minuti, e il solaio del palazzo di via Gianturco 50, uno dei tanti  ruderi metropolitani nell’area industriale del capoluogo campano, si  sfracella al suolo. La luce del progetto per le Zone franche urbane, è  sempre più fioca: Gianturco è sì una zona franca, ma non nel senso che  vorrebbero le istituzioni.  Sotto le macerie, il corpo di Aleksandra  Kwiatkowska, polacca di 56 anni, in Italia da 15.
Domenica mattina è  stato trovato un secondo corpo: si tratta di un uomo di 50 anni, anche  lui di nazionalità polacca.  L'uomo, secondo quanto finora ricostruito,  dormiva solitamente al piano terra del vecchio edificio puntellato, i  cui solai interni sono crollati ieri mattina. Accanto al cadavere del  cittadino polacco, che è stato trasferito all'Istituto di medicina  legale del policlinico Federico II per gli accertamenti, i vigili del  fuoco hanno trovato anche i suoi indumenti.
VITA DA CLOCHARD - Fra ritorni in Polonia, permanenze nei dormitori pubblici, assistenza pubblica e vita da clochard, Aleksandra si guadagnava da vivere chiedendo qualche spicciolo agli incroci, facendo da badante, arrangiandosi come poteva. Nel palazzo, che a malapena può fregiarsi di questo titolo, vivevano cinque persone tutte polacche. La gente del posto conosce quella struttura fatiscente come «il palazzo dei polacchi», perché è da anni che gli immigrati lo abitano sfidando la legge di gravità.
UN FERITO IN PROGNOSI RISERVATA - Uno degli occupanti è rimasto gravemente ferito, ricoverato all’ospedale Loreto Mare in rianimazione. La prognosi è riservata. Altre due persone, incolumi, sono state condotte negli uffici del commissariato Vasto Arenaccia diretto dal vicequestore Pasquale Trocino. Dopo le domande di rito, sono andate via. Torneranno alla vita di strada, affidate alla bontà di chi, come i volontari della Comunità di Sant’Egidio e del servizio comunale per i senza dimora, offre loro un pasto caldo e, quand’è possibile, un letto dove dormire. Quand’è possibile, però, perché c’è chi non è disposto a seguire le regole dei dormitori comunali, e allora torna in strada, riproponendo quotidianamente la stessa sfida alla forza di gravità. I risultati, spesso e volentieri, sono quelli visti ieri. Ma se ne parla solo quando ci resta il morto.
DIMORA DI IMMIGRATI - Accanto al rudere, sulla destra, l’ex genepesca pure è dimora di immigrati. A sinistra, confinante con il palazzo crollato, c’è un altro edificio, una ex discoteca che ora funge da riparo per clochard, immigrati africani, qualche rumeno. Al momento del crollo nella struttura adiacente, nell’ex discoteca Free Time c’erano due algerini (per i quali sono state avviate le procedure di espulsione) e la compagna rumena di uno di loro. Ma Gianturco è tutta così: capannoni industriali si alternano a ruderi abitati da poveracci, che rischiano di venire giù da un momento all’altro. A cinquanta metri di distanza c’è un altro edificio in condizioni simili a quello caduto giù. Lì, però, vivono più di cento persone. Addirittura, secondo quanto ha riferito ai volontari di Sant’Egidio una donna sopravvissuta al crollo, un primo accenno di cedimento ci sarebbe stato già venerdì sera. Gli occupanti, però, non avevano dato importanza ai pochi calcinacci caduti al suolo. Le condizioni di pericolo erano peraltro evidenti: l’edificio era allacciato alla rete del gas abusivamente, e gli immigrati potevano contare su alcuni cucinini attivati in spregio ad ogni criterio di sicurezza.
 SESSANTA EDIFICI FATISCENTI -  Secondo l’assessore comunale al Patrimonio, Marcello D’Aponte, sono una  sessantina gli edifici «già individuati, sui quali intervenire con più  urgenza, perché più soggetti a rischio di cedimento strutturale. Tra  questi i ruderi ex Nato di via della Bussola a Poggioreale, la ex  custoderia di via Cupa Principe, il palazzetto dello sport di via  Gianturco e alcuni edifici dei Quartieri Spagnoli, Pianura, Scampia,  Salita San Raffaele. La stima dei costi si aggira intorno a 1,5 milioni  di euro. Già lo scorso anno avevo chiesto che fosse stanziata una somma  per gli edifici pubblici di Napoli, ma a causa della lentezza della  ragioneria non è stato possibile inserire il capitolo di spesa nello  scorso bilancio». Per il prossimo 16 maggio, proprio la Comunità di  Sant’Egidio ha organizzato un corteo che, partendo da piazza del Gesù  arriverà a piazza Trieste e Trento.
Aleksandra aveva lasciato il suo  Paese, e le sue due figlie, in cerca di fortuna. In Polonia era  impiegata al Comune di Poznan. In Italia aveva trovato lavoro come  badante per un’anziana di Secondigliano. Poi la donna è morta, e lei non  ha avuto altre fonti di sostentamento. «La verità è che Napoli è una  città inospitale — dice Ciro Servillo, anch’egli della Comunità di  Sant’Egidio— I senza dimora vengono cacciati dal centro cittadino verso  le periferie. Non esistono posti per l’accoglienza degli stranieri, e  sono pochi i posti letto nei dormitori pubblici». Risponde l’assessore  comunale alle Politiche sociali, Giulio Riccio, secondo il quale  «suscitano grande amarezza e perplessità le dichiarazioni della Comunità  di Sant’Egidio. Oggi per la città è un momento di dolore, non  l’occasione per lanciare accuse né per fare demagogia. La Comunità, di  cui apprezzo l’impegno, non può non vedere che questa è la conseguenza  di leggi sbagliate che creano paura fra gli stranieri, e li spingono a  nascondersi». 
25 aprile 2010 - Corriere del mezzogiorno.it
fonte: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2010/25-aprile-2010/crollo-palazzina-due-morti-polacchi--1602900255312.shtml
 
 
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