venerdì 15 gennaio 2010

Ma perchè sotto le macerie non c'erano questi deficienti?

«Hanno gettato Yussuf nell'acqua gelida»

Piazza Cavour, i volontari del Comune: ora la polizia indaghi sulla morte del marocchino di 37 anni - Clochard

La vasca di acqua gelida in cui sarebbe stato gettato il marocchino (Pressphoto)

La vasca di acqua gelida in cui sarebbe stato gettato il marocchino (Pressphoto)

NAPOLI — Il freddo non l’avrebbe ucciso, probabilmente, se un gruppo di giovani non l’avesse gettato nell’acqua gelida di una fontana. Yussuf Errahali, marocchino di 37 anni, è stato trovato morto martedì mattina alle 10,15 a pochi metri dalla stazione «Museo» della metro collinare, in piazza Cavour. Il suo corpo, dicono i volontari del Comune di Napoli giunti sul posto insieme ai medici del 118, era bagnato fradicio. Poche ore prima era morto nella stazione «Colli Aminei» il 45enne Carmine Minucci, residente a Mugnano, padre di due figli e già conosciuto dai servizi sociali per i suoi problemi di alcolismo. Il racconto di Graziella Lussu, responsabile della cooperativa sociale «Il Camper», che offre assistenza ai senzatetto per conto di Palazzo San Giacomo, è scientifico, gelido, come il corpo di Yussuf che giaceva mezzo nudo su una panchina della linea 1. «Siamo arrivati sul posto poco dopo le 10 del mattino, quasi in contemporanea con l’ambulanza del 118. I medici hanno tentato diverse manovre rianimative, purtroppo senza alcun successo. Nel pomeriggio, in piazza sono giunti i volontari del turno pomeridiano, che hanno raccolto numerose testimonianze dai senza dimora che popolano la zona».

Persone che, chi per problemi di droga e chi per altri motivi, non si sognerebbero mai di andare a sporgere denuncia in un commissariato di polizia. Dei volontari, invece, si fidano. Ed è a loro che hanno raccontato un episodio agghiacciante. «Ci hanno detto che Yussuf era stato gettato nell’acqua gelida della fontana, e che era rimasto per diverse ore con gli abiti inzuppati d’acqua prima di morire. Quando i medici l’hanno soccorso, era mezzo nudo e bagnato fradicio». Il freddo, e le pessime condizioni psicofisiche in cui versava il marocchino, hanno fatto il resto. Yussuf Errahali, scappato dall’ospedale Incurabili dov’era in trattamento per dipendenza da alcol e cocaina, non aveva la lucidità e la prontezza sufficienti per reagire. Anzi, come raccontano i suoi compagni, si trovava in uno stato di forte confusione. Ma i clochard che quotidianamente popolano panchine e aiuole all’esterno della metro, hanno detto molto di più ai volontari del Comune di Napoli. Gli autori dell’aggressione sfociata nella morte dell’immigrato, non sarebbero nuovi a questo tipo di raid. Dicono di aver visto gli stessi volti, le stesse risate, la stessa violenza, le stesse persone che nel mese di settembre scorso incendiarono vivo Antonio Montella, un anziano clochard che per le ferite riportate venne ricoverato d’urgenza al reparto grandi ustionati dell’ospedale Cardarelli, poi in terapia intensiva, e poi avanti in un calvario che probabilmente non terminerà mai. La responsabile dell’unità mobile parla di Antonio come di «una persona umile, tranquilla, che non ha mai dato fastidio a nessuno». Gli operatori sociali, riferisce Lussu, hanno fornito alla polizia tutti gli elementi raccolti sul posto.

Le testimonianze indirette dei clochard sono attualmente al vaglio degli investigatori. «I senzatetto che vivono in piazza Cavour — racconta la responsabile dell’unità mobile — parlano dell’ennesima scorribanda di un gruppo di giovani provenienti dal quartiere Sanità. Crediamo che l’area dove sono avvenuti entrambi gli episodi necessiti di una maggiore sorveglianza, soprattutto nelle ore notturne». A sottolineare la drammaticità dell’episodio, rilanciando sulla necessità di una maggiore sorveglianza nell’area del Museo Archeologico e della metro di piazza Cavour, è l’assessore comunale alle Politiche sociali, Giulio Riccio. «Il fatto che l’autorità giudiziaria non abbia archiviato il caso come ‘morte naturale’, è un dato molto positivo, che segnala una chiara volontà di vederci chiaro. I nostri operatori, qualora non fossero sufficienti le dichiarazioni già rese alle forze dell’ordine, saranno completamente a disposizione della polizia per aiutare gli investigatori nel migliore dei modi. E’ evidente, ormai, come i raid in piazza Cavour, conclusisi in entrambi i casi in maniera drammatica, siano diventati un problema di ordine pubblico. Al di là tutto, va evidenziato come casi del genere sarebbero molto più rari se anche l’Italia, come altri Paesi, istituisse una forma di reddito stabile a sostegno delle persone incapienti».

Stefano Piedimonte
14 gennaio 2010 - corriere del mezzogiorno

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